BIGLIETTI INCRIMINATI/ Un anno di inibizione ad Andrea Agnelli. Il presidente della Juventus “punito” per i tagliandi a ultras e mafiosi. Una storia tutta italiana

di FABIO CAMILLACCI/ Le sentenze, lo sappiamo, non si discutono. Però si possono commentare. E diciamo subito che tutta questa storia è per alcuni tratti anche un po’ assurda. Ma se fosse vera, sarebbe servita ben altra sentenza: una stangata vera e propria alla Juventus, non una semplice inibizione del presidente e una multa irrisoria. A proposito, ma che significa inibizione per Agnelli? Niente spogliatoi e nessuna rappresentanza per conto della Juve. In pratica, secondo l’art. 19 del Codice di giustizia sportiva: il divieto di rappresentare la società in attività rilevanti per l’ordinamento sportivo nazionale e internazionale. Inoltre, Agnelli non potrà partecipare a qualsiasi attività degli organi federali e, come detto, sarà interdetto all’ingresso negli spogliatoi, ma anche nei locali annessi in occasione delle partite di calcio (anche amichevoli), in ambito Figc, con eventuale richiesta di estensione per Uefa e Fifa. Inoltre, gli viene impedito di partecipare a riunioni con tesserati Figc o con agenti di calciatori in possesso di licenza Fifa. Tutto qui? Si. Visto che Andrea Agnelli conserva senza problemi la carica di numero uno dei bianconeri.

Il provvedimento e la vicenda. Dunque, un anno di inibizione per il presidente della Juventus e ammenda di 300 mila euro per il club bianconero. Il Tribunale nazionale della Federcalcio si è pronunciato nell’ambito del processo al massimo dirigente juventino per i rapporti non consentiti con i tifosi ultrà, molti dei quali legati alla criminalità organizzata. Ricordiamo che la Procura federale aveva chiesto 30 mesi di inibizione per il presidente e due turni a porte chiuse per la società. Nelle motivazioni della sentenza, il Tribunale sportivo nega che Agnelli fosse a conoscenza del ruolo di Rocco Dominello e delle sue frequentazioni mafiose: “Le frequentazioni tra Andrea Agnelli, e Rocco Dominello -si legge- avvennero in maniera decisamente sporadica ma soprattutto inconsapevole con riferimento alla conoscenza del presunto ruolo malavitoso. Agnelli era da ritenere completamente ignaro in merito alla peculiarità illecita di Rocco Dominello, presentatosi ai suoi occhi come deferente tifoso”.

Agnelli condannato da numero uno dell’Eca. Alla luce di questa sentenza inoltre, il presidente della Juventus pertanto potrà ancora sedere sia sulla poltrona dell’Eca (l’Associazione dei club europei che lo ha eletto da poco), che su quella dell’Esecutivo Fifa, anche se nel dispositivo della sentenza si lascia spazio a un dubbio interpretativo, laddove si legge che: “In ragione della gravità dei fatti, della sostanziale identità delle condotte poste in essere e dei ruoli rivestiti all’interno dell’ordinamento federale, si applica la medesima sanzione per tutti i dirigenti (inibizione temporanea di anni uno per tutti i dirigenti, con l’aumento di mesi tre per il solo dirigente D’Angelo), non avendo la Procura federale giustificato il diverso trattamento sanzionatorio richiesto per i deferiti, con esclusione della estensione delle previste sanzioni in ambito Fifa e Uefa, unitamente all’irrogazione delle ammende nella misura pari a 20 mila euro per tutti i deferiti”.

La replica dei bianconeri che faranno ricorso. Con un comunicato la Vecchia Signora annuncia che ricorrerà in appello: “Juventus Football Club, preso atto dell’odierna decisione del Tribunale Federale Nazionale, preannuncia ricorso presso la Corte Federale di Appello nella piena convinzione delle proprie buone ragioni, che non hanno ancora trovato adeguato riconoscimento. La società esprime la propria soddisfazione perché la sentenza odierna, pur comminando pesanti inibizioni nei confronti del Presidente e delle altre persone coinvolte, ha ‘dopo ampia valutazione del materiale probatorio acquisito escluso ogni ipotesi di legame con esponenti della criminalità organizzata. Juventus Football Club ha fiducia nella giustizia sportiva e ribadisce di aver sempre agito in un percorso condiviso con le Forze dell’Ordine con l’obiettivo di contribuire alla piena salvaguardia della sicurezza e dell’ordine pubblico”. Sull’intera vicenda resta comunque il marchio “Made in Italy”.

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