7GIORNI IN SENATO (n. 24)/ Cronaca della più agitata settimana dell’anno a Palazzo Madama per il sì alla manovra

di FRANCESCO MARIA PROVENZANO – 

Mercoledì 19 dicembre – L’Aula si è riunita alle ore 12 e il presidente del Consiglio Conte ha reso un’informativa sulla manovra economica, il cui ritardo nell’iter parlamentare – ha affermato – è dovuto alla complessa interlocuzione avuta con la Commissione europea, che si è conclusa questa mattina con la presa d’atto che la manovra permette di non raccomandare l’avvio di una procedura di infrazione per deficit eccessivo. Il presidente Conte ha avuto numerosi incontri per spiegare il progetto e l’impatto positivo di una manovra espansiva, nel quadro di un peggioramento del quadro macroeconomico (la previsione di crescita del Pil scende all’1 per cento) dovuto al rallentamento del commercio mondiale. Il Governo non ha ceduto sui contenuti sociali e previdenziali: reddito di cittadinanza e quota cento per i pensionamenti partiranno nei tempi previsti, rimane invariata l’ampiezza delle misure e la platea dei beneficiari. Sono stati invece rivisti i saldi del bilancio (il deficit passa dal 2,4 al 2,04 per cento), affinate le misure e rafforzate le coperture (raffreddamento dell’indicizzazione e contributo di solidarietà progressivo sulle pensioni più alte, piano straordinario di dismissione di immobili pubblici, imposta sui servizi digitali, aumento delle imposte sui giochi, rinvio del turn over nelle amministrazioni centrali, rimodulazione di alcuni fondi di spesa). La manovra prevede anche un piano di interventi straordinari, pari a 10,5 miliardi nel triennio, per le infrastrutture viarie e la gestione dei rischio idrogeologico, sul quale il Governo ha chiesto l’applicazione della flessibilità dello 0,2 per cento. Hanno poi preso la parola i senatori Steger (Aut), Errani (Misto-LeU), Urso (FdI), Ferrari (PD), Romeo (L-SP), Cangini (FI), Patuanelli (M5S). 

Le opposizioni hanno espresso sollievo per il fatto che sia stata evitata la procedura d’infrazione, ma hanno accusato il Governo di aver provocato l’aumento dei tassi di interesse e di aver isolato il Paese. La manovra è stata dettata da Bruxelles e il collante sovranista della maggioranza è venuto meno. Secondo la maggioranza l’equilibrio raggiunto restituisce dignità all’Italia, che ha negoziato anziché subire le scelte della UE; il Governo onora gli impegni assunti nel programma e dimostra che si possono tenere insieme saldi finanziari e misure sociali. La seduta è terminata alle ore 14:45.

Giovedì 20 l’Aula inizia i lavori alle ore 17:00 con all’ordine del giorno la discussione sul disegno di legge: Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021 (Approvato dalla Camera dei deputati) (Voto finale con la presenza del numero legale) (Ove concluso dalla Commissione) (981) ed ha avviato la discussione. Il presidente della Commissione bilancio, Pesco (M5S), ha comunicato che i lavori in sede referente non si sono conclusi.

La presidente del Senato, dopo gli interventi di Loredana De Petris (Misto-LeU), Ferrari (PD) e Anna Maria Bernini (FI), ha convocato la Conferenza dei Capigruppo, che ha organizzato i lavori: la discussione si svolgerà questa sera fino alle ore 24 e riprenderà domani dalle 9 alle 12; seguirà la votazione dell’articolato e, poiché il Governo ha preannunciato che porrà la questione di fiducia, è previsto che il relativo dibattito duri circa quattro ore; alle ore 22 di domani sono previste le dichiarazioni di voto. I senatori Loredana De Petris (Misto-LeU), Anna Maria Bernini (FI) e Misiani (PD) hanno chiesto il rinvio del ddl in Commissione, denunciando l’anomalia di una procedura che espropria il Parlamento delle sue prerogative: la Commissione bilancio non ha votato neanche un emendamento, il contenuto del ddl è stato stravolto dal negoziato con Bruxelles e, in attesa del maxiemendamento del Governo, la discussione si svolge su una manovra in cui contenuti sono sconosciuti.  La Russa (FdI), tenuto conto della necessità della terza lettura alla Camera, ha richiamato alla responsabilità di evitare l’esercizio provvisorio. Le proposte di modifica del calendario sono state respinte. Alla discussione generale hanno partecipato Misiani, Verducci, Stefano, Taricco, Patriarca, Collina, Ferrazzi (PD); Pichetto Fratin, Vitali, Damiani, Donatella Conzatti, Alessandra Gallone, Paola Binetti, Alessandrina Lonardo, Malan, Fiammetta Modena, Ferro (FI); La Pietra, Isabella Rauti, Iannone, Ruspandini (FdI); Emma Bonino (Misto); Lannutti, Fenu, Elisa Pirro, Turco, Pellegrini, Rossella Accoto (M5S); Zuliani, Barbaro, Roberta Ferrero, Erica Rivolta (L-SP).

