TEATRO/ La 23° edizione delle “Vie dei Festival” aperta da “Sylphidarium”

di FEDERICO BETTA – Giunta alla XXIII edizione, Le Vie Dei Festival è la manifestazione culturale romana che porta nella capitale alcuni tra i più interessante lavori teatrali che hanno circuitato nei festival estivi appena trascorsi. Dal 22 settembre al 16 ottobre sarà possibile vedere 22 spettacoli, di cui 7 in prima nazionale, negli spazi del Teatro Vascello, del Teatro del Lido di Ostia, dell’Auditorium Parco della Musica, del Parco Regionale dell’Appia Antica e nelle due biblioteche del Quarticciolo e Collina della Pace.

SylphidariumAd aprire il programma, al Teatro Vascello, il lavoro della compagnia Collettivo Cinetico, Sylphidarium. Maria Taglioni on the ground, ideato, diretto e coreografato da Francesca Pennini. Lo spettacolo accoglie il pubblico con un corpo a terra, su palco e sfondo bianco, immerso nei suoni di tre musicisti a bordo scena (al violino Marlène Prodigo, alle percussioni Flavio Tanzi, orchestrazione e musiche elettroniche di Francesco Antonioni). Una voce fuori campo annuncia che esploreremo un mondo fantastico, popolato da esseri immaginari e da quel momento, seguendo uno schema rigidissimo, i ballerini entrano come fossero a una sfilata. Vestiti con abiti che li fanno sembrare strani personaggi tra fantasy e glamour, avanti e indietro lungo una passerella (immaginaria anche questa) i loro corpi intessono relazioni fugaci, sempre coadiuvati dalla voce off che presenta modi e forme dei loro rapporti.

Tutto è immerso in una luce bianca: i volti inespressivi dei danzatori mimano mosse da modelli e piano piano occupano tutta il palcoscenico, scatenando movimenti sulla musica dal vivo e scacciando la voce che aveva aperto loro la scena.

I loro corpi si intrecciano e scompongono, tradendo le premesse semi umane per trasformarsi in quasi oggetti, semi-animali, forme di colore e posizione. Il continuo andirivieni insiste sulla reiterazione e sembra puntare allo sfinimento dei corpi in scena e degli spettatori. Siamo in un mondo parallelo, forse inesistente, forse precisa metafora di un oggi senza scopo. Dove ogni mossa è un già detto, dove ogni variazione è un nuovo tassello di relazioni performative praticamente obbligate.

La delicatezza delle musiche classiche riedita con levità le opere che Sylphidarium omaggia e rievoca (La Sylphide del 1832, coreografia di Filippo Taglioni, e Les Sylphides coreografata da Michel Fokine nel 1909 su musiche di Chopin) e la ferocia elettronica di un non sense sgrammaticato; in questa alternanza si palesa lo sguardo della regista che “si fa corpo nella tradizione del balletto e ne abita le carcasse così come i silfidi vivono e depongono le uova nei cadaveri.”

Rimane forse un po’ senza sviluppo la premessa che, con la voce off, aveva anticipato un interessante mondo narrativo. Nell’accavallarsi e scavalcarsi di corpi senza registro, se non la continua variazione del mettersi in mostra, quasi si dissolve il mondo fantastico popolato da personaggi tra il reale e l’immaginario, e il lavoro nella sua completezza lascia un po’ perplessi, appesi a seguire una ripetizione che a un certo punto si interrompe, portandoci in un limbo etereo di serenità e pop corn.

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