AZZURRO SBIADITO/ Italia, più ombre che luci. Parte male l’avventura di Di Biagio sulla panchina della Nazionale: l’Argentina senza Messi ci batte 2-0

di FABIO CAMILLACCI/ I cuori infranti non vogliono sentire ragioni. Non bastano 30′ di rassicurazioni condite da qualche carezza. Non bastano vaghe promesse per il futuro. Non basta certo un inizio di ripresa, tanto più se poi l’Argentina ti batte 2-0. Riconquistarli è un processo lungo, bisogna insistere e non fare mai errori (vero Insigne? Giocatore fantastico col Napoli ma normalissimo a livello internazionale). I cuori azzurri delusi 130 giorni fa non sono ancora pronti all’abbraccio, dopo stasera rischiano persino di essere un po’ più depressi. L’Italia ci prova, ma non tocca le corde giuste. Per un tempo è troppo impacciata, paurosa, preoccupata, poi si distende, si fa più convincente, intraprendente. E viene gelata. Prima del gol di Banega l’occasione migliore l’abbiamo noi, con Insigne solo davanti a Caballero (palla clamorosamente fuori). Buffon, bravo nel primo tempo, si arrende anche a Lanzini (nella foto: gli argentini festeggiano dopo un gol). Non basta nemmeno lui, che pure risponde a critiche e polemiche con quattro parate decisive (due difficili davvero).

Tutto questo senza la “Pulce”. Senza Messi, che rimane in panchina alle prese con un affaticamento all’adduttore, l’Argentina è, se non tutta, in buona parte nelle gambe di Angel Di Maria. Il numero 11 imperversa per tutto il primo tempo, mette in croce ora Florenzi ora Chiesa, testa una prima volta Buffon al 5’, regala giocate al pubblico (non numerosissimo) di Manchester e offre un cioccolatino al 45’ a Higuain, su cui si supera Buffon. Quando a metà ripresa l’Etihad Stadium inizia a invocare Messi non sembra un gran segnale per Sampaoli. Invece i suoi, forse punti nel vivo, lì si distendono. Higuain è un playmaker avanzato, Lo Celso e Lanzini sguazzano nell’anarchico modulo del c.t. che ha fatto grande il Cile, Otamendi si conferma quasi sempre un’assicurazione difensiva. E non c’era Leo, il Sole attorno al quale gira tutto un sistema: qualcosa va limato, qualche uomo va cambiato, ma le premesse per la Russia non sono male.

Italia triste. Il nostro Rinascimento invece non arriverà subito come per magia: la strada è lunga, al momento siamo lontani dalle big e meritiamo di essere fuori da Russia 2018. Chiesa, novità di una squadra che ha parecchi reduci di San Siro, ci mette 45’ a carburare, il 4-3-3 di Di Biagio si distende solo in contropiede o quando sfruttiamo errori loro. Altrimenti l’inizio della manovra è faticoso. Immobile e Insigne confermano di sentire la maglia azzurra più pesante di quelle cromaticamente simili dei loro club, altri, come Parolo, non sono forse pietre miliari da cui ripartire. Ci manca forse una stella, un trascinatore. Di Biagio parte con una sconfitta: nessuno ha mai detto che il suo fosse un compito facile come traghettatore. Ma questo passa il convento e sarà difficile fare miracoli anche per gente come Ancelotti, Conte o Mancini.

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