Banda di “scafisti veloci” tunisini con complici italiani scoperta dalla Finanza: 14 arresti, denaro e beni sequestrati

Un fermo immagine tratto da un video della Guardia di Finanza dell’operazione “Barbanera” contro un’organizzazione criminale che gestiva viaggi veloci di migranti a bordo di gommoni tra la Tunisia e la Sicilia, Palermo

La Guardia di Finanza ha eseguito 14 provvedimenti di fermo nei confronti di italiani e stranieri appartenenti ad un sodalizio criminale che avrebbe gestito il traffico di migranti tra la Tunisia e le coste siciliane con gommoni veloci. I componenti del clan, capeggiato da un tunisino, sono accusati a vario titolo di sfruttamento dell’immigrazione clandestina, contrabbando di tabacchi lavorati e fittizia intestazione di beni e attività economiche. Effettuato anche un sequestro per un valore di 3 milioni di euro.
L’indagine dei finanzieri del Comando Provinciale di Palermo, in collaborazione con personale dello Scico e dei Comandi Provinciali di Trapani e Agrigento, nonché del Reparto Operativo Aeronavale, è stata coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo. Alcuni indagati sono stati bloccati nel porto di Palermo, mentre erano in partenza per la Tunisia, con denaro contante per oltre 30mila euro.

Fermato capo dell’organizzazione, progettò attentato a carabinieri – Era Fadhel Moncer, tunisino, il capo dell’organizzazione criminale che gestiva viaggi veloci di migranti a bordo di gommoni tra la Tunisia e la Sicilia, scoperta dalla Dda di Palermo. L’operazione della Finanza, che ha portato al fermo di 14 persone, è denominata ‘Barbanera’ proprio per la caratteristica fisica di Moncer che porta una folta e lunga barba. Secondo i pm Marzia Sabella e Gery Ferrara, che hanno coordinato l’inchiesta, la banda negli ultimi due anni avrebbe gestito decine di traversate verso le coste siciliane e reinvestito i soldi guadagnati in attività economiche intestate a dei prestanome. La caratura criminale di Moncer viene fuori da alcune conversazioni telefoniche intercettate in cui il tunisino ammetteva di aver sollecitato la falsificazione di verbali di arresto e di aver pagato una tangente ai funzionari locali della polizia tunisina della città di Kelibia in occasione del fermo di uno dei suoi complici. Ai migranti fatti entrare in Italia l’organizzazione garantiva la possibilità di un contratto di lavoro fittizio, anche di tipo “stagionale”. Almeno in sette occasioni, oltre ai profughi, sono stati introdotti in Italia tabacchi di contrabbando per centinaia di migliaia di euro. Durante le indagini è stato arrestato per traffico di sostanze stupefacenti uno dei complici di Barbanera preso con 30 chili di hashish al casello autostradale di Buonfornello e due “contrabbandieri” di sigarette e sono stati sequestrati 360 kg. di tabacchi lavorati. Solo la settimana scorsa la Procura di Palermo aveva scoperto un’altra organizzazione criminale che gestiva i viaggi tra il nord-Africa e l’Italia con le stesse modalità.

Fadhel Moncer, inoltre, aveva progettato un attentato dinamitardo a una caserma dei carabinieri. Il tunisino, già arrestato nel 2012 per un traffico di armi e droga tra Francia e Italia, aveva intenzione di far saltare in aria la caserma, solo le manette gli impedirono di portare a termine il piano.

Business da 3000 euro a tratta – L’organizzazione criminale che gestiva i viaggi di migranti tra la Tunisia e la Sicilia era composta da cittadini tunisini e italiani che operavano tra il Paese nordafricano e le province di Trapani, Agrigento e Palermo. La banda reclutava i profughi e raccoglieva grosse somme di denaro per la traversata: fino a 3.000 euro. L’organizzazione rubava natanti e motori, già usati per i viaggi verso l’Italia e sequestrati dalla Finanza, e acquistava tabacchi di contrabbando che poi portava in Sicilia e rivendeva grazie alla rete di distribuzione che aveva nei mercati rionali palermitani. La banda usava gommoni carenati, dotati di potenti motori fuoribordo, con i quali era in grado di coprire il tratto di mare che separa le due sponde del Mediterraneo in poche ore, trasportando, per ciascuna traversata, dai 10 ai 15 persone. Il business aveva portato enormi guadagni reinvestiti, tra l’altro, in una azienda agricola di Marsala, in un cantiere nautico di Mazara del Vallo e in un ristorante. Secondo gli inquirenti, l’organizzazione era in grado di cambiare rotte e modalità dei viaggi sfruttando la vicinanza dellisola di Lampedusa alle coste tunisine, la disponibilità di due pescherecci italiani – particolarmente attivi sul tratto di mare che separa l’isola italiana dalla costa africana – e grazie alla complicità di italiani in grado di eludere i controlli delle forze dell’ordine e far allontanare dalla costa i profughi una volta sbarcati. (servizio Ansa)

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