PUNTI DI VISTA/ Don Federico e gli “italiani brava gente”

di SERGIO SIMEONE – “Parroco critica Salvini in chiesa. I fedeli abbandonano la messa”. Con questo titolo il Corriere della sera  ha rilanciato una notizia data dalla Voce del Trentino. Che a sua volta aveva registrato la protesta di un gruppo di anziani trentini, i quali, trovandosi in gita nelle Marche, si erano recati domenica nella chiesa di Villa Rosa (Teramo) ad ascoltare la Messa. Quando il parroco, don Federico Pompei, dall’altare ha bollato la politica di Salvini verso i migranti come anti-cristiana,  il gruppo si è alzato ed è uscito dalla chiesa. Qualcuno, in particolare, ha esclamato indignato: “E’ una vergogna che un prete faccia politica in chiesa durante la santa Messa”.

I turisti trentini evidentemente  sono così poco attenti alle vicende politiche da non essersi accorti che il sullodato Salvini ha fatto una intera campagna elettorale agitando ad ogni comizio Vangeli e rosari, come a dire la mia politica, i miei programmi sono perfettamente in linea con la dottrina cristiana. Il buon don Federico pertanto ha fatto solo il suo dovere pastorale, ricordando che non si può  contemporaneamente  dichiararsi osservanti del Vangelo e rifiutare l’approdo nei porti italiani alle navi che trasportano disperati, tra i quali donne incinte e bambini.

E’ come se qualcuno, ritenendosi un grande latinista si avventurasse nel pronunciare qualche frase nella lingua di Cicerone e si adontasse poi di fronte ai rilievi di un vero professore di latino che gli facesse notare che ha detto grossi strafalcioni.

Se  una lamentela bisogna fare è che nella Chiesa  sono pochi i don Federico, che spiegano ai propri fedeli che cosa significa vivere secondo il Vangelo. Papa Francesco ci prova ogni giorno, ma a volte sembra vox clamantis in deserto.

Ps: attenzione. A  proposito di latino, nonostante le apparenze è invece scorretto dire vox clamans in deserto. La versione italiana, infatti, è voce di chi  grida nel deserto.

ITALIANI BRAVA GENTE?

“Italiani brava gente”. E’ questa l’espressione con cui ci compiacciamo di autodefinirci in contrapposizione con altri popoli, che consideriamo più “duri” ed insensibili di noi davanti alle altrui sventure. Ma questa fama rischia di sbiadire e forse scomparire in questi giorni a giudicare da come gli italiani stanno reagendo di fronte al fenomeno delle migrazioni.

Ciò che sconcerta non è la preoccupazione della gente per il modo in cui il fenomeno viene gestito né  la  giusta irritazione per la scarsa o quasi inesistente solidarietà da parte degli altri Paesi europei. Sconcerta molto di più il consenso crescente che riscuotono il linguaggio osceno con cui il dramma dei disperati viene definito dal nostro ministro degli Interni (pacchia, crociera) e le decisioni assolutamente disumane che vengono assunte (chiudiamo i porti, non rispondiamo agli SOS). Gli stessi naufragi che stanno avvenendo in questi giorni con centinaia di morti che in altri tempi sollevavano ondate di indignazione (si pensi al caso del piccolo Allan le cui immagini hanno fatto il giro del mondo provocando grande commozione) sembrano diventati episodi di routine.

Ma allora non è vero che gli italiani sono brava gente? No, non è vero che siano tutti brava gente. Come negli altri popoli ci sono i buoni ed i cattivi. E questi ultimi tendono ad aumentare e diventare maggioranza quando pensano che aiutare gli altri possa comportare un pericolo al mantenimento del proprio benessere.

Gli italiani, non dimentichiamolo, sono gli stessi che quando,  a seguito delle leggi razziali videro scomparire  da un giorno all’altro colleghi d’ufficio, compagni di scuola, commercianti, non fecero una piega e continuarono a vivere come se niente di strano fosse successo.

Come l’uomo in determinate circostanze possa tirar fuori il peggio di se stesso ce lo ha mostrato Eduardo De Fiippo in quella commedia che molti considerano il suo capolavoro, ” Napoli milionaria”, nella quale l’istinto di sopravvivenza suscitato dalla guerra  fa prevalere in molti durezza di cuore e cinismo. Il protagonista, don Gennaro, nel finale, per consolare la moglie divenuta consapevole dell’abisso di disumanità in cui una parte della città e lei stessa sono precipitate , paragona questa condizione ad una febbre e pronuncia la famosa frase: ”Ha da passà ‘a nuttata”.

Ma noi non possiamo aspettare che la nottata passi da sola. In America lo hanno capito e le sue città sono in questi giorni percorse da cortei di persone che protestano contro i provvedimenti disumani presi da Trump contro i migranti. In Italia si reagisce solo con le  dichiarazioni di Martina e della Boldrini,  le coraggiose prese di posizione di Fico e gli sdegnati articoli di Saviano. Quando vedremo la “ brava gente” scendere nelle strade e gli artisti italiani spendere la loro fama (come Susan Sarandon) per cancellare la vergogna di un popolo che sembra aver perduto la sua umanità?

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