Le opposizioni hanno rimproverato al Governo di avere alzato i toni e di aver condotto male la trattativa in sede europea, provocando rialzo dei tassi di interesse, fughe di capitali, perdite consistenti dei valori azionari e immobiliari. Il reddito di cittadinanza, secondo le minoranze, è una misura assistenzialista, una mancia elettorale che costa tagli alle pensioni, aumenti dell’IVA, blocco del turn over nella pubblica amministrazione, slittamento dei fondi per sviluppo, ricerca, coesione territoriale. Con la riduzione della stima di crescita del Pil all’1 per cento, l’introduzione di clausole di salvaguardia per 23 miliardi e l’assenza di investimenti, la manovra assume, inoltre, un segno recessivo. Il PD ha ricordato che l’ufficio parlamentare del bilancio non ha validato la manovra e ha lamentato l’insufficiente documentazione fornita dal Governo, che non ha aggiornato le previsioni macroeconomiche. Secondo FI il negoziato con Bruxelles si è concluso con una resa e il monitoraggio dei conti, a partire da gennaio, prefigura una sorta di commissariamento del Paese. Le clausole di salvaguardia ipotecano due terzi delle manovre successive per finanziare un reddito di cittadinanza che ammonta a 80 euro mensili. I Gruppi di maggioranza, M5S e Lega, hanno rivendicato come un successo politico il negoziato con Bruxelles: è stata evitata la procedura di infrazione per deficit eccessivo, senza rinunciare ai capisaldi della manovra, che contrasta la povertà, aumenta le pensioni minime, sana le ingiustizie della legge Fornero, ristora i risparmiatori truffati dalle banche. Il ddl di bilancio segna uno spartiacque rispetto a un passato in cui i Governi, anziché trattare per tutelare gli interessi dei cittadini, subivano quei diktat dell’austerità che hanno disatteso le promesse di crescita e acuito i problemi economici e sociali, impoverendo il tessuto produttivo, aumentando le disparità sociali e facendo crescere il debito pubblico. La seduta è terminata alle ore 23:40.

Venerdì 21 l’Aula alle 9 ha proseguuito la discussione generale del disegno legge di bilancio 2019 (A.S. n. 981), approvato in prima lettura dalla Camera. Il provvedimento è arrivato in Aula senza relazione; nella seduta di ieri la Conferenza dei Capigruppo ha organizzato i lavori ed è iniziata la discussione generale, che è proseguita oggi e si è conclusa con gli interventi dei senatori Perosino, Siclari, Mangialavori, Saccone, Gasparri (FI); Monti, Martelli (Misto); Presutto, Laura Bottici (M5S); Paola Boldrini, Laura Garavini, Monica Cirinnà, Alfieri, Manca (PD); Urso, Fazzolari, Nastri, De Bertoldi (FdI); Bergesio, Arrigoni, Briziarelli, Bagnai (L-SP).

I Gruppi di opposizione (FI, PD, FdI e Misto), accusano il Governo di aver ceduto quote di sovranità e di aver proposto una manovra recessiva, che non mantiene le promesse “populiste”.  Inoltre – questa le tesi dell’opposizione – dopo aver dichiarato guerra all’Europa, aver posto la fiducia alla Camera su un testo basato su numeri insostenibili e avere annunciato… l’abolizione della povertà, l’Esecutivo “si è fatto scrivere la manovra da Bruxelles” e ha esautorato il Parlamento. La Commissione bilancio non ha votato neanche un emendamento, l’ufficio parlamentare del bilancio non è stato sentito, l’Aula sta discutendo un maxiemendamento non ancora presentato e preventivamente blindato. Le risorse per il reddito di cittadinanza sono dimezzate, le pensioni superiori a 1.500 sono penalizzate, l’Ires per gli enti non commerciali è raddoppiata, le clausole di salvaguardia, che nel 2020 portano l’IVA al 26,5, preludono a manovre correttive e pongono una grave ipoteca sul futuro. Le principali misure sono rinviate e saranno monitorate dalla Commissione europea, i fondi di investimento e il turn over nella pubblica amministrazione sono bloccati. Secondo FdI il bilancio del Governo del cambiamento è in continuità con le manovre dei cinque anni precedenti, scontenta tutti i ceti produttivi, non prevede misure realmente sovraniste, quali interventi per la natalità e la coesione territoriale.

