Quanti modi indecenti di usare quei 47 disperati arrivati dall’Africa

di ENNIO SIMEONE – E’ difficile stabilire quale sia il più indecente tra i ruoli che stanno recitando coloro che si sono proposti in queste ore sulla triste ribalta dello specchio di mare antistante il porto di Siracusa.

1. I gestori della ong che dispone della nave Sea Watch. Costoro sono gli stessi che erano già andati a raccogliere un mese fa alcuni migranti abbandonati in mare da scafisti libici i quali avevano promesso loro che ci sarebbe stata con certezza una qualche imbarcazione che li avrebbe imbarcati e portati verso la costa italiana. Diffidati dal ripetere questo indegno inganno ai danni dei disperati provenienti dall’Africa, quei signori se ne sono infischiati ed hanno ripetuto l’impresa addirittura aggravandola, perché, invece di trasportare quei poveri passeggeri nel porto più vicino (in Tunisia), hanno puntato la prua direttamente verso la costa italiana, pur sapendo – o forse proprio sapendo – che dal governo italiano, per bocca soprattutto del ministro Salvini, sarebbe venuto un rifiuto. Un rifiuto, peraltro, preannunciato. Insomma una vera e propria provocazione costruita sulla pelle di quei 47 sventurati.

2. I deputati Fratoianni, Magi, Prestigiacomo. Sono rispettivamente il segretario di Sinistra Italiana, il segretario dei Radicali e la berlusconiana ex ministro di centrodestra (quando ne faceva parte anche la Lega). Costoro sono andati tutti insieme con un potente gommone (di proprietà della Prestigiacomo) a  bordo della Sea Watch a far visita all’equipaggio e ai 47 migranti e a gridare che debbono esser fatti approdare a Siracusa, non avendo alcun titolo per farlo, quindi spalleggiando l’azione provocatoria della ong e ingannando quei poveretti trasformati in merce di scambio per una sparata politica. Pare che, sull’onda del successo mediatico ottenuto dai tre intrepidi politici, altri politicanti loro colleghi, anche se antagonisti, si stiano dirigendo verso quella ribalta per sfruttarne l’effetto.

3. L’ex comandante (ora senatore M5s) De Falco. Per chi se ne fosse dimenticato, è quell’ufficiale del porto di Livorno che conquistò le prime pagine dei giornali perché impartiva l’ordine (perentorio e rafforzato da un militaresco «cazzo!») al telefono al comandante della «Concordia», Schettino, di risalire a bordo. E ora le ha riconquistate per essersi rifiutato in Senato di votare il cosiddetto decreto sicurezza voluto dalla Lega e perciò sospeso dal M5s. Con la stessa perentorietà ora ha detto a Salvini: «Si occupi di Interni!», come se costui, nella circostanza, si stesse occupando d’altro…

4. Il ministro Salvini. Lancia continuamente via web minacciosi aut-aut indossando felpe paramilitari. Dovrebbe invece spiegare che il pericolo non viene da quei 47 disgraziati, «consegnati» alla Sea Watch da scafisti libici, ma dal fatto che il «successo» della «missione» della nave ong finisce per accreditare i mercanti di esseri umani e i loro traffici, dando credibilità alla promessa che viene fatta ai migranti di farli arrivare nei porti europei. E questo significa aumentare i flussi di disperati che raggiungono la Libia per puntare verso l’Europa. Ma questo stile non si addice a Salvini: per lui molto più redditizio del ragionamento è l’urlo. Che arriva con immediatezza al popolo. E fa salire il termometro elettorale dei sondaggi.

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