“Walter Tobagi fu ucciso barbaramente perché rappresentava ciò che i brigatisti negavano e volevano cancellare. Era un giornalista libero che indagava la realtà oltre gli stereotipi e pregiudizi, e i terroristi non tolleravano narrazioni diverse da quelle del loro schematismo ideologico“. A quarant’anni dall’assassinio del giornalista del Corriere della sera, Walter Tobagi, avvenuta a Milano il 28 maggio 1980, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ne ricorda il coraggio e l’autorevolezza sulle pagine del quotidiano di via Solferino. “Era un democratico, un riformatore, e questo risultava insopportabile al fanatismo estremista”, sottolinea Mattarella ricordando che “Tobagi è morto giovanissimo. A trentatré anni aveva già dimostrato straordinarie capacità, era leader sindacale dei giornalisti lombardi, aveva al suo attivo studi, saggi storici, indagini di carattere sociale e culturale”. E, ancora ricorda che “è stato ucciso in quei mesi, in cui altri uomini dello Stato, altri eroi civili, cadevano a Milano e in tutta Italia per fedeltà a quei principi di convivenza che la Mitologia rivoluzionaria, le trame eversive, le organizzazioni criminali di diversa natura volevano colpire”.
Il Capo dello Stato, che esprime i “sentimenti di vicinanza alla famiglia Tobagi”, sottolinea che “per il suo giornale Walter Tobagi è più di un simbolo: è esempio di un giornalismo libero, che non si piega davanti alla minaccia, che non rinuncia allo spirito critico nel raccontare la realtà, che vive nel pluralismo”. “Questo giorno di memoria è importante per il ‘Corriere della Sera’, che ha avuto in Tobagi una delle sue firme più prestigiose, e lo è per tutta la stampa italiana: la società è cambiata in questi decenni – scrive Mattarella – ma la sfida della libertà, dell’autonomia, dell’autorevolezza della professione giornalistica è sempre vitale. Il desiderio di scavare nella realtà per portare alla luce elementi nascosti, oltre a essere buon giornalismo, aiuta anche a trovare semi di speranza. Di questo – conclude il presidente – abbiamo bisogno”. Walter Tobagi si è battuto con coraggio per la verità, nella stagione più cupa della violenza e dell’imbarbarimento. Ha insegnato che non esistono ‘samurai invincibili’, in nessun tempo. A 40 anni dal suo assassinio resta un faro della libertà e del pluralismo dell’informazione.
L’Aula del Senato ha osservato un minuto di silenzio e tributato un applauso unanime alla memoria di Walter Tobagi, nel quarantesimo anniversario della sua uccisione. “Il suo sacrificio non può e non deve mai essere dimenticato”, ha detto la presidente Elisabetta Alberti Casellati.
Walter Tobagi fu “un uomo di grande intelligenza e lucida capacità di analisi, si era dedicato con passione a studiare e raccontare le complesse cause di uno dei periodi più difficili e drammatici della nostra storia. Irremovibile difensore della libertà di stampa e del diritto di cronaca, era anche consapevole che il vero giornalismo non si fa rincorrendo la notizia, ma ricostruendo la verità con pazienza, scrupolo, perseveranza e onestà intellettuale”. Lo dice nell’Aula del Senato la presidente Elisabetta Alberti Casellati ricordando il giornalista ucciso da un commando del gruppo terroristico della Brigata XXVIII marzo. “Fu proprio la sua grande professionalità e il coraggio di difendere questi valori che lo fecero diventare un bersaglio della violenza del terrorismo. Una violenza che si è macchiata del sangue di troppi innocenti eroi della normalità. Donne e uomini colpiti per la sola colpa di avere interpretato il loro ruolo nella società con impegno e grande senso del dovere. Cittadini per bene, il cui sacrificio non può e non deve mai essere dimenticato”, conclude.
ASSASSINATI PERCHE’ CERCAVANO LA VERITA’
Nella ricorrenza del 40° anniversario dell’assassinio del giornalista Walter Tobagi per mano delle «brigate rosse», ricordato dal presidente della Repubblica, merita di essere menzionata l’iniziativa realizzata da «Ossigeno per l’Informazione», il 3 maggio, Giornata Mondiale della libertà di stampa. Sono le biografie di 30 giornalisti, trenta nomi per trenta storie personali diverse, ma accomunate dalla stessa passione per il giornalismo come impegno civile.
Le loro storie ora sono raccolte per la prima volta insieme nel sito «Cercavano la verità». Ecco i loro nomi:
Graziella De Palo, Italo Toni, Almerigo Grilz, Guido Puletti, Marco Luchetta con Alessandro Ota e Dario D’Angelo, Ilaria Alpi con Miran Hrovatin, Marcello Palmisano, Gabriel Gruener, Antonio Russo, Maria Grazia Cutuli, Raffaele Ciriello, Enzo Baldoni, Fabio Polenghi, Vittorio Arrigoni, Andrea Rocchelli e Simone Camilli. Dal 1980 a Beirut al 2014 a Gaza sono 19 i giornalisti e gli operatori tv uccisi all’estero perché svolgevano in prima linea il loro lavoro. I loro nomi si aggiungono a quelli dei loro nove colleghi uccisi dalle mafie tra il 1960 e il 1993: Cosimo Cristina, Mauro De Mauro, Giovanni Spampinato, Giuseppe Impastato, Mario Francese, Giuseppe Fava, Giancarlo Siani, Mauro Rostagno, Giuseppe Alfano. A loro si aggiungono i nomi di Carlo Casalegno e Walter Tobagi.
(con la collaborazione della giornalista Luciana Borsatti)
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