I due manager di Thyssenkrupp, già condannati in Italia per la morte di 7 operai italiani a Torino, dovranno scontare 5 anni di carcere in Germania. Lo ha stabilito il Tribunale regionale superiore di Hamm (Nord Reno Westfalia) respingendo il loro ricorso. In precedenza il tribunale di Essen aveva dichiarato esecutive le pene italiane, ma le aveva ridotte adeguandole al diritto tedesco, che in questi casi prevede una detenzione massima di 5 anni.
Graziella Rodinò, mamma di Rosario, uno dei sette operai morti nel rogo della Thyssenkrupp di Torino, ha dichiarato l’Adnkronos: «Per noi da quella tremenda notte del 6 dicembre 2007 non c’è stato più nulla da festeggiare. Apprendiamo la notizia della sentenza, è un passo avanti ma la vera notizia per noi familiari sarà quando ci diranno che saranno entrati in carcere».
Il magistrato (ora in pensione) Raffaele Guariniello, pubblico ministero del caso Thyssenkrupp, riferendosi al fatto che gli imputati italiani condannati avevano già cominciato a scontare la pena, dice: «Era una ferita da rimarginarsi, non era giusto. Ma un’altra cosa importante da sottolineare è che la pronuncia dei magistrati di Hamm conferma che il processo Thyssenkrupp fu un processo giusto».
Il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede: «Era una notizia che attendevamo da tempo e oggi è arrivata: i due manager della Thyssenkrupp, condannati in Italia per il rogo che ha portato alla morte di sette persone, sconteranno la pena – adeguata al diritto tedesco – nel loro Paese. Quando ho incontrato i familiari delle vittime, avevo detto che non si poteva pensare di sfuggire alla giustizia italiana semplicemente varcando il confine. Non abbiamo esitato a sensibilizzare in ogni occasione e a vari livelli le autorità tedesche sull’aspettativa italiana che la giustizia facesse il suo corso in tempi rapidi. Abbiamo seguito molto da vicino tutta la vicenda con la dovuta attenzione, considerato che, in Germania come in Italia, la magistratura è indipendente. Per questo mi preme ringraziare gli uffici del ministero, gli uffici diplomatici italiani in Germania e anche chi, in quel Paese, ha mostrato sensibilità su questo tema. Il mio primo pensiero oggi va ai familiari delle vittime, con cui sono rimasto sempre in contatto, che rivendicavano una risposta di giustizia. A loro va il mio più forte abbraccio».
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