Tra i naufraghi della “Diciotti” si nascondevano 4 scafisti, accusati di tratta di persone e violenza sessuale. Ma allora era giustificato il blocco deciso da Salvini?

Sulla nave “Diciotti”, con i migranti africani, c’erano anche tre egiziani e un bengalese sospettati di essere gli scafisti che avevano condotto, dietro pagamento, al largo della costa libica i “naufraghi” poi raccolti dalla nave della Guardia costiera italiana che li aveva condotti prima nelle acque di Malta e poi verso la costa siciliana, fino al porto di Catania, indicato come approdo dal ministro delle Infrastrutture Toninelli.

Quattro decreti di fermo nei confronti  di questi presunti scafisti sono stati emessi, a quanto pare, dallo stesso magistrato di Agrigento, il pm Patronaggio, che ha deciso di indagare il ministro Salvini e che in passato aveva denunciato che “il rischio di terroristi a bordo dei barconi è alto”. “Ha cambiato idea? – si chiede Salvini – Per me il problema rimane lo stesso anche oggi”.

Ai quattro vengono contestati associazione per delinquere finalizzata alla  tratta di persone, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, violenza sessuale e procurato ingresso illecito.

Se queste accuse venissero confermate quelle contestate al ministro dell’Interno cadrebbero automaticamente. E naufragherebbero nel ridicolo anche tutte le invettive che gli sono state lanciate dagli esponenti del Pd (in testa il solito Matteo Rdenzi, che tenta ogni giorno di riemergere, aggrappato a Twitter e a Facebook,  dalle sabbie mobili della impopolarità in cui è finito con il voto del 4 marzo, imitato di recente dal predecessore di Salvini, Marco Minniti, che dimentica le accuse che gli sono state riservate in passato dai fanatici della “accoglienza”, Saviano in testa, per gli accordi stipulati con la Libia nel tentativo di frenare i flussi migratori).

Intanto a sostegno del ministro dell’Interno si sono schierati sia il capo politico del M5s, Luigi Di Maio, sia il leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi.

 

 

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