Anche Martina contro Renzi: “Impossibile guidare il Pd in queste condizioni”. Duro il sindaco di Bologna

di ENNIO SIMEONE – E’ tensione nel Pd dopo la scorretta sortita di Matteo Renzi nell’accogliente salotto di Fabio Fazio (“Che tempo che fa” in versione scendiletto del “Bomba”), dove ha preso posizione, stroncandola, sulla ipotesi di trattativa con il M5s che dovrà essere discussa nella riunione della Direzione del Pd il 3 maggio e che è stata oggetto di sondaggio da parte del presidente della Repubblica per il tramite del presidente della Camera, Roberto Fico.

Il segretario reggente, Maurizio Martina, deplora il gesto di Renzi, pur non citandolo direttamente: “Ritengo grave – dice all’Ansa – ciò che è accaduto in queste ore, sia nel metodo che nel merito. Così un partito rischia solo l’estinzione e un distacco sempre più marcato dai cittadini e dalla società”. “Servirà una discussione franca e senza equivoci perché è impossibile guidare un partito in queste condizioni e per quanto mi riguarda la collegialità è sempre un valore, non un problema”, aggiunge escludendo comunque l’ipotesi di sue dimissioni.

“In queste ore – afferma Martina – stiamo vivendo una situazione politica generale di estrema delicatezza. Per il rispetto che ho della comunità del Partito Democratico porterò il mio punto di vista alla Direzione Nazionale di giovedì, che evidentemente ha già un altro ordine del giorno rispetto alle ragioni della sua convocazione. Servirà una discussione franca e senza equivoci. Si rischia di smarrire l’impegno per il cambiamento e non si aiuta il Paese. Per questo continuo a pensare che il Pd abbia innanzitutto bisogno di una vera ripartenza su basi nuove. Impossibile guidare il partito in queste condizioni”, conclude Martina.

All’attacco anche il ministro per i Beni Culturali Dario Franceschini, che critica la chiusura di Renzi all’ipotesi di trattativa con il M5s.

Poi interviene anche l’ex vice segretario di Renzi, Lorenzo Guerini: “Invito tutti alla calma, ad abbassare i toni. È un dibattito, il nostro, in cui ci sono opinioni note, anche giudizi diversi sui passaggi che sono di fronte al Paese. Ma dobbiamo, anche attraverso un dibattito serio e non reticente ma che sia teso alla coesione della nostra comunità, lavorare insieme, anche in queste ore. Giovedì ci confronteremo come si confronta un partito come il nostro, ma adesso, per favore, proviamo ad abbassare i toni”.

Il sindaco di Bologna Virginio Merola a un pranzo elettorale con Renzi

Ma il più duro di tutti con Renzi è il sindaco di Bologna, Virginio Merola: “Renzi si è dimesso e continua a comandare. La direzione non è sua proprietà privata e quel che dice non è stato discusso né approvato. Il Pd ha bisogno di un segretario che esprima una linea condivisa e Maurizio Martina ha bisogno di questo mandato. Non ci sto all’umiliazione di un padroncino che fa e disfa senza mai discutere”. Così, in una dichiarazione, il sindaco di Bologna, Virginio Merola.
“Se uno si è dimesso significa che ha perso e che ha condotto il Pd ai minimi storici – ha detto ancora Merola – Non è vero che tutti gli hanno impedito di fare quello che voleva; lo ha fatto senza mai ascoltare davvero. Ora serve una direzione che voti e renda autonomo il Pd intorno a Martina e che fissi la data di un congresso”.

Renzi si giustifica. Dopo qualche ora, arriva la giustificazione dello stesso Renzi su twitter: “Sono stato eletto in un collegio. Ho il dovere, non solo il diritto, di illustrare le mie scelte agli elettori. Rispetto chi nel Pd vuole andare a governare con #M5S, ma credo sarebbe un grave errore”. Ma questa spiegazione avrebbe dovuto darla in Direzione, non in tv!

Intanto Luigi Di Maio, in un video su Facebook propone a Matteo Salvini di chiedere al Quirinale  di andare a votare a giugno. Quindi con la stessa legge elettorale? E a che cosa servirebbe? Silvio Berlusconi, invece,  ribadisce l’ipotesi di un governo di centrodestra che si metta a caccia di voti di fiducia  in parlamento, quindi con una delle sue ben note “campagne acquisto” di deputati e senatori disponibili in cambio di poco, anche solo del mantenimento del seggio parlamentare che con nuove elezioni potrebbero perdere.

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