Più che un giallo è un trabocchetto: emergono inquietanti risvolti nel caso Crocetta-Espresso

Crocetta, Lucia Borsellino e Tutinodi ENNIO SIMEONE/

Assume sempre più i contorni di un trabocchetto teso a Rosario Crocetta, più che di un giallo, la faccenda della presunta conversazione telefonica (di due anni fa!) tra il presidente della Regione Sicilia e il suo medico personale, Matteo Tutino, il quale avrebbe detto – senza che l’interlocutore reagisse altro che con il silenzio – che l’assessore regionale alla Sanità Lucia Borsellino bisognava “farla fuori come suo padre”, il giudice Borsellino, assassinato dalla mafia con gli uomini della scorta. Di quella intercettazione pubblicata dall’Espresso non esiste traccia, ribadisce il procuratore della Repubblica di Palermo, Francesco Lo Voi,  e il direttore dell’Espresso, Luigi Vicinanza, ammette che non dispone di quella registrazione, anzi non l’ha mai sentita lui personalmente e comunque precisa che sarebbe “molto disturbata” e con dei vuoti. A quanto pare, l’unico a dire di averla ascoltata e di averla fedelmente trascritta è il giornalista palermitano autore dell’articolo. Il quale – ricorda ora Crocetta – faceva parte del pletorico ufficio stampa della Regione Sicilia e fu da lui licenziato con altri colleghi in seguito alla riduzione di quell’ufficio nell’ambito dei tagli di spesa dell’ente.

Ecco perché Crocetta ha desistito – dopo averla annunciata – dall’autosospensione da presidente e si è  rifugiato nella sua residenza di Tusa, in provincia di Messina. Hanno subìto un parziale rallentamento anche le richieste di sue dimissioni che, con una fretta sospetta, erano  partite da esponenti dello stesso Pd, siciliano e non solo, addirittura dal segretario e capo del governo Matteo Renzi (già pronto a collocare una sua persona di fiducia, come il sottosegretario Davide Faraone, a palazzo dei Normanni), oltre che da alcuni esponenti dell’opposizione, appena divulgata l’anticipazione della pubblicazione dell’Espresso, che sarebbe uscito solo l’indomani.

Anzi c’è chi, come Giuseppe Lumia, senatore del Pd e già membro della Commissione antimafia, afferma che la vicenda “è inquietante sia sotto il profilo umano perché per poco non si distruggeva una persona, sia sotto il profilo politico perché la Sicilia stava per andare al voto per una infamia di livello mondiale. Non è stato facile convincere Crocetta a non dimettersi. Me l’ha confidato subito, mi ha detto me ne vado, ma io gli ho chiesto di soprassedere, di riflettere. La Sicilia – afferma ancora Lumia – è stata a un passo dal voto, volevano fare una specie di golpe, ci dobbiamo rendere conto che quanto accaduto è di una gravità inaudita. La Procura ha smentito tutto, siamo di fronte ad una telefonata che non esiste agli atti, che non è stata trascritta. Inesistente”. Anche il segretario regionale del Pd, Fausto Raciti, getta acqua sul fuoco: “Non ci sono motivi per interrompere la legislatura”, ha detto in una conferenza stampa.

Invece tra coloro che ancora continuano ad aggrapparsi alla presunta intercettazione c’è l’ex esponente do Sel Claudio Fava, vicepresidente della commissione Antimafia e figlio di Pippo, fondatore della rivista ‘I Siciliani’, ucciso nell’84 dal clan Santapaola, il quale dice di avere “difficoltà a pensare che questa intercettazione sia una bufala o un falso fabbricato ad arte per colpire Crocetta”. E lancia la palla “in corner”:  “Potrebbe essere – spiega – un’intercettazione gestita da altro ufficio giudiziario o non ancora messa nella disponibilità del procuratore di Palermo. Se fosse vera ne uscirebbe comunque un quadro desolante di miseria umana, inadeguatezza morale. Grave crisi di ethos della politica”.

Ora Crocetta ha modo di dire che quella telefonata “è falsa, falsissima. E’ una turlupinatura. Tutto sta diventato chiaro e lo diventerà ancora di più. Palermo è un tritacarne, lo sapevo e ne ho la conferma. Non c’è dubbio. C’è stata un’azione di dossieraggio contro di me. Vogliono le mie dimissioni? Posso darle anche lunedì. L’unica cosa insopportabile per me è il fango con il quale mi stanno sporcando. L’antimafia è la mia identità. Come è possibile che si possa ritenere un dato acquisito, normale, plausibile, l’ascolto impassibile, anzi connivente, da parte mia di una frase di quel tipo contro Lucia Borsellino?”

E chiede che sia fatta piena luce su una montatura e sui suoi autori, che hanno trascinato persino il presidente della Repubblica e i presidenti delle Camere a pronunciare giudizi severi sul suo conto prima di accertare l’autenticità della “rivelazione”.

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