BRACCIO DI FERRO SULL’EX ILVA/ La ArcelorMittal minaccia di distruggere l’acciaieria, Governo e sindacati danno l’alt, la Procura di Milano apre un’inchiesta

L’amministratrice delegata di ArcelorMittal, Lucia Morselli (eccola, nella foto Ansa di Massimo Percossi, coperta da un cappellaccio mentre in auto lascia il ministero dello Sviluppo Economico), non ha avuto alcun pudore nel minacciare la distruzione dell’acciaieria ex Ilva di Taranto, una minaccia da codice penale fatta al ministro per lo Sviluppo economico Stefano Patuanelli (e quindi al governo italiano) e ai sindacati nel primo confronto formale sulla sorte della più grande acciaieria d’Europa. Già, perché la rappresentante del colosso franco-indiano non si è limitata a ribadire che la società intende recedere dal contratto di affitto, ma ha addirittura dettato un calendario di smantellamento della grande azienda di Taranto.

Con quale diritto? Nessuno. Infatti la Procura della Repubblica di Milano ha deciso di aprire un fascicolo sulla vicenda.  Lo fa puntando tutto su una motivazione infondata: lo stop allo “scudo penale”, quando dal capo del governo è stata formulata con immediatezza la volontà di ripristinare  subito lo “scudo” a condizione che la ArcelorMittal  porti avanti il piano di risanamento ambientale per l’acciaieria di Taranto.

E, mentre i sindacati arrivano a non escludere “un’insubordinazione dei lavoratori” per non spegnere gli altiforni, come dice il leader della Uilm, è ancora scontro con il Governo. Il premier Giuseppe Conte attacca: pagheranno i danni. La Procura di Milano, in contemporanea, accende un faro aprendo un fascicolo esplorativo e scendendo in campo a difesa degli interessi pubblici anche nel giudizio civile (che dovrà decidere sul ricorso di ArcelorMittal per il recesso e sul controricorso presentato dagli amministratori straordinari dell’ex Ilva). “Ben venga anche l’iniziativa della Procura”, commenta Conte, che alza i toni con l’azienda: “Il Governo non lascerà che si possa deliberatamente perseguire lo spegnimento degli altiforni”; “Arcelor Mittal si sta assumendo una grandissima responsabilità”, lasciare l’ex Ilva “prefigura una chiara violazione degli impegni contrattuali e un grave danno all’economia nazionale. Di questo risponderà in sede giudiziaria”, anche in termini di “risarcimento danni”, avverte il premier.

“Non c’entra nulla lo scudo, c’entra il fatto che qui qualcuno vuole fare il furbo”, dice il leader del M5s, Luigi Di Maio. Per Matteo Renzi l’ex Ilva va tenuta aperta “a ogni costo”: garantisce il sostegno di Italia Viva alle iniziative del Governo per non far spegnere gli altiforni: “Sarebbe un disastro per Taranto, una follia”. Dal Pd il ministro Francesco Boccia dice che “la proprietà non deve assolutamente permettersi di spegnere la fabbrica.  Il ministro per il Sud, Giuseppe Provenzano ha detto: “Lo Stato non permetterà che l’azienda fermi tutto col rischio di compromettere gli impianti. Mittal torni al tavolo, per salvare produzione, lavoro e ambiente”, ha affermato il ministroNon ne ha il diritto”. Ci vorrebbero 6 mesi per ripartire. E da Forza Italia la capogruppo al Senato,  Anna Maria Bernini, replica al premier con i soliti slogan che sono un aiuto non richiesto all’ArcelorMittal parlando di “cortocircuito politico-giudiziario”.

 I sindacati mantengono la linea. Sostengono che ArcelorMittal non può esercitare un diritto di recesso, che il contratto va rispettato, ma che anche il Governo deve rispettare i patti alla base di quell’accordo: “Per nulla soddisfatti” di un confronto “non andato bene” i leader della Cgil Maurizio Landini, della Cisl Annamaria Furlan, e della Uil Carmelo Barbagallo, lasciano il ministero chiedendo “l’avvio di un tavolo con la proprietà per trovare soluzioni” ma anche al Governo di uscire dall’impasse: deve “ripristinare lo scudo penale per togliere l’alibi ad ArcelorMittal”. E avvertono: “La mobilitazione prosegue, i lavoratori non si renderanno complici dello spegnimento dell’acciaieria”.

IL POST DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO

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