COINCIDENZE E INTERROGATIVI/ Quell’Atalanta-Valencia dovremo ricordarla come “la partita zero” del coronavirus?

di FABIO CAMILLACCI– Partiamo da un assunto: magari per imperizia di qualcuno, per sottovalutazione del fenomeno, per semplice destino o altro, l’emergenza coronavirus sarebbe esplosa lo stesso in queste dimensioni nel nostro amato Belpaese. Però ci sono delle coincidenze che mettono paura e fanno pensare. E lo sport, soprattutto il calcio, che ha impiegato tanto, troppo tempo prima di fermare tutto, potrebbe essere una delle cause, se non la causa principale. Ci riferiamo in particolare alla partita Atalanta-Valencia, gara di andata degli ottavi di finale di Champions League.

Dunque, il meraviglioso e storico sogno della Dea di Bergamo trasformato in un incubo? Se fosse così si tratterebbe davvero di una crudele nemesi. Eppure tanti infettivologi sono concordi nel sostenere che quella partita sarebbe stata un’autentica “bomba biologica” per l’intera Lombardia: 50 mila spettatori provenienti da Bergamo (la provincia più colpita dal Covid-19) e da altre parti della regione assiepati sugli spalti dello stadio Meazza di Milano perchè quello di Bergamo non è omologato per le partite di Champions ed Europa League.

E alla luce del 4-1 finale in favore dell’Atalanta (4-0 orobico al 62′) immaginate migliaia di atalantini vicini, stretti stretti, ebbri di gioia che si abbracciano e si baciano dalla grande felicità. Magari asintomatici e febbricitanti, tutti insieme. Chi ha frequentato lo stadio da giovane come il sottoscritto, sa cosa succede in certi casi: si abbracciano e si baciano anche persone sconosciute per la grande gioia. Ci si rotola sugli spalti, si rischia di cadere dagli spalti. Per gli appassionati di questo sport ci sono gioie indescrivibili che solo il calcio può regalarti.

Guarda caso era mercoledi 19 febbraio, due giorni dopo si registrò il primo caso di Covid-19 e nel week-end 22-23 febbraio, la situazione cominciò ad assumere i connotati di emergenza. Insomma, Atalanta-Valencia rischia di essere ricordata come “la partita zero” del coronavirus. Calca allo stadio ma anche prima, cioè nel tragitto che porta a San Siro. Ad esempio, uno dei convogli della linea 5 che avrebbe portato tutti allo stadio Meazza vide tanti tifosi ammassati.

E sulla carrozza seguente centinaia di ultras del Valencia, anche loro stretti uno sull’altro; magari qualcuno era venuto in Italia contagiato visto che il Covid-19 aveva già fatto la sua comparsa nella regione valenciana come dimostrato recentemente. Non a caso la Spagna è il Paese europeo più colpito dopo l’Italia. Poi, all’uscita dalla metro, in mezzo alla calca, selfie, scambi di sciarpe e di gagliardetti. Come se non bastasse, molti spagnoli si passavano lo stesso bicchiere di birra, prima di offrirlo agli atalantini di passaggio, tutti accomunati da una serata storica ma da un brindisi maledetto.

Certo, col senno del poi è facile dire che non si sarebbe dovuto giocare a porte aperte Atalanta-Valencia. Ma lo sport, e il calcio in particolare, restano comunque colpevoli per aver procrastinato fino a quando è stato possibile l’attività. Anzi, è dovuto intervenire il governo altrimenti forse ancora non si sarebbero fermati per gli enormi interessi che ci sono in ballo. E la Uefa è stata l’ultima ad aprire gli occhi.

E non dimentichiamo che 10 giorni prima l’impianto di San Siro esplodeva di gente per il derby di campionato Inter-Milan: ben 80 mila spettatori. Un’altra potenziale “bomba biologica” anticipata visto che ora sappiamo che questo terribile virus circolava in Italia già da gennaio. Sembra passata un’era geologica eppure tutto questo accadeva poco più di un mese fa. Incredibile ma è così, e ora quella storica partita rischia di passare alla storia come “la partita zero” del coronavirus. Visto che poi si è continuato a giocare con tifosi e senza, tra campionato e coppe, fino a giovedi 12 marzo, in piena emergenza. Il teatro dell’assurdo.

 

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