I Gruppi di maggioranza hanno invece ribadito che loro non accettano lezioni dalle forze politiche che si sono attenute ai diktat dell’austerità e sono responsabili dei disastri degli ultimi anni (economia in recessione, aumento delle disparità sociali, crescita del debito, crollo degli investimenti). La trattativa con Bruxelles ha evitato la procedura d’infrazione, i saldi sono stati concordati senza rinunciare però alle principali misure di sviluppo e di equità sociale. La manovra prevede l’introduzione di quota cento, stanzia dieci miliardi per il dissesto idrogeologico e più risorse per sanità, scuola, università, ricerca; crea un fondo per ristorare i risparmiatori truffati; per le imprese raddoppia la deducibilità dell’Imu sui capannoni, introduce un regime forfettario per l’Iva, la cedolare secca per i negozi, la riduzione dell’Ires al 15 per cento per gli utili reinvestiti, taglia i contributi all’Inail, proroga le concessioni balneari; per le comunità terremotate proroga lo stato di emergenza e amplia gli spazi finanziari per la ricostruzione. In replica, il sottosegretario per l’Economia Garavaglia ha ricordato che negli anni scorsi, nonostante la congiuntura internazionale favorevole (bassi tassi di interesse, prezzo del petrolio, politica monetaria espansiva della BCE), l’Italia ha registrato la crescita più bassa in Europa; di qui la necessità di invertire la rotta con misure per gli investimenti e la coesione sociale. Sul versante degli investimenti, il Governo è intervenuto su regole contabili, procedure burocratiche, contenzioso con gli enti locali per rendere spendibili le risorse già appostate in bilancio e non utilizzate. I comuni potranno spendere l’avanzo di amministrazione, sono state riviste le soglie del codice degli appalti, è stato creato un fondo per interventi diffusi volti a far ripartire il settore delle costruzioni. Il Governo ha riaperto un dialogo con gli enti locali: in Conferenza Stato-Regioni sono state raggiunte intese che hanno consentito di sbloccare 80 miliardi di investimenti e di evitare un taglio di 1,4 miliardi sui fondi sociali; sono state raddoppiate le risorse per la manutenzione delle strade e rifinanziate le province per realizzare interventi sugli istituti di scuola secondaria. Sul versante della coesione sociale il Governo ha stanziato mezzo miliardo aggiuntivo: 123 milioni in più per i non autosufficienti, 120 per disabilità e famiglie, 120 sul fondo delle politiche sociali, 100 per il trasporto e l’assistenza dei disabili a scuola. Per il fondo sanitario sono stati stanziati 5,5 miliardi aggiuntivi nel triennio e sono previsti 4 miliardi per l’edilizia sanitaria. Infine, l’estensione del regime dei minimi per le partite Iva alleggerisce il carico fiscale, semplifica le procedure e favorisce l’emersione del sommerso.

L’Assemblea ha approvato i 19 articoli della seconda sezione del ddl di bilancio con gli emendamenti 2.Tab.1.5000.5 del Governo, 18.4 del senatore Romeo (L-SP) e altri, 18.5000 e 18.5001 del Governo sulle variazioni compensative di bilancio. L’Assemblea ha approvato i 19 articoli della seconda sezione del ddl di bilancio con gli emendamenti 2.Tab.1.5000.5 del Governo, 18.4 del senatore Romeo (L-SP) e altri, 18.5000 e 18.5001 del Governo che riguardano le variazioni compensative di bilancio.

Dopo una sospensione, alle ore 16 si è riunita la Conferenza dei Capigruppo che ha rimodulato il calendario: il maxiemendamento sarà presentato nella seduta di domani che avrà inizio alle ore 14; per la discussione sulla fiducia sono previste quattro ore, seguiranno le dichiarazioni di voto e la chiama alle ore 20.30. La seduta sarà poi sospesa per la presentazione della Nota di variazioni.

Si stabilisce inoltre che l’Assemblea tornerà a riunirsi il 9 gennaio per la ratifica della Convenzione di Faro. La settimana successiva sarà dedicata ai lavori delle Commissioni; nella settimana dal 15 al 17 gennaio darà esaminato il ddl semplificazioni. La presidente del Senato, pur comprendendo le difficoltà del Governo, legate all’interlocuzione con l’Europa, ha invitato a seguire un percorso parlamentare più regolare e rispettoso dell’Assemblea del Senato.

