BEAUTY CASE/ Il teatro di impegno sociale di Betta Cianchini

Castorodi CARMINE CASTORO – 

Quale migliore inizio di un’intervista a Betta Cianchini, raffinata attrice e autrice italiana, per segnare il debutto di questa rubrica battezzata Beauty Case: interviste a profili femminili che espongono una corporeità, una bellezza, un’attrattiva fisica e una freschezza, perché no, ma che, vivaddio, hanno anche un’anima, una storia personale, un’autenticità, valori da difendere, una progettualità con ricadute sociali e non solo narcisistiche e autoconsolatorie. Accerchiati da quell’ansia di perfezionamento e integrità che ben si attaglia alla “mutazione” offerta agli organismi e ai volumi esterni delle nostre fattezze da una tecnologia rivitalizzante che passa per bisturi e iniezioni, o per applausi e facili consensi di fronte a una telecamera, dimentichiamo che l’estetica è soprattutto condivisione di sensazioni, rilancio di messaggi comuni, memoria del nostro destino. Chiosando sulla lezione di Proust, così si esprime il filosofo coreano Byung-Chul Han: “La bellezza di una cosa appare solo molto più tardi”, come reminiscenza, alla luce di un’altra. Non è bello lo scintillio momentaneo dello spettacolo, dello stimolo immediato, bensì il rilucere silenzioso, la fosforescenza del tempo. La temporalità del bello non è il rapido susseguirsi di avvenimenti o di stimoli. La bellezza è un’educanda, una ritardataria”.

Betta Cianchini fotobellaE allora il titolo di questa rubrica, se da un lato richiama, facilmente, letteralmente, l’astuccio porta-trucchi tipico del vezzo di una bella donna che cura la graziosità delle sue apparenze, con i ritrovati della cosmetica (il make-up, diremmo oggi), pure gioca sul significato allargato della parola “case” in inglese. Che rimanda a una piccola valigia, ma anche a un “caso”, a una questione, a una tendenza, a una vicenda singolare nei suoi accadimenti. Beauty Case sarà allora un kit di storie vere, di arti non convenzionali, di sentimenti svelati attraverso le posture, le performance, la danza, la parola, la scrittura, la drammaturgia e tutte quelle discipline, quei percorsi e quei livelli di interpretazione dell’esistenza in cui una donna vorrà arrischiare la sua profondità di essere umano, prima ancora che la sua diversità di genere, o senza che entrambi cedano al ricatto mellifluo del belletto, della meschinità e della vacuità tipici dell’industria dello spettacolo e dell’intrattenimento di oggi.

Cianchini BettaNon si poteva che iniziare allora con una vera mente in “rosa” come Betta Cianchini che ha portato in scena e scritto testi sofferti e comici, ma sempre all’insegna di un impegno civico che ha contraddistinto la sua riflessione teatrale su questioni vibranti e ineludibili come il femminicidio, i diritti umani, i legami di coppia, la fragilità del comprendersi.

Betta, il sistema delle immagini, soprattutto televisive, sembra ormai ingoiarci, a tutto svantaggio di contenuti, coscienza critica, consapevolezza dei problemi e della realtà.

 “Siamo la nostra proiezione virtuale. Niente cervello, niente “nervi e sangue” per citare un grande autore. Mentre, per quanto riguarda il corpo, siamo ormai confiscati da odiosi selfie con la bocca in pose a dir poco strane. Il corpo deformato. Le donne tutte uguali, gli uomini tra poco anche loro uguali alle donne: sopracciglia ad ali di gabbiano, spelacchiati, muscolati, e tatuati.

E diciamolo anche un po’ terrorizzati dalle grinfie di donne che ormai pensano ed agiscono in versione tristemente mascolinizzata. Ma tutto questo cambierà. Il motto che ci salverà sarà ‘Sii tu l’esempio che vorresti per il mondo’”.

Anya,la russa e fantasmaLa donna e la costellazione delle grandi questioni femminili sono e continueranno ad essere la linfa della tua inventiva.

“Interessarsi al tema femminile in tutte le sue declinazioni è stato per me fisiologico. Non credo ci si possa accostare a questo mestiere senza guardarsi intorno. Ho sempre avuto urgenza di raccontare l’umano. In “Dolce attesa per chi”, per esempio, una donna vuole un figlio. L’altra no. Teme che questo paese non sia il paese giusto per fare figli. E il tema sociale delle ristrettezze miopi di un Paese che non ti permette agevolmente di fare un’amniocentesi quando ti spetta fa capolino. E così telefonate vere ad ospedali e al CUP portano nella commedia un riso amaro.

Lo spettacolo “Post Partum Lei” sulla maternità è stata davvero una mia personale urgenza nell’urgenza. Mio figlio è nato con il reflusso e non ha dormito per un anno e mi sono chiesta: se non avessi iniziato a scrivere cosa avrei fatto? Cosa accade nella testa e nel corpo di una donna dopo il parto?

