L’INTERVISTA/Ecco come «l’italiano della bici» sta contribuendo a cambiare la mobilità in una città come Valencia dove è stato eletto vice-sindaco

Dall’inviato a Valencia Francesco Maria Provenzano – 

VALENCIA – Incontro il dottor Giuseppe Grezzi nel suo ufficio di vice sindaco di Valencia  in via Amedeo di Savoia nel quartere Aragon. Grezzi è lucano, di Latronico, un paese di 4.467 abitanti in provincia di Potenza alle falde del Pollino a 888 metri sul livello del mare. Quarantacinque anni, studi universitari a Bologna, dove conosce moglie; poi nell’estate del 2000 si trasferisce con lei in Spagna, a Valencia, impara lo spagnolo e il valenciano e si appassiona alla politica, abbracciando i temi ambientalisti frequentando il partito ambientalista e si impegna molto su questa tematica su tutto il territorio. Nel 2015 si presenta alle elezioni comunali con il partito “Compromis”, che è una coalizione di sinistra, viene eletto al consiglio comunale e diventa assessore alla mobilità di Valencia, considerato strategico per lo sviluppo urbanistico di questa terza città della Spagna con quasi 800 mila abitanti, con una forte comunità italiana di circa 80mila residenti. Il suo chiodo fisso è stato quello di togliere spazio alle auto tanto che viene chiamato “l’italiano della bici”.

È partendo da questo tema che gli rivolgo la prima domanda.

Dottor Grezzi, con la bicicletta – che è la tua compagna quotidiana – quanta strada hai fatto nella vita professionale e sociale?

Ho fatto molti… molti chilometri pedalando (ride) e ora stiamo facendo molto… stiamo percorrendo molte tappe: diciamo, con la bicicleta; però pure con altre cose, per il cambio del modello di mobilità.

Quando hai deciso di darti alla politica?

Da sempre… da quando avevo sedici anni, alla scuola superiore, all’università.

Partendo con Rifondazione Comunista, se non sbaglio…

Vero, con Rifondazione Comunista. Ma ho continuato a fare  politica quando sono arrivato qui… Una volta un po’ acclimatato, adattato alla città, ho cominciato a fare politica, o meglio attivismo politico, con le organizzazioni ecologiste, poi con il partito dei verdi, del quale sono stato portavoce dall’anno 2005 per la città di Valencia. Poi dal 2011 ho lavorato al Comune, come assistente; ma ho lavorato anche alla Regione, come assistente di un deputato, dal 2004 al 2007 sono stato molto attivo nella città, dal 2011 ho lavorato al Comune e poi nel 2015 sono stato inserito nella lista de Compromis. Nel 2011 ero arrivato quarto, risultando il primo dei non eletti, ma lavorando come assistente del nostro portavoce, il quale oggi è diventato Sindaco. Poi nel 2015  sono stato eletto  vicesindaco.

Quale ricetta hai adottato per ridurre il parco auto circolante nella città di Valencia?

Abbiamo fatto molte cose e adottato molte ricette. La base di tutto, viene dal progetto che abbiamo construito, diciamo, dal 2011 al 2015, quando eravamo all’opposizione. Le proposte che facevamo erano indirizzate a far cambiare la mobilità, per avere un uso più razionale delle auto e offrire delle alternative: transporto publico, bicicletta, realizzando tutta una rete di piste ciclabili e, adesso, rendere più gradevole il cammino ai pedoni migliorando i marciapiedi. Perchè uno dei piani strategici più graditi dai cittadini e utili alla città riguarda la mobilità sostenibile: è un piano che fu approvato nella passata legislatura, nel 2013, per il partito che governava prima ed è uno dei più importanti documenti che abbiamo… Ora ti dò una guida che abbiamo fatto: qui viene spiegato tutto.

Di quanti chilometri è la pista ciclabile?

4,8 km,  attenzione, bidirezionali!

È una delle poche città che hanno una pista ciclabile così.

Nel sud dell’Europa sì, certo, mentre invece al nord è diverso. Copenaghen, Amsterdam, le città della Svezia hanno le loro piste ciclabili.

Questo tuo progetto ha trovato delle resistenze nei cittadini?

Sì. All’inizio. Ma questo mi porta a fare una reflessione che credo sia importante: gli esseri umani hanno sempre un po’ paura del cambiamento, delle novità. Siano sempre un po’ prevenuti. E quindi le resistenze al cambiamento all’inizio vanno messe nel conto. Le persone sono abituate a muoversi in auto, hanno i loro orari, portano i loro bimbi a scuola, vanno al lavoro…  Hanno costruito la loro vita con questi orari…. Quando gli cambi le abitudini consolidate gli devi spiegare: “Ma guarda che questo non funziona bene. Ti hanno fatto credere che funziona bene, ma passi più tempo in macchina, con il traffico, spendi soldi, inquini… per parcheggio, per la benzina, così colà, caso mai… i kilometri di distanza che si fanno la maggior parte sono 3-4 km, secondo le statistiche, e poi, le auto portono 1.3 persone per macchina, allora c’è la possibilità alla città di Valencia di fare queste riforme. C’è stata una resistenza iniziale, ancora ci sono, però quello che sta sucedendo è un cambio di mentalità e di abitudine, con meno contestazione e meno resistenze, ogni giorno sono di più persone che sono d’accordo, appoggiano e vedono che questo progetto funziona.