La senatrice, Bernini (capogruppo di FI), ha proposto un passaggio in Commissione domani e il voto finale in Aula domenica 23 dicembre; ha poi osservato che la vicenda del bilancio certifica il fallimento di un Governo minato dalle contraddizioni interne, che non riesce a presentare il maxiemendamento per motivi politici. Marcucci (capogruppo del PD) ha proposto di posticipare l’esame al 26 dicembre e ha dichiarato contrarietà al calendario, evidenziando che il Governo ha umiliato il Parlamento in una sessione di bilancio che non ha precedenti. Ha chiesto poi alla presidente Casellati di non consentire la conferenza stampa del presidente del Consiglio, prevista domani in Senato. La senatrice De Petris (Misto-LeU) ha posto l’accento sui contrasti interni alla maggioranza e sui problemi di copertura e ha proposto un esame ad oltranza del ddl di bilancio. Anche la senatrice Rauti (FdI) ha dichiarato contrarietà a quel calendario, evidenziando che Bruxelles conosce la manovra più del Parlamento e, di rinvio in rinvio, si rischia l’esercizio provvisorio. Patuanelli (M5S) ha ricordato che nel 2016 non c’è stato alcun voto in Commissione e la manovra finanziaria nel 2014 è stata votata alle 5 del mattino dopo numerosi rinvii. Romeo (L-SP) ha chiesto scusa per il ritardo: dopo molti anni la manovra la scrive il Governo, anziché Bruxelles, e la Ragioneria dello Stato non era più abituata. Errani (Misto-LeU) ha chiesto al Governo di spiegare i motivi del ritardo.

Le proposte di modifica del calendario sono state respinte. L’Assemblea tornerà a riunirsi domani alle ore 14. La seduta è terminata alle ore 19:30.

Sabato 22 l’Aula ha iniziato i lavori alle ore 14:00 e l’Assemblea ha ripreso l’esame del ddl n. 981, Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021, già approvato dalla Camera dei deputati. Nella seduta di ieri si è conclusa la discussione generale e sono stati approvati, con quattro emendamenti, gli articoli della seconda sezione del ddl. Il ministro per i rapporti con il parlamento, Fraccaro, ha depositato un maxiemendamento interamente sostitutivo dell’articolo 1, che la presidente del Senato ha trasmesso alla Commissione bilancio per l’esame dei profili di copertura. Dopo una sospensione di cinque ore, la Commissione bilancio ha espresso parere non ostativo, a condizione che siano soppressi i commi da 160-bis a 169 e le cifre ai commi 421 e 653 siano sostituite da quelle contenute nella relazione tecnica. Ha inoltre espresso osservazioni sui commi 163-octies e novies e 429.

Dopo che il ministro Fraccaro ha accolto i rilievi della Commissione, la Presidente ha valutato ammissibile l’emendamento 1.900 nel testo riformulato.

 Marcucci (capogruppo del PD) ha lamentato la presentazione da parte del Governo di ulteriori modifiche, che hanno sottratto tempo all’esame in Commissione bilancio. Le minoranze, in segno di protesta, non hanno partecipato alla votazione del parere. La senastrice Bernini (FI) ha manifestato sconcerto per l’andamento dei lavori che sta occultando i reali contenuti e numeri della manovra ed evidenzia un dilettantismo pericoloso per il Paese. La senatrice De Petris (Misto-LeU) ha denunciato la violazione del Regolamento. Il ministro Fraccaro ha posto la questione di fiducia sull’approvazione dell’emendamento 1.9000 nel testo riformulato; la Presidente del Senato ha convocato la Conferenza dei Capigruppo, che ha rimodulato i tempi posticipando alle 23,30 le dichiarazioni di voto. La senatrice Bernini (FI) ha accusato la maggioranza di tenere la votazione nelle ore notturne per paura di rivelare i contenuti della manovra, e ha proposto di rinviarla a domani mattina.  Marcucci (PD), denunciando la violazione dell’articolo 72 della Costituzione, ha preannunciato il ricorso diretto alla Consulta. Ciriani (FdI) che ha apprezzato le scuse venute dal capo del Governo, ha annunciato che, per senso di responsabilità, il suo Gruppo parteciperà al dibattito notturno. La senatrice De Petris (Misto-LeU), osservando che la procedura seguita non ha precedenti, ha riproposto l’esame in Commissione del maxi emendamento. La Presidente del Senato ha fatto presente che, essendo stata posta la questione di fiducia, il ddl non può tornare in Commissione.

