Sulle primarie del Pd Matteo Renzi smentisce se stesso e suoi “valletti”, poi chiede una “moratoria” usando l’Isis come alibi

direzione-pd-renzi-guerini-serracchiani-orfinidi Luca Della Monica –

Il segretario del Pd, Matteo Renzi, smentisce il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, e cerca di prendere le distanze dai suoi due valletti del Nazareno, Guerini e Debora Serracchiani. A provocare questo pasticcio è stato l’annuncio di Antonio Bassolino di volersi candidare alle primarie del Pd per sindaco di Napoli alle prossime elezioni amministrative di maggio. Una candidatura che, evidentemente, scombina i piani dei vertici nazionali renziani del partito.

Appena si è diffusa la notizia che Antonio Bassolino (per due legislature sindaco di Napoli, poi per altre due presidente della Regione Campania, e successivamente ministro del Lavoro) aveva manifestato il proposito di partecipare alle primarie per riproporre la sua candidatura a sindaco, i due “valletti” di Renzi, forti della qualifica di vice segretari del Pd, si sono affrettati a far sapere a mezzo stampa di non gradire, e subito dopo hanno estratto dal cilindro il coniglio affermando che chi è stato sindaco non può partecipare alle primarie del Pd. Una regola, questa, mai esistita. Inventata e giustificata con la spiegazione che riguarderebbe un domani…anche Renzi. E invece sarebbe un norma “ad personam” anti-Bassolino. E allora scende in campo il capo, cioè il segretario del Pd, Matteo Renzi, per affermare, nella riunione della Direzione del partito, che le regole si possono cambiare. Il che può essere vero, ma non per il Pd, perché lo stesso Renzi il 21 ottobre aveva dichiarato a Lilli Gruber in “Otto e mezzo” su La7 testualmente che “le regole delle primarie non si cambiano”. Ed è ciò che ribadiscono due esponenti della minoranza del Pd, Speranza e Cuperlo. E allora Renzi si rifugia in una nuova formula: la moratoria, cioè – dice – stabiliamo due mesi di sospensione di qualunque discussione sull’art. 27 dello statuto del partito che riguarda le primarie; poi, a gennaio se ne riparla. La moratoria: una sorta di bavaglio, motivato con il pretesto che “maiora premunt”, cose più importanti in questo momento ci preoccupano. Insomma il grande cialtrone si va a nascondere dietro il paravento del… terrorismo jihadista.

Nel tentativo di risparmiare la figuraccia al “principale” e ai due valletti, il presidente-travicello, Matteo Orfini, il tappabuchi, in apertura dei lavori della Direzione, si è premurato di circoscrivere la discussione. “I lavori di questa direzione saranno dedicati solo alla politica estera e alle questioni internazionali. Nelle prossime settimane ci sarà la discussione per la campagna elettorale delle amministrative”, ha specificato. Ma non è servito questo escamotage a tappare la bocca a chi non riesce più a sopportare le acrobazie di questi pasticcioni.

E a far tacere i malumori manifestatisi a Milano dopo che era stata avanzata la proposta di un primarie-day nazionale per il 20 marzo. La cosa ha fatto insorgere il Pd milanese che ha già indetto le consultazioni per il prossimo 7 febbraio. Il sindaco uscente Giuliano Pisapia dice che la data resta quella fissata e Gad Lerner, membro dell’assemblea nazionale dem, sottolinea: “Guerini e Serracchiani, neanche se supportati da un’improvvida ratifica in direzione nazionale del Pd, possono convocare e sconvocare a piacimento le primarie dei milanesi”.

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