Virginia Raggi ribadisce al giudice che Raffaele Marra non ebbe un ruolo nel trasferimento del fratello da vice capo del vigili a capo della direzione Turismo


La sindaca di Roma Virginia Raggi con Renato Marra durante la cerimonia di consegna degli attestati di merito ai dipendenti capitolini che hanno partecipato agli interventi di aiuto in favore delle popolazioni del centro Italia colpite dal sisma, in una immagine del 09 novembre 2016. (Foto Ansa di Angelo Carconi)

Nel processo per falso, che rischia di sfiorare il ridicolo, a Virginia Raggi – mandata a giudizio non per la nomina di Renato Marra (fratello di Raffaele, allora capo del personale del Comune) da vice capo dei vigili a capo della direzione turismo, ma per aver negato alla responsabile dell’Anticorruzione del municipio che Raffaele abbia influito su quella nomina – la sindaca di Roma è stata interrogata oggi. E ha ribadito questa versione dei fatti. “Nella nomina di Renato Marra il fratello Raffaele non ha avuto alcun potere decisionale. Si è limitato – ha affermato – ad eseguire una mia direttiva nell’ambito della procedura di interpello per i nuovi dirigenti. Il suo fu un ruolo compilativo”.

“Raffaele Marra non aveva potere decisionale – ha ribadito la Raggi davanti al giudice monocratico -. Lui si limitava a firmare un atto e dunque secondo me non era necessario si astenesse”. Una ricostruzione, quella della sindaca, collegata a quanto scrisse nella lettera alla responsabile Anticorruzione del Campidoglio, che aveva recepito una segnalazione dell’Anac.

“In quella nomina non c’erano anomalie – ha aggiunto Raggi -. Marra ha pedissequamente ratificato le mie decisioni”. La sindaca ha aggiunto che “anche oggi riscriverebbe la stessa cosa all’Anticorruzione” anche se ha ammesso “di avere saputo solo dopo, quando sono stata interrogata in Procura, della riunione fra l’ex assessore Adriano Meloni, il responsabile del personale Antonio De Santis e Raffaele Marra in cui quest’ultimo fece il nome del fratello Renato”. “Devo dire però che Meloni si prese subito la paternità della scelta di Renato Marra e la difese anche dopo che il caso finì all’attenzione della stampa”.

L’ex capo di gabinetto del sindaco di Roma, Carla Romana Raineri, chiamata come testimone a carico

L’ex capo di gabinetto del Comune di Roma, Carla Romana Raineri, sarà sentita come teste nel processo a carico il 9 novembre, cioè il giorno prima fissato per la sentenza.  La richiesta è stata avanzata dalla Procura nel corso dell’udienza di oggi e recepita dal giudice monocratico Roberto Ranazzi. La testimonianza si concentrerà esclusivamente sul rapporto tra il sindaco e Raffaele Marra, quando era capo del personale del Comune di Roma, nelle fasi precedenti alla procedura di interpello che portò alla nomina di Raffaele Marra a capo della direzione Turismo. Raineri si dimise dal ruolo a fine agosto del 2016 per contrasti con la sindaca. E fu la sua denuncia a dare l’avvio all’inchiesta.

Il mio rapporto con Raffaele Marra – ha precisato ancora Virginia Raggi – cominciò a cambiare quando iniziarono ad uscire notizie relative a suoi problemi con alcune case. All’inizio c’era grande fiducia perché era un grande esperto della macchina amministrativa. Lo avevo conosciuto durante la campagna elettorale del 2016. Me lo presentò Salvatore Romeo nella primavera del 2016. Gli ho chiesto se poteva darci un mano nell’organizzazione di una struttura che mi pareva un po’ troppo ingessata e lui si è detto disponibile. E’ stato nominato vicecapo vicario di gabinetto per la sua capacità di districarsi nelle norme e nei regolamenti. Con lui, ma anche con Frongia e lo stesso Romeo, c’era un rapporto non solo professionale. Capitava di andare a cena tutti assieme”, ha detto Raggi. La situazione cambia dopo che su alcuni organi stampa compaiono notizie sui possibili guai giudiziari di Marra, arrestato poi nel dicembre del 2016 per rapporti con un costruttore all’epoca, però, dell’amministrazione Alemanno. “Io dovevo togliere Marra da lì, anche se i rapporti con lui erano buoni. Poi – ha proseguito la sindaca – dopo gli articoli di giornale di settembre-ottobre che lo dipingevano come l’uomo nero, feci qualche passo indietro. Quando gli articoli cominciarono a farsi più precisi e riguardavano le vicende delle case e dell’Enasarco chiesi chiarimenti a Marra. Lui portò dei documenti con i quali argomentò che non c’era nulla di vero, ma il seme del dubbio c’era. Iniziai a sentirlo molto meno e a scrivergli ancor meno. I miei consiglieri mi suggerirono di spostarlo e lui non prese bene il fatto che venisse trasferito a capo delle Risorse Umane”.

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