A RUOTA LIBERA/ Rubrica (n. 150) di LUCIO DE SANCTIS/ Industria in ripresa. Automotive a doppia cifra. Commerciali, mercato incerto. Parco merci vecchio. Infedeltà al brand. Spesa alla pompa. Traffico: 600 milioni in fumo

di LUCIO DE SANCTIS –

Industria in ripresa – In ottobre la produzione industriale ha fatto registrare un incremento dello 0,5% rispetto a settembre. Questo dato, sostiene il Centro Studi Promotor, è importante perché, dopo la battuta d’arresto di settembre, indica che continua la ripresa della produzione industriale delineatasi nel 2017. Significativo è anche il fatto che il dato di ottobre fa registrare un incremento dell’3,1% rispetto allo stesso mese del 2016. E a ciò si aggiunge, a conferma della solidità della ripresa in atto, che questo tasso di crescita deriva da andamenti positivi in dodici dei quindici settori considerati dall’Istat con tassi di crescita particolarmente sostenuti per la produzione di coke e prodotti petroliferi (+8,6%), per il comparto delle altre industrie manifatturiere, riparazione e installazione di macchine ed apparecchiature (+8,3%) e per la fabbricazione dei mezzi di trasporto (+8,1%). Il dato di quest’ultimo settore è importante anche perché si inserisce in un contesto del mercato automobilistico italiano ed europeo in buon sviluppo. Secondo il Centro Studi Promotor il mercato italiano delle autovetture chiuderà infatti il 2017 con un incremento del 7,9%, mentre il mercato dell’Unione Europea crescerà del 4%.

Automotive sale a doppia cifra – Secondo i dati preliminari di ANFIA, a ottobre 2017 la produzione domestica di autovetture ha superato le 67.000 unità, in crescita del 9% rispetto a ottobre 2016 (i giorni lavorativi sono stati 22, contro i 21 di ottobre 2016).

Nei primi dieci mesi dell’anno in corso, la produzione di autovetture registra una crescita tendenziale del 6% (oltre 633.000 vetture).

La domanda interna ed estera hanno trainato finora la produzione domestica. A gennaio-novembre 2017, il mercato italiano dell’auto ha riportato una crescita dell’8,7% (+6,8% nel mese di novembre) e le immatricolazioni del Gruppo FCA hanno registrato una quota di mercato del 28,6%. Anche le immatricolazioni degli altri comparti, ad eccezione dei veicoli commerciali leggeri (-0,7%), presentano un segno positivo, in Italia, nei primi undici mesi del 2017: +7,5% per gli autocarri, +24% per gli autobus, +13,5% per i rimorchi e semirimorchi pesanti e +0,8% per i rimorchi leggeri.

Nei primi nove mesi dell’anno in corso, il valore delle esportazioni di autoveicoli dall’Italia risulta in rialzo del 13%. A settembre 2017, le esportazioni di autoveicoli hanno raggiunto un valore di 2,07 miliardi di Euro (-1,4%), rappresentando il 5,4% di tutte le esportazioni, mentre le importazioni di autoveicoli valgono 2,58 miliardi di Euro

(-4,1%), pari al 7,6% di tutte le importazioni italiane. Gli Stati Uniti continuano a rappresentare, in valore, il primo Paese di destinazione per l’export di autoveicoli dall’Italia, con una quota del 17,6%, seguiti da Francia e Germania, rispettivamente con una quota del 12% e dell’11%.

Commerciali, mercato incerto – Dopo il consistente incremento di ottobre, a novembre il mercato degli autocarri in Italia ha registrato il pesante calo dell’8,0% rispetto a novembre 2016 (chiuso con crescita superiore al 67 per cento) con 20.580 veicoli venduti (nello stesso mese 2016 se ne contarono 22.358).

I dati sono stati elaborati e diffusi da Unrae, e si tratta di numeri che attestano sui primi undici mesi un risultato quasi in linea con lo scorso anno: 171.366 vendite, in flessione dello 0,3% rispetto alle 171.883 di gennaio-novembre 2016.

Flessione più contenuta, del 2,4% rispetto a novembre 2016 (2.380 unità immatricolate contro 2.439), per il mercato dei veicoli industriali superiori alle 3,5 tonnellate che hanno archiviato novembre con +4,3 per cento. Dall’inizio dell’anno si registrano 21.384 unità immatricolate.

Per i pesanti con massa uguale o superiore alle 16 tonnellate, novembre si chiude in positivo registrando un +5,3 per cento rispetto a novembre 2016 (1.960 unità contro 1.862), crescita che risulta comunque in diminuzione rispetto a ottobre 2017. Positivo anche il cumulato dei primi undici mesi che denuncia un incremento dell’8,6 per cento rispetto allo stesso intervallo 2016.

Parco merci vecchio, ecco perché – Il 12,9% degli autocarri merci in circolazione in Italia sono stati immatricolati dal 2013 al 2016. Gli autocarri merci immatricolati prima del 2000 sono il 36% di quelli in circolazione; quelli immatricolati tra il 2001 e il 2008 sono il 36,7%; quelli immatricolati tra il 2009 e il 2012 sono il 14,2%.

 Questi dati emergono da un’elaborazione del Centro Ricerche Continental Autocarro su dati Aci e illustrano le ragioni per le quali il parco circolante dei veicoli merci italiano è molto anziano.

