La notizia principale della giornata romana per il 60° anniversario della firma dei Trattati di Roma, che segnarono l’avvio della Comunità europea, è che non è accaduto nulla dei temuti disordini. Bisogna dire che gli imponenti servizi di vigilanza organizzati dal ministro Marco Minniti e dalle strutture del ministero dell’Interno hanno funzionato, se non altro come deterrente oltre all’azione preventiva di controllo e di identificazione di potenziali provocatori. Infatti i quattro cortei, due di sostegno all’Unione europea, due di contestazione, che erano stati promossi hanno riscosso un consenso e una partecipazione di gran lunga al di sotto al previsto.
Per il resto tutto si è svolto secondo copione: tutti i 27 leader europei hanno firmato in Campidoglio la Dichiarazione di Roma, che dovrà ridare slancio all’integrazione europea e attenta al sociale con l’impegno ad agire insieme, con ritmo e intensità diversi quando sarà necessario, e a dare risposte alle preoccupazioni dei cittadini. Sono state superate le riserve della Grecia, che chiedeva un impegno a tutela dei diritti sociali, e l’atteggiamento “problematico” della Polonia che contesta una Ue a più velocità. Dopo la firma, pranzo al Quirinale. Per ciò che riguarda la parte celebrativa, discorso di Mattarella e discorso di Gentiloni dignitosamente scontati, come quelli di Juncker e degli altri leader europei.
In realtà l’unica novità è stata rappresentata dal discorso della sindaca di Roma, Virginia Raggi, che a sorpresa non ha fatto il discorso anti-europeo che alcuni paventavano. “Sono onorata di darvi il benvenuto”, ha esordito. “Sessanta anni fa qui a Roma prese il via un’avventura straordinaria. I padri fondatori della Comunità Europea – animati da uno spirito rivoluzionario non scontato – misero da parte le distanze tra Stati che avevano portato alla guerra. E diedero vita ad un progetto visionario con l’obiettivo di garantire pace e benessere agli europei”. Poi ha ribadito che è necessario rimettere i cittadini al centro del potere decisionale e che bisogna rivedere alcuni degli accordi, tra cui il regolamento di Dublino. Ma il Tg1 ha bruscamente deciso di toglierle il collegamento dopo appena 2 minuti e 49 secondi, per dare spazio alla pubblicità. Cosa che ha provocato l’immediata, e comprensibile, reazione di Grillo, il quale ha chiesto la testa del direttore Mario Orfei. E c’è stato persino chi ha avuto da ironizzare sull’amichevole e cordiale scambio di battute con la cancelliera Merkel.
Ma la Raggi è stata all’altezza della situazione: “Sessanta anni fa – ha detto ancora – per la prima volta nella storia ci si trovò di fronte ad una scelta condivisa e non imposta da un vincitore, nata da un intento comune e dalla capacità di ascoltare i cittadini. Anche ora c’è necessità di pace: un pensiero va a Londra e alle vittime dell’attentato terroristico di mercoledì. Hanno attaccato tutti gli europei, Roma è con voi”.
«Solidarietà, interesse dei popoli sono parole comuni a Adenauer, De Gasperi, Monnet, Spinelli. Questa è l’Europa, quella solidale dei popoli, che nel lontano 1957 si immaginava e che in parte abbiamo avuto in eredità tutti noi. Una eredità gioiosa e impegnativa da proseguire – ha detto la sindaca-. Questa Europa non poteva realizzarsi in un giorno. Dobbiamo realizzarla noi, dobbiamo realizzare una comunità solidale. Stare insieme richiede impegno, soprattutto dopo anni segnati da una violenta crisi finanziaria che ha messo a nudo errori. Dobbiamo avere il coraggio di riconoscerli e rilanciare la sfida: la finanza non è tutto. E nessuno deve rimanere indietro. La nostra generazione è chiamata a portare avanti quel sogno di Europa, ritornando allo spirito di quegli anni che oggi non c’è più e va recuperato».
Virginia La Raggi ha così proseguito: “Le città avvicinano cittadini e istituzioni che qui si incontrano: ascoltiamo i loro interessi, problemi, speranze. Noi sindaci siamo definiti primi cittadini: per questo, anche nei luoghi delle decisioni, dobbiamo far sentire forte la voce di chi chiede più lavoro, più inclusione sociale, più sicurezza. I cittadini devono essere messi al centro del potere decisionale. Le politiche non devono essere imposte dall’alto ma rappresentare la volontà popolare, introducendo strumenti di democrazia diretta e partecipata. Vanno tenute in conto le attese dei cittadini. L’Europa o è dei cittadini o non è Europa. Alcuni trattati, come il Regolamento di Dublino, vanno rivisti. Un’Unione soltanto economica non può durare».
È necessaria una riforma con il contributo di tutti: «Lavoriamoci tutti insieme, aprendo porte e cuore ai cittadini. Solo con la partecipazione di tutti l’Europa sarà legittimata. L’unione può essere maggiore della somma delle sue parti. Questo concetto è alla base della cultura europea, all’interno della quale le diversità trovano valorizzazione nel rispetto delle identità nazionali». E ha concluso citando Papa Francesco: «Al Parlamento di Strasburgo, nel 2014, Papa Francesco ha chiesto: che cosa ti è successo Europa?. Tante sono le risposte. Ma il Pontefice ha sottolineato che le difficoltà possono diventare promotrici potenti di unità. E’ questa l’opportunità della nostra generazione. Sono presenti forze di coesione e di disgregazione. E’ fisiologico che sia così. Importante, però, è dare risposte concrete a chi denuncia insofferenza. Così è nata l’Europa: dalle richieste dei cittadini che i nostri padri fondatori hanno avuto il merito di saper ascoltare».
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