A RUOTA LIBERA/ Rubrica (n. 102) di LUCIO DE SANCTIS

A ruota libera25 TIR per chilometro – In Italia, a fronte di una rete stradale (escluse le strade comunali e prese quindi in considerazione soltanto le autostrade, le strade provinciali, regionali e statali) che si estende per 182.400 km, nel 2015 risultavano circolanti circa 4,6 milioni di autocarri adibiti al trasporto merci. Si può dire quindi che la densità di autocarri in Italia ha raggiunto in media nel 2015 il rapporto di 25,4 mezzi per chilometro di strada. Si tratta di una densità molto elevata e in costante crescita negli ultimi anni (+2,4% rispetto al 2010 e +6,7% rispetto al 2005, quando il rapporto era rispettivamente di 24,8 e di 23,8 autocarri per chilometro di strada). Questi dati derivano da un’elaborazione dell’Osservatorio Airp (Associazione Italiana Ricostruttori Pneumatici) sulla base di dati Aci e del Conto Nazionale Infrastrutture e Trasporti.

L’elaborazione fornisce anche il prospetto regionale. La regione in cui la densità di autocarri è maggiore è la Lombardia (con 58,3 autocarri per chilometro di strada). A seguire, abbondantemente sopra la media nazionale, troviamo la Valle d’Aosta (46,8 autocarri per chilometro di strada), il Lazio (40,7), l’Emilia Romagna (37), il Veneto (36,9) e la Campania (32,6).

Agli ultimi posti di questa graduatoria, quindi con il minor rapporto tra numero di autocarri circolanti e chilometri di strada disponibili, si posizionano la maggior parte delle regioni del sud. È il caso della Basilicata (8,8 autocarri per chilometro di strada), del Molise (11,7), della Sicilia (12,5) e della Calabria (14,2).

Carburanti in calo, per ora – Nei primi dieci mesi del 2016 gli italiani hanno speso per l’acquisto alla pompa di benzina e gasolio auto 42 miliardi. Rispetto allo stesso periodo del 2015 la spesa è calata del 10,3% per effetto di una diminuzione dello 0,8% dei consumi e di cali dei prezzi medi ponderati del 7,4% per la benzina e del 10,5% per il gasolio. In valori assoluti il risparmio per gli automobilisti e le imprese italiane, da gennaio a ottobre, è stato di 4,8 miliardi e potrebbe arrivare a 5,5 miliardi a fine 2016.

102 tab prezzi carburQueste cifre – elaborate dal Centro Studi Promotor – hanno certamente contribuito a sostenere la domanda di autovetture, che, come è noto, quest’anno è decisamente tonica. Anche nel 2015 il risparmio sul carburante rispetto all’anno precedente aveva influito sulla ripresa delle immatricolazioni, lasciando a disposizione degli italiani ben 7 miliardi, mentre, i risparmi erano stati di 3,9 miliardi nel 2013 e di 0,9 miliardi nel 2014. Il risparmio complessivo del periodo 2013-2016 è stato dunque di 17,3 miliardi.

LCV in crescita solo da noi – In Europa a ottobre si è registrata una battuta d’arresto nella domanda di veicoli commerciali. Dopo ventuno mesi di crescita le immatricolazioni di veicoli commerciali nuovi in Europa (Ue+Efta) sono scese a 191.158 unità con un calo del 2,5% rispetto allo stesso mese dello scorso anno. Secondo i dati resi noti dall’Associazione europea dei costruttori (Acea) nei dieci mesi gennaio-ottobre sono stati immatricolati 1,77 milioni di veicoli commerciali con un incremento dell’11,3 sullo stesso periodo del 2015. La flessione, precisa Acea, si registra in tutti i principali mercati e segmenti ad eccezione dell’Italia dove continua il boom con 20.900 unità registrate e un balzo mensile del 47,9%. Forte calo per la Germania (-15%) seguita da Regno Unito (-6,4%) e poi Spagna (-5,7%) e Francia (-5,6%).

Con la cura si risparmia – La manutenzione preventiva dell’auto consente risparmi fino al 18% dei costi di manutenzione, favorisce l’allungamento del ciclo di vita della vettura e mantiene la sicurezza di guida al livello della vettura nuova. Lo riferisce l’Osservatorio Autopromotec, struttura di ricerca di Autopromotec, rassegna espositiva internazionale delle attrezzature e dell’aftermarket.