L’elaborazione include anche un prospetto regionale del parco di autocarri merci a seconda dell’anno di immatricolazione. Ne emerge che la regione in cui vi è la quota maggior di autocarri immatricolati dal 2013 al 2016 è la Valle D’Aosta (col 54,8% sul totale). Seguono Trentino Alto Adige (47,1%), Toscana (23,4%), Lombardia (15,7%) ed Emilia Romagna (14,3%). In coda alla graduatoria si trovano tutte le regioni del Sud Italia: Puglia (6,7%), Campania (6,4%), Molise (6%), Basilicata (5,7%), Sardegna (5,5%), Sicilia (4,5%) e Calabria (3,8%). Un’ulteriore elaborazione dello stesso Centro sottolinea il divario tra la situazione del meridione e quella del resto del nostro Paese. Infatti, raggruppando i dati regionali, emerge che nelle regioni del Nord Est del nostro Paese la percentuale di autocarri merci in circolazione immatricolati tra il 2013 e il 2016 è del 18,2%, in quelle del Nord Ovest è del 16,5%, in quelle centrali del 14,6%, in quelle meridionali del 6,2% ed in quelle insulari del 4,8%. Di contro la percentuale di autocarri merci in circolazione immatricolati prima del 2000 sul totale di quelli in circolazione è di quasi il 50% nelle regioni insulari, del 48% in quelle meridionali, del 33,8% in quelle centrali, del 28,6% in quelle del Nord Est e del 28% in quelle del Nord Ovest.

Italiani non fedeli al brand – Un sondaggio, condotto presso i clienti da ICDP per conto di CDK Global, sul comportamento dei consumatori, ha rivelato che la fedeltà al brand per le vendite di auto nuove in Italia si attesta appena al 28%, ben al di sotto della media europea del 45%. Inoltre, solo il 34% dei nuovi acquirenti di automobili intervistati, ha acquistato il proprio veicolo da una concessionaria precedentemente utilizzata.

La fedeltà al marchio nel post-vendita risulta notevolmente peggiore nel sondaggio: solo il 27% dei nuovi acquirenti di automobili rimane fedele a un brand per i servizi post-vendita. I risultati mostrano che, tanto nel settore del nuovo quanto in quello dell’usato, la fedeltà nel post-vendita è molto più elevata per le officine indipendenti rispetto a quelle autorizzate, con l’83% degli acquirenti di autoveicoli fedeli a un punto vendita indipendente, rispetto al solo 51% per i punti vendita autorizzati.

Cresce la spesa alla pompa – Nel 2017 gli italiani spenderanno per la benzina e il gasolio auto 53,6 miliardi con un incremento del 6%, che si realizzerà, nonostante un calo (contenuto) dei consumi, per effetto di incrementi dei prezzi alla pompa che sono andati ben al di là della crescita del livello generale dei prezzi. La previsione è stata elaborata dal Centro Studi Promotor sulla base di elaborazioni condotte su dati ufficiali del Ministero dello Sviluppo Economico riferiti al periodo gennaio-novembre 2017. In questi undici mesi i consumi di benzina e gasolio sono calati dell’1,4%, ma la spesa è passata dai 46,2 miliardi dello stesso periodo del 2016 a 48,9 miliardi (+6%) per effetto di un incremento del prezzo medio ponderato alla pompa del 5,97 per cento per la benzina e dell’8,23 per cento per il gasolio.
L’incremento dei prezzi – ha dichiarato Gian Primo Quagliano, presidente del Centro Studi Promotor – ha premiato soprattutto la componente industriale, cioè la parte dell’incasso alla pompa che va alla produzione e alla distribuzione di carburanti che è passata, nel periodo gennaio-novembre, da 15,2 miliardi a 17,8 miliardi (+17,1%). Cresce anche l’altra parte dell’incasso alla pompa che è quella che va all’Erario, cioè la componente fiscale. L’incremento è contenuto nello 0,5%, ma l’incasso dell’Erario è molto più rilevante di quello di chi produce e distribuisce benzina e gasolio auto. Si tratta infatti, nel gennaio-novembre 2017, di ben 31,1 miliardi contro i 17,8 miliardi che, come si è detto, sono andati alla componente industriale. La ragione di questa situazione è l’eccessivo carico fiscale che grava sui carburanti auto nel nostro Paese che si colloca ai vertici mondiali della classifica del caro-benzina e del caro-gasolio.

Traffico, 600 milioni in fumo – TomTom Telematics ha deciso di quantificare la perdita economica causata dalla congestione stradale nelle grandi città. La ricerca ha rivelato che le imprese italiane sprecano ogni anno quasi 600 milioni di euro. E la situazione non sembra destinata a migliorare: servono infrastrutture più efficienti.

Lo studio di TomTom Telematics prende in esame le maggiori 25 città italiane, calcolando complessivamente una perdita di 585 milioni di euro a causa del traffico a rilento. Gli ingorghi provocano consegne dilatate del 25%, costando mediamente 24 minuti di ritardo quotidiano, e una somma di 3,75 euro al giorno. Roma risulta la peggiore: solo nella Capitale, nel 2016 sarebbero andati in fumo oltre 200 milioni di euro, per effetto dell’aumento dei tempi di percorrenza dei veicoli industriali e commerciali che risultano superiori del 40% rispetto alla media.

La classifica delle città più intasate e quindi più “frenanti” per i camion e i furgoni vede Milano in seconda posizione: spostamenti più lenti del 30% e una perdita economica complessiva pari a 70 milioni di euro annui. Al terzo posto Torino, dove il traffico rallenta le consegne del 25% e provoca perdite per 49,5 milioni di euro. Anche se il parco circolante è inferiore, in realtà il primato della lentezza spetta ai grandi centri urbani del Sud: a Palermo si resta in coda per il 43% del tempo di viaggio, a Messina per il 33%, a Napoli per il 30%.

Commenta per primo

Lascia un commento