PERISCOPIO/ Minniti for president? Propaganda e populismo elettorale

di NUCCIO FAVA – Se ci fossero stati dubbi, le sparate di Minniti e il suo protagonismo attivistico si sposano benissimo, anzi esprimono perfettamente il disordinato movimento di Renzi in ogni direzione, per cercare di raccattare voti a destra e a manca. Farlo sulla tragedia dei migranti e sulle comprensibili e sacrosante paure dei cittadini, a cominciare dai più deboli ed indifesi, è un atto utilizzato già da Salvini e dalla Meloni. Questo era già noto ed evidente, ma che diventasse una strada attraente e da percorrere anche da parte del centrosinistra ha dell’incredibile. Anche perché, giustamente impegnati a sollecitare una politica solidale e comune dell’Europa, si rischia di passare dalle buone alle cattive ragioni. Insomma Parigi val bene una messa, come sappiamo, ma a condizione di non perdere razionalità e scivolare sul terreno di demagoghi e populisti.

L’errore del ministro dell’Interno resta clamoroso, alla ricerca evidente di facile popolarità e consenso. Il risultato di ritardare misure non solo economiche più adeguate e di ingenerare altra confusione nella testa dei cittadini, squalifica l’azione meritoria fino ad ora svolta dal nostro paese e dalle diverse organizzazioni umanitarie impegnate nel Mediterraneo. Purtroppo nella politica contemporanea (non solo nel nostro paese ma nelle stessa istituzioni Ue) non sono mancate e non mancano dichiarazioni di principio e buoni propositi per non lasciare sola l’Italia. Mancano però quasi sempre le misure e i provvedimenti concreti per affrontare davvero un dramma epocale come quello dei flussi migratori, destinato a durare molti anni. Anche perché l’Europa e tutte le organizzazioni internazionali poco o nulla hanno fatto per affrontare e farsi positivamente carico della immensa tragedia dell’Africa e del Medio Oriente. Partono da lì gli enormi problemi della miseria, della fame e delle guerre che possono incendiare il mondo e tenerlo in perenne fibrillazione.

Decenni fa anche nei licei scioperavamo per Trieste italiana mentre il generale Tito – in piena guerra fredda – brigava per ottenere Trieste o almeno qualche concessione a favore della Jugoslavia. Il presidente del Consiglio dell’epoca, Giuseppe Pella, decise di inviare nostre truppe al confine orientale. I nostri scioperi per Trieste si intensificarono ma opportunamente Pella fu costretto a fare marcia indietro e le conversazioni di Londra per risolvere il problema dell’italianità di Trieste poterono discretamente proseguire e raggiungere un risultato soddisfacente. La sparata di Minniti mi ha ricordato l’episodio di tanti anni fa che certo non esprimeva lungimiranza e intelligenza politica. Il presidente Gentiloni farebbe bene a sorvegliare meglio i suoi ministri e le loro iniziative per non indebolire ulteriormente il suo già difficile ruolo e a non favorire le aspirazioni ministeriali presenti in vista comunque del futuro voto per le elezioni politiche.

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