Motore motore jpgLa manutenzione preventiva della vettura, ovvero “l’intervento manutentivo di verifica, sostituzione o riparazione, effettuato prima che si manifestino anomalie”, secondo il Federal Energy Management Program (USA) oltre a contenere i costi per guasti e riparazioni straordinarie, allunga anche il ciclo di vita delle componenti meccaniche e dell’intero veicolo, preserva la tenuta su strada e massimizza l’efficienza del carburante generando risparmio sia per le auto a benzina sia per quelle con motore diesel.
L’Osservatorio Autopromotec segnala poi l’importanza di far eseguire gli interventi di manutenzione esclusivamente a professionisti regolarmente iscritti agli appositi registri e albi e che, come tali, sono i soli a cui è consentito (legge 1221992) l’esercizio dell’attività di autoriparazione. Particolarmente onerose sono, infatti, le sanzioni per le imprese che, senza averne i requisiti di legge, esercitino abusivamente la professione dell’autoriparatore: si va da un minimo di 5.000 euro fino a 15.000 euro compresa la confisca delle attrezzature e delle strumentazioni utilizzate. Le multe, però, riguardano anche il possessore del veicolo che si rivolge ad autoriparatori non autorizzati, a carico del quale possono essere comminate sanzioni amministrative comprese tra i 50 ed i 250 euro.
Al di là delle sanzioni, l’autoriparatore autorizzato è il solo in grado di svolgere la propria opera con la diligenza propria di un esperto che compie il proprio lavoro secondo la perizia, le regole tecniche e l’esperienza concreta tipiche dell’autoriparatore professionalmente formato e preparato. Ciò è tanto più importante in un contesto come quello automobilistico attuale, caratterizzato da grandi innovazioni tecnologiche.

Flotte: elettriche perché no – Le flotte aziendali si confermano “diesel friendly”, tra le motorizzazioni alternative l’elettrico costituisce ancora una nicchia, ma sono ampie le potenzialità di sviluppo, soprattutto se si considera che quasi la metà dei veicoli delle imprese percorre meno di 100 km al giorno, ben al di sotto della soglia media di percorrenza dei modelli già oggi presenti sul mercato.

Persistono, nella percezione di driver e fleet manager, diversi freni alla svolta elettrica: su tutti la limitata durata delle batterie, i costi elevati per l’acquisto e dei canoni di noleggio, i tempi di ricarica ancora non in linea con le esigenze aziendali e, non ultimo, le car policy delle stesse imprese che non premiano queste scelte di mobilità sostenibile.

Sono questi i principali risultati della ricerca “Le flotte aziendali verso una svolta elettrica…ancora lontana”, promossa da Top Thousand. La ricerca ha preso in considerazione una flotta campione di 60 grandi aziende appartenenti a diversi settori con oltre 52.000 veicoli aziendali complessivi.

Nonostante i numerosi investimenti sui veicoli elettrici (EV) e le presentazioni nel corso dei principali Saloni automobilistici (da ultimo, Parigi), l’elettrico in Italia resta un business di nicchia (1.287 veicoli immatricolati nei primi 9 mesi del 2016), in cui le flotte aziendali, e il noleggio in particolare (692 veicoli immatricolati nei primi 9 mesi del 2016, il 54% del totale), già oggi rivestono un ruolo da protagonista.

Un enorme bacino potenziale

Se oggi il numero di vetture elettriche nei parchi auto aziendali è decisamente limitato, esiste un ampio potenziale per questi modelli, se si considera che il 45% dei veicoli delle aziende intervistate percorre meno di 100 Km al giorno, mentre il 55% ne percorre tra i 100 e i 200 km. Il dato apre più di uno spiraglio, se si pensa che l’autonomia media dei EV sta oggi progressivamente aumentando e comunque mediamente già supera i 100 km percorsi dal 45% dei driver.

I limiti dell’elettrico per aziende e driver

Ma perché le aziende e soprattutto i driver sono ancora restii ad attivare soluzioni per sostituire i veicoli aziendali tradizionali con quelli elettrici?

Le principali ragioni restano incentrate sulla limitata autonomia (indicata dal 43% dei driver) e sulla rete di alimentazione distribuita a macchia di leopardo sul territorio (lo segnala il 25% e la percentuale cresce sensibilmente nel Centro-Sud) e sui tempi di ricarica ancora non ottimali (10%).

Interessante elemento di novità che emerge dall’analisi riguarda le perplessità sul rapporto costi/benefici: i prezzi di questi veicoli sono alti, così come i canoni di noleggio (11%), senza contare che chi predilige una vettura elettrica si confronta con una ridotta gamma di modelli/versioni con optional limitati rispetto alla scelta diesel/benzina.

Quanto e cosa manca per la svolta

Secondo i fleet manager la maggiore diffusione dei veicoli elettrici potrà passare solo dall’aumento della durata delle batterie (lo dichiara il 35% del campione) e dal contestuale ampliamento della rete di approvvigionamento (34%).

Ci sono poi altri due aspetti strategici che potranno favorire la svolta elettrica: in primis le soluzioni di ricarica rapida (14%) che consentiranno ai driver di vetture elettriche di non modificare le abitudini personali e, soprattutto, professionali, ad impatto zero sulle dinamiche aziendali; poi la riduzione dei canoni di noleggio per questi veicoli (8%), meno distanti da quelli sostenuti per i veicoli con alimentazioni tradizionali.

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