Tra Di Maio e Salvini non c’è posto per Aristotele

di SERGIO SIMEONE* – La manifestazione di Torino contro la TAV è stata uno strepitoso successo. L’anima della manifestazione era costituita dai cinque stelle presenti in gran forza . Se queste due frasi fossero le premesse di un sillogismo dovremmo concludere che i cinque stelle hanno conseguito uno strepitoso successo. Ed invece noi preferiamo concludere che mai come in questo caso si dimostra che il sillogismo (con tutto il rispetto per Aristotele) è uno strumento logico vecchio di due millenni ed inadeguato ad interpretare la realtà di oggi.

Ragioniamo. L’ecologismo è effettivamente, sinceramente, nelle corde del movimento grillino (basti pensare alle vigorose battaglie ecologiste condotte dal fondatore contro l’uso delle fonti energetiche fossili). Ma il movimento pentastellato, per avere il totale sostegno degli ecologisti nella tornata elettorale ne ha sposato le spinte più integraliste, senza nulla concedere a possibili mediazioni sul perseguimento degli obiettivi, dichiarati tutti irrinunciabili in toto. Quando però Di Maio e compagni sono passati dall’opposizione al governo si sono resi conto che l’ecologismo integrale è di difficile applicazione perché bisogna tener conto anche di altri rilevanti interessi sociali (come, per fare un esempio, quelli degli operai dell’Ilva di Taranto), che possono essere lesi da un ecologismo intransigente ed hanno finito per accedere di volta in volta a soluzioni che rappresentassero un contemperamento dei diversi interessi in campo.

Buona parte del movimento ecologista, però, ha vissuto la” duttilità” del leader pentastellato come un tradimento e lo ha aspettato al varco della prova regina: il blocco della TAV. Come sappiamo, i Cinquestelle hanno cominciato a traccheggiare (istituiamo una commissione che analizzi costi e benefici) probabilmente per preparare il terreno anche in questo caso ad una soluzione di compromesso. La riuscita manifestazione dei SI TAV a Torino ed il pronunciamento di tutto il mondo imprenditoriale a favore delle grandi infrastrutture e specialmente della TAV sembravano offrire un alibi alla “duttilità” di Di Maio. Ma a questo punto ha fatto irruzione sulla scena la strepitosa manifestazione dei NO TAV dell’8 dicembre: come può ora il politico di Pomigliano fare marcia indietro rispetto alle sue promesse ecologiste?

Può darsi che proprio questo aspettasse Salvini per mettere il suo alleato-competitor nell’angolo e costringerlo a scegliere tra due opzioni entrambe disastrose per i Cinquestelle: o cedere sulla TAV con conseguente caduta verticale del consenso tra gli ecologisti, o insistere sul no alla TAV fino ad arrivare alla caduta del governo, che porterebbe ad elezioni anticipate altrettanto rovinose per il movimento pentastellato. Dalle ultime mosse fatte parrebbe che proprio questo sia il gioco di Salvini. Il quale ha innanzitutto convocato una grande manifestazione a Roma per verificare se il suo camaleontismo (passare dal “prima i padani” a “prima gli italiani”) aveva avuto successo (la risposta è positiva, vista la nutrita presenza meridionale al suo comizio). Ha poi dismesso la faccia truce dello xenofobo-securitario-antieuropeo arrivando a citare, con grandissima faccia di bronzo (per usare un eufemismo) De Gasperi e Luther King, a dimostrare che lui è buono, europeista e antirazzista e che, pertanto, se si arriva ad una rottura non è lui che l’ha voluta, ma altri, attestati su posizioni irragionevoli e contrarie alla crescita economica dell’Italia. Ha chiesto un mandato a rappresentare l’Italia nel confronto con l’Europa (facendo intendere che Conte ha le ore contate). Ha infine incontrato il presidente di Confindustria Boccia al quale ha detto che è a favore della realizzazione di tutte le opere infrastrutturali, compresa, ovviamente, la TAV.

Riuscirà Di Maio ad uscire dal cul de sac in cui Salvini sta cercando di cacciarlo? C’è davvero da essere preoccupati. E non solo Di Maio. Ma a sinistra fanno finita di non accorgersene e continuano a considerare sul fronte governativo i Cinquestelle il nemico n. 1, anche ora che Renzi ha annunciato di non voler correre alla riconquista della segreteria del Pd.

*Sergio Simeone, docente di Storia e Filosofia, è stato anche dirigente del sindacato scuola della Cgil

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