Se i “pidologi” avessero ragione…

di ENNIO SIMEONE

Secondo i più accreditati “pidologi”, che in prevalenza fanno la spola tra la sede del Pd e la redazione del Corriere della sera, oggi a Roma in via del Nazareno dovremmo assistere al via della seguente road map (non si usa il termine passeggiata perché potrebbe apparire frivolo e riduttivo e comunque perché il percorso si profila accidentato, né – letteralmente – cartina stradale perché troppo statico, né – metaforicamente – piano d’azione, perché rivelatore di un disegno strategico, che si presenta mutevole): alla riunione della Direzione del partito – insolitamente ma furbescamente allargata ai segretari regionali, in genere fedeli funzionari, e al ministro Padoan (al quale continua a dare ordini direttamente) –  il segretario, Matteo Renzi, si presenterà dimissionario per dare il via alla procedura di convocazione e immediato svolgimento di un congresso da tenere (e da vincere) in tempi rapidi in modo da essere pronto a buttare a mare Gentiloni e il suo governo (benché fotocopia, nei nomi, di quello da lui presieduto per due anni e mezzo) e provocare elezioni politiche anticipate da tenersi addirittura a giugno  (o, al più, in settembre), con lui sempre segretario ma al tempo stesso candidato alla guida di un governo che potrebbe contare sull’appoggio di Silvio Berlusconi&associati.

Insomma, secondo tale road map,  l’Italia – appena uscita da una estenuante campagna elettorale referendaria protratta per 6 mesi nel tentativo, poi fallito, di capovolgere i sondaggi che pronosticavano una vittoria del No – verrebbe trascinata in due nuove aspre competizioni, con nuove contrapposizioni e aspri scontri politici, che finirebbero per trascurare l’impellenza di problemi che investono la nostra società e che verrebbero accantonati in attesa di un salvifico ritorno dell’ambizioso salvatore della patria.

Ad incoraggiare Renzi nel disegnare questa pericolosa road map stanno contribuendo due forze opposte ma centripete: una formata dalle varie anime, puntualmente divise o contrapposte, della cosiddetta “sinistra” (interna ed esterna al Pd); l’altra costituita dalle varie anime del Movimento 5 stelle.

Della prima si sa quasi tutto per la vacua loquacità dei suoi esponenti nel frantumarsi in mille rivoli. La seconda sta rivelando  una crescente dose di autolesionista litigiosità interna (come dimostrano le vicende romane) alimentata dalle vacue ambizioni tribunizie di alcuni personaggi di spicco televisivo. Tra questi ultimi rifulge il vice presidente della Camera Luigi Di Maio. Il quale ha auspicato che “alla riunione di lunedì della Direzione del Pd Renzi dia l’indicazione di votare in parlamento la sfiducia al governo Gentiloni, così andiamo subito alle urne”. Un argomento in più, un assist,  a sostegno dell’ambiziosa road map del Nazareno renziano. Un motivo in più per la sconfortante constatazione che l’Italia si trova ancora una volta di fronte all’avvilente alternativa tra cretini e arruffapopolo.

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