S’inasprisce il conflitto sull’Ilva di Taranto tra il ministro Calenda e il presidente della Puglia Emiliano

Se il Comune e la Regione Puglia non ritirano il ricorso al Tar l’Ilva  di Taranto inizierà lo spegnimento il 9 gennaio: questa la nera previsione lanciata da Carlo Calenda, ministro dello Sviluppo Economico, al termine del tavolo istituzionale. “Continueremo ad andare avanti con l’investitore, ma se la condizione è costruire un’addenda contrattuale con garanzia dello Stato, non posso fare assumere allo Stato la responsabilità di 2,2 miliardi di euro per pagare il conto del ricorso”, ha aggiunto Calenda.  “Abbiamo chiarito, una volta per tutte – ha continuato Calenda – che l’accettazione della misura cautelare presentata da Comune e Regione determina la chiusura dell’impianto Ilva perché scadono i termini Aia, su questo il ministero dell’Ambiente è stato tassativo”. Un punto più sostanziale, secondo Calenda, è che “anche con il ritiro della misura cautelare, la presenza di un giudizio di merito dei giudici che può arrivare anche dopo 2-3 anni, determina la sospensione degli investimenti dell’investitore che perderebbe tutti i soldi che ha investito (se il ricorso venisse accolto, ndr)”. Ergo – spiega il ministro – “l’investitore dice: io rimango se non si ritira il ricorso, ma lo Stato mi deve garantire che se il Dpcm viene invalidato dal ricorso, lo stesso Stato mi ridà uno per uno tutti i soldi spesi”. Per Calenda “non si può accettare che la valutazione del danno sanitario venga fatta sulla base di una legge regionale quando la Corte Costituzionale ha detto che va fatta su una legge nazionale” e nemmeno “che si dica – come è stato fatto da Emiliano – “intanto ritiro la misura cautelare, ma il ricorso al Tar lo lascio in piedi”, perché questo comporta un costo per lo Stato di 2,2 miliardi di euro”.

Al tavolo istituzionale per l’Ilva di Taranto “il clima era positivo da parte di tutti, tutti interventi positivi, poi a un certo punto c’è stato uno scambio di messaggi, non so bene, tra De Vincenti e Calenda e Calenda ha avuto una crisi isterica, si è alzato ha fatto un intervento durissimo ed è andato via. Cosa sia accaduto lo spiegherà lui”. Così Michele Emiliano, presidente della regione Puglia, uscendo dal Mise e aggiungendo “noi abbiamo anticipato che avremmo revocato le richieste cautelari e presentato i punti su cui non eravamo d’accordo”.

Anche l’ex segretario della Fiom, Landini, teme per la perdita di migliaia di posti di lavoro se non si trova per taranto una soluzione che rispetti l’ambiente e al tempo stesso la produzione di acciaio.

Emiliano ha replicato che Calenda è in preda a una crisi nervosa. Al tavolo di oggi sull’Ilva di Taranto – dice – “il percorso iniziato e verbalizzato era assolutamente positivo, noi siamo dell’idea che, siccome Calenda è un ministro pro tempore, il tavolo si è insediato e a mio giudizio può essere anche autogestito da tutti quelli che vogliono partecipare”. Aggiungendo che con Regione, Comune, Provincia, ArcelorMittal e sindacato “secondo me, se abbiamo voglia di trovare una soluzione, visto che il ministro fa solo da mediatore, riusciamo a trovarla anche senza di lui”.

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