In Italia – senza nonni agibili – è “agibile” fare figli? Le istituzioni cosa fanno? E’ la tragicomica quotidianità di una neo-mamma che ha il coraggio di chiedere aiuto. “Post partum Lui” invece, focalizza l’attenzione sulla generazione degli attuali papà. prima generazione italiana a confrontarsi con la nevrosi del post partum maschile”.

fBetta Cianchini foto4 LeCollBettaParliamo del tuo nuovo progetto teatrale, “Ferocia”.

“’Ferocia’ è il nuovo progetto tratto dal format informativo, formativo e performativo sul femminicidio: “Storie di donne/barbarie italiana”, nato più di 5 anni fa, il cui motto è: fateci smettere questo spettacolo. Il focus è la condivisione di impegno e partecipazione attiva nella lotta contro il fenomeno del femminicidio tra uomini e donne. Poiché gli uomini violenti sono stati prima di tutto figli, alunni, quindi mariti, compagni e padri, è soprattutto a loro che dobbiamo parlare. Le storie di barbarie italiana continueranno ad andare in scena fin quando ce ne saranno e ci fermeremo il primo anno scevro da queste orribili crudeltà.

Sull’onda di questa delicata indagine sociale e sperimentale, il 25 novembre 2014 sono stata chiamata a presentare una manifestazione romana a nome di Roma Capitale e ne ho curato la direzione artistica sviluppando il mio progetto “15 storie in 15 municipi”; (dalle fermate metro, alle sale consiliari, alle biblioteche, alle strade, ai centri commerciali, all’anagrafe) dei 15 municipi. Importantissimo nel mio nuovo cammino la sinergia creatasi con Lucia Bendìa, grande attrice, di grande acume e cuore. Con “Ferocia” andremo in scena il 30 gennaio a Corinaldo vicino Ancona, Teatro Carlo Goldoni, in una rassegna dedicata al femminile, all’interno della stagione professionale dell’Amat Circuito Marche”.

Ricordiamo anche il grande successo teatrale da cui provieni: il format itinerante “Dignità Autonome di Prostituzione”.

“Importantissimo è stato per me l’incontro con Luciano Melchionna. Ci siamo trovati subito nella necessità di parlare con mezzi coraggiosi ed “altri” dal mero teatro. Nasce così questo format che festeggia gli otto anni: “Dignità Autonome di Prostituzione”, uno spettacolo per l’appunto di Luciano Melchionna (poiché ne crea e ne cura tutti i minimi particolari), tratto da un’idea mia e dello stesso regista. Uno spettacolo innovativo. L’attore non è distante (tanto meno fisicamente) dallo spettatore. L’attore ha necessità dello spettatore. Una sana dipendenza. E’ lo spettatore a scegliere l’attore. Poiché l’attore diviene “prostituta”. Cosa che in parte è. Sotto paga diventa un altro corpo, un’altra testa. Con tanto di lacrime e dolore. E’ alla mercè dello spettatore. Dipende da lui. E così lo spettatore sceglie chi vedere. E cerca di pagarlo il meno possibile. E si contratta. Noi attori al rialzo, lo spettatore al ribasso. E’ la legge di mercato. Un mercato infame, molto, che non sempre predilige la meritocrazia. Ma qui lo spettatore può vedere un monologo a pochi centimetri di distanza. Può vedere gli occhi dell’attore, sentirne il corpo vibrare. Fargli capire se gli piace o no. Perché questa volta non è sulla sua poltrona, ma accanto a noi. Dietro le quinte del teatro, nei camerini o addirittura in una macchina. Difatti Anya la prostituta slovacca, personaggio che ho ideato per Dignità, racconta la sua storia proprio nella sua macchina.

Con Dignità, ho vinto nel 2008 il Premio Siae e il Premio Golden Graal migliore attrice”.

E finiamo con gli altri due amori della tua carriera: la radio e gli spettacoli comici.

Betta Cianchini Foto 1 “La radio è importante per me. Ho iniziato facendo la notte in una grande radio come Radio Rock. Ora, a causa delle trasferte teatrali, conduco con Jelena Milic la rubrica “Radio Rock vi ci manda”: il motto di quando regalo biglietti di teatro. Esiste nelle mie attività artistiche anche una parte inaspettatamente ironica. Lo spettacolo “Lei che parla” (terzo posto al Festival Nazionale di cabaret di Modena, unico testo femminile su più di 200) è una irriverente provocazione. Una descrizione delle “vere” intenzioni di una donna al suo primo appuntamento. La sua “topa” litigherà con la sua testa.

Nell’altro, “I pensieri di lei e di lui-istruzioni per l’uso”, ci si interroga sulla diversità di pensiero. Perché dietro ad un sì di un uomo c’è un “sì” e dietro ad un sì di una donna c’è un “no, ma anche sì? Una bislacca psicologa coinvolge il pubblico in un improbabile esperimento. In “Se fossi un uomo sarei un coatto”, una donna stanca di essere tale, diventa uomo e si accorgerà di essere un camionista vero e proprio! Non poteva mancare uno spettacolo sul lavoro! In “Sono talmente precario che vado di moda” si ride, ma c’è poco da ridere…”.

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