PERISCOPIO/ Ma chi può davvero cantare vittoria dopo il voto del 4 marzo?

di GIOVANNI PEREZ – Sono pochi i partiti che in queste elezioni di inizio marzo possono cantae vittoria, come avevamo previsto già in febbraio. Tra i perdenti, ad uscirne con le ossa rotte (anche in questo caso cosa facilmente prevedibile) è stato Matteo Renzi, con il suo Pd. Meno prevedibile la sconfitta di Berlusconi rispetto alla Lega di Salvini. Scontata l’avanzata del Movimento 5 Stelle.

Ma vediamo nel dettaglio le singole posizioni in relazione ai futuri, possibili sviluppi, iniziando proprio dai 5 Stelle. Senza una tradizione ed una cultura politica,  nato solo con la vocazione di contestare la vecchia politica, il Movimento difficilmente potrà avere i numeri per  governare da solo il Paese. Ancora meno di muoversi correttamente sullo “scacchiere Europa”, per non dire su quello mondiale. In campo nazionale lo slogan di Di Maio  “governeremo con chi accetterà le nostre idee”, lanciato prima delle elezioni, dimostra infatti una assoluta ingenuità,  che lo induce a credere che tutti i partiti si prostrino ai suoi piedi.

Passando al Pd, Renzi, intuendo la sconfitta, si era premurato di dire ai suoi elettori che non avrebbe abbandonato la segreteria nazionale comunque fossero andate le cose, cioè anche in caso di una sconfitta, che era nell’aria. Nel naufragio Renzi ha trascinato con sé il governo Gentiloni e gli attuali ministri. L’unica mossa riuscita è stata quella di vedere eletti la Boschi e Bressa, ma grazie ai voti della Sudtiroler Volkspartei. Guardando al futuro, mentre è improbabile che i due vengano chiamati a ricoprire qualche incarico nel governo a venire, per la Boschi la carriera politica è conclusa, mentre per Bressa “non tutto è perduto”. Sembra, infatti, che si sia assicurato il futuro. Senza troppi scrupoli ed in base all’invocazione dei passeggeri del Pd-Titanic, che sta affondando, avrebbe gettato le basi per passare nelle file del governatore del Veneto, Zaia, e quindi della Lega. Rioprirebbe il ruolo di consulente per il varo di una possibile autonomia del Veneto. Una doppia fregatura: per Renzi, ma anche per la Svp, che contava su Bressa per allargare ulteriormente i poteri della Provincia di Bolzano.

Alla luce di questi sviluppi (la sconfitta del Pd alleato storico e la scomparsa del fido Bressa dalla stanza dei bottoni) è probabile che la Südtiroler Volkspartei cambierà bandiera passando dal perdente Renzi a chi gli succederà ne per una musicalla guida del futuro governo. Una fine ingloriosa, ma scontata, per chi si riteneva invincibile. Di poco conto per una Svp che dopo Magnago e Durnwalder non è più riuscita a trovare una guida di livello, ma  popolata da arrampicatori attenti più al proprio prestigio che al bene dei sudtirolesi.

Delusione anche nel campo di Forza Italia. I sogni di Berlusconi si sono infranti contro l’onda lunga della Lega. Salvini, intelligenza contadina, lo ha battuto grazie alla campagna contro gli immigrati: un tasto facile da pigiare a beneficio delle orecchie di una parte degli italiani, in sostituzione degli slogan di Bossi a base di “Roma ladrona” e “Via i terroni mangiapane a tradimento”. Travolta dal mancato “sicuro successo” di Berlusconi, la «valchiria» Biancofiore è stata travolta nella sua patria sudtirolese dalla vittoria di Pirro dell’odiata «immigrata» Boschi.

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