Hai avuto delle difficoltà come italiano ad inserirti nel contesto sociale spagnolo?

No, anche perchè ho viaggiato in molti paesi, e le cose le prendo con molta naturalezza. E devo dire che questa è una società molto accogliente. Anzi aggiungo una cosa che ritengo interessante:  a Valencia i cittadini sono orgogliosi di avere una propria lingua, il valenciano, come modo di appartenere a questa realtà in cui c’è la difesa dell’appartenenza, che però non esclude il resto. Infatti ho tenuto molte riunioni dove tutti parlavano il valenciano mentre io parlavo il castellano e non ho avuto mai nessun problema. Nella realità sociale e politica in cui mi sono mosso è stato sempre così, ho imparato molto e addirittura mi hanno dato la possibilità di essere candidato, perchè hanno pensato che potevo portare contributi, conoscenze, modi nuovi di concepire la leadership.

Hai introdotto questo sistema della mobilità che in Spagna è unico, credo.

Non è unico, ma si era realizzato finora solo nelle piccole città. Io sono fortunato ad avere avuto questa l’opportunità di sperimentarlo sulla dimensione grande di Valencia. Ho cercato  “complicità” con altre persone, in particolare con i maestri che adesso sono in pensione ma volevano questo da 40 anni e adesso mi stanno aiutando con idee, stimoli e collaborazione… Quindi è stato merito mio avere avuto la volontà di fare questo, ma senza il supporto di tutte le persone che ho citato non sarebbe stato facile attuarlo.

Le ultime due domande te le voglio fare sull’Italia. Credi che a Roma risolverebbe in parte il problema del traffico un anello ciclabile?

No. Potrebbe aiutare a far cambiare poco a poco, può essere uno strumento di trasformazione, ma sbaglia chi pensa che la bicicletta è una finalità. Roma, che io conosco abbastanza bene perchè sono andato tantissime volte, ha il problema classico delle grandi realtà urbane di livello internazionale, con una un’espansione territoriale enorme anche nelle aree collinari. E negli anni non sono state fatte  le riforme, e si è consolidata una mobilità indotta rappresenta la molla che potenzia l’uso della macchina, e non si è investito adeguatamente sul trasporto su ferro, treni e tram, anzi questi ultimi sono stati addirittura smantellati. Quindi occorre un progetto integrato tra i vari mezzi di mobilità.

E cosa mi dici sulla situazione politica in Italia?

Come dire? Sono un po’ preoccupato. Questa estate sono stato in Italia, e ho visto la realtà. Per esempio mi ha colpito l’incidente in Puglia dei migranti braccianti che sono morti. Intervistavano Michele Placido. Trenta anni dopo ancora stiamo con la storia dei braccianti e il caporalato, gestito da quelli che fanno tanti soldi sulla pelle dei migranti … E allora il problema non sono i migranti, sono gli altri, quelli che li sfruttano.

Per finire, una domanda provocatoria: può risolvere il problema della mobilità a Roma un vicesindaco valenciano?

Bah!..Non saprei… Roma ha un sacco di problemi, la mafia capitale, un debito consolidato di 15 milliardi di euro… Comunque, secondo me, quello che si deve recuperare un po’ il culto della correttezza amministrativa:  colui che fa politica deve avere il senso dell’etica pubblica, non collocare solo gli amici nella gestione della cosa pubblica. E poi bisogna fare tante riforme.

C’era un po’ di speranza in questo M5S, che si proponeva di attuare il cambiamento, ma ancora non lo vedo questo cambiamento. Anche negli anni novanta avevamo la speranza che il sistema politico italiano avesse un progetto di  riforme, con il cambio delle regole per la elezione dei sindaci… Una specie di “primavera italiana”, come a Torino, a Napoli, a Palermo e a Milano con il progetto di Pisapia, che è stato  interessante. Poi tutto si è affievolito. Speriamo che accada anche adesso. Ti dico che la Spagna ha problemi simili: anche qui corruzione, sperperi… Ma nelle città c’è uno spirito riformista.

Ci salutiamo con questa speranza. E ringrazio Giuseppe Grezzi per la sua cordialità, per la sua disponibilità e per la concretezza delle sue risposte. E con il rammarico… di non avercelo più con noi, in Italia.

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