Respinta la proposta di modifica del calendario, è iniziata la discussione sulla fiducia. Sono intervenuti i senatori Elena Testor, Berutti, Anna Maria Bernini, Mallegni, Pagano, Moles, Maria Rizzotti, Quagliariello, Licia Ronzulli (FI); Matteo Renzi, Mirabelli, Magorno, Taricco, Stefano, Simona Malpezzi, Zanda, Misiani (PD); Zaffini, Isabella Rauti, De Bertoldi (FdI); Laniece (Aut); Martelli (Misto); Loredana De Petris (Misto-LeU); Tosato (L-SP) e Dell’Olio (M5S).

I senatori dei gruppi di  opposizioni hanno duramente criticato la manovra nel metodo e nel merito: il Governo – a loro avviso – ha alzato i toni dello scontro con l’Europa con una manovra basata su numeri inconsistenti, approvata alla Camera con la fiducia, per poi cedere nella trattativa con la Commissione europea e ripiegare su una manovra recessiva, che sottrae incentivi alle imprese, taglia risorse ai fondi di sviluppo, di coesione e di cofinanziamento, al capitale immateriale e alle Ferrovie dello Stato, prevede pesanti clausole di salvaguardia (23 miliardi di aumento Iva nel 2020), blocca l’indicizzazione delle pensioni di 1.500 euro, senza peraltro escludere una futura procedura d’infrazione e mettendo il Paese sotto tutela. Le risorse per reddito di cittadinanza e quota cento, dopo la riscrittura europea, sono sensibilmente ridotte, e le misure, rinviate nel tempo e ridotte a spot elettorali, non avranno l’impatto previsto sui consumi. Il Parlamento, umiliato con continui rinvii, non ha avuto la possibilità di conoscere, discutere ed emendare il documento; il voto notturno simboleggia l’oscurità della manovra e del futuro del Paese, che pagherà un prezzo molto alto per la gestione insipiente della sessione di bilancio.

I senatori dei due partiti di maggioranza hanno rilevato che il maxiemendamento recepisce istanze emerse nel dibattito in Commissione e che la questione di fiducia è stata una scelta obbligata per evitare la procedura d’infrazione e l’esercizio provvisorio. Hanno poi ricordato alcune misure: il reddito di cittadinanza, il superamento della legge Fornero, linizio della flat tax per le partite Iva, la riduzione dell’Ires dal 24 al 15 per cento per gli investimenti, il taglio dei contributi all’Inail, la cedolare secca per i negozi, l’abolizione dell’Imu per i capannoni industriali, 15 miliardi stanziati per scuola e infrastrutture, 1,5 miliardi per i risparmiatori truffati dalle banche, un miliardo per le famiglie, sblocco delle risorse per gli enti locali che potranno utilizzare l’avanzo, rifinanziamento delle Province. Negli anni precedenti le manovre erano scritte da Bruxelles, quest’anno il Governo ha trattato, portando il deficit sul pil dall’1,6 al 2,04 per cento, per varare una manovra improntata all’equità, che onora gli impegni assunti con i cittadini. La stabilità finanziaria non può essere slegata dalla stabilità sociale ed è auspicabile che l’Europa intera cambi direzione con le elezioni del prossimo anno.

I Gruppi di maggioranza, che hanno ereditato una situazione economica disastrosa, non accettano lezioni da chi ha votato per anni manovre che hanno aumentato le tasse, impoverito il Paese, ridotto le misure sociali.

Nelle dichiarazioni di voto hanno annunciato il sì alla fiducia i senatori Cario (Misto-MAIE), Romeo (L-SP) e Paragone (M5S).

Hanno annunciato il no alla fiducia i senatori Steger (Aut), Errani (Misto-LeU), Ciriani (FdI) e Pichetto Fratin (FI). Il senatore Marcucci (PD), per protesta, ha annunciato la non partecipazione al voto del suo Gruppo.

Pertanto, con 167 voti favorevoli, 78 voti contrari e 3 astensioni, l’Assemblea di Palazzo Madama, nella seduta di sabato 22 dicembre, ha rinnovato la fiducia al Governo, approvando l’emendamento 1.9000 (testo corretto) interamente sostitutivo dell’articolo 1 del disegno di legge di bilancio 2019 (A.S. n. 981).

Dopo il voto di fiducia, la seduta è stata sospesa, in attesa della presentazione da parte del Governo della Nota di variazioni. La Nota, trasmessa e esaminata dalla Commissione bilancio, è stata poi approvata dall’Assemblea. La seduta é terminata alle ore 3. Il Senato tornerá a riunirsi dopo le festività natalizie martedì 9 gennaio 2019.

Ai nostri lettori diamo perciò appuntamento, con questa rubrica, subito dopo quella data, augurando loro un buon Natale e un felice anno nuovo. 

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