OSSERVATORIO AMERICANO/ Perché la parola “socialismo” fa sempre meno paura nella politica Usa

di DOMENICO MACERI* – “Siamo nati liberi e rimarremo tali….L’America non sarà mai un Paese socialista”. Così Donald Trump nel suo recente discorso sullo Stato dell’Unione (SOTU) ricevendo gli applausi da  tutti i repubblicani e anche dai democratici presenti nell’Aula del Congresso.

Sam Donaldson, storico giornalista della Abc, ha dissentito, ribattendo che “è già troppo tardi”. In un’intervista alla Cnn, Donaldson ha spiegato che “più della metà degli americani usufruisce di programmi socialisti del governo federale” come il Medicare (sanità per gli anziani), Medicaid (sanità per i poveri), welfare anche per i ricchi come le aziende agricole e i sussidi elargiti loro dal governo. Donaldson ha continuato aggiungendo che in pochi anni si avrà un sistema sanitario single-payer, una forma di Medicare per tutti, che nessuno chiamerà socialismo perché il termine fa paura ma si tratta proprio di socialismo.

Donaldson non ha tutti i torti nell’affermare che gli Stati Uniti, nonostante l’etichetta di Paese capitalista, include una buona dose di programmi sociali. Il termine socialista però continua a suscitare una forte antipatia soprattuto negli americani che ricordano la guerra fredda e la vecchia Unione Sovietica. Per i giovani si tratta di un’altra cosa. Ma non solo. Bernie Sanders, che ha dato filo da torcere a Hillary Clinton per la nomination del Partito Democratico alle primarie del 2016, non ha avuto paura di definirsi un socialista democratico.

Alexandria Ocasio-Cortez, la neo eletta parlamentare del 14esimo distretto di New York, seguendo in buona misura l’ideologia di Sanders, non ha mostrato nemmeno lei paura dell’etichetta.  Il termine socialista non fa paura nemmeno ai giovani, i quali non interpretano il socialismo come sistema fallimentare da cui bisogna scappare.

Sanders, Ocasio-Cortez e i giovani  vedono come socialista il sistema realizzato in alcuni Paesi europei e in particolar modo nei paesi scandinavi. Si tratta di Paesi capitalisti ma con solidi programmi sociali molto più ampli di quelli citati da Donaldson in America. Si tratta in effetti di programmi che richiamano la New Deal di Franklin Delano Roosevelt a cui si ispirano infatti Ocasio-Cortez e Sanders. Roosevelt, si ricorda, era anche lui stato etichettato dai repubblicani come socialista e comunista per i programmi sociali messi in atto, specialmente il Social Security, approvato nel 1935.

Anche il Medicare, approvato nel 1965, aveva causato paura. Paul Krugman, vincitore del Premio Nobel per l’Economia, in un recente articolo sul New York Times, ha scritto che prima dell’approvazione del Medicare, la destra lo aveva attaccato etichettandolo come una minaccia mortale alla libertà individuale degli americani. I repubblicani che avevano opposto questi due programmi basilari per gli americani hanno dovuto con il passare del tempo ammettere la loro validità senza però nascondere il loro desiderio di privatizzarli e forse anche eliminarli.

L’altro recente programma sull’ampliamento della sanità ottenuto con Obamacare, la riforma della sanità approvata dall’amministrazione di Barack Obama nel 2010, è stato attaccato ferocemente. I repubblicani, però, non sono riusciti a revocarlo nel primo anno di Trump nonostante che all’epoca controllassero sia il potere legislativo sia la Casa Bianca.

Il socialismo come ideologia e i programmi sociali specifici non fanno paura soltanto ai repubblicani. Anche l’ala destra del Partito Democratico ne è preoccupata. Joe Manchin, senatore democratico del West Virginia, uno Stato molto conservatore che ha votato in modo schiacciante per Trump nell’elezione del 2016, è anche lui preoccupato dalle voci e dai programmi liberal annunciati da alcuni parlamentari come Ocasio-Cortez. Manchin (il cognome degli antenati era Mancini) si preoccupa che democratici come lui potrebbero avere difficoltà in future elezioni per quello che lui considera programmi troppo socialisti auspicati dal suo partito. Manchin è preoccupato dagli annunci di aumentare le tasse ai ricchi, l’enfasi sulle nuove tecnologie, il programma per affrontare il riscaldamento globale, il concetto del Medicare per tutti, ed altre idee che lui considera vicine al socialismo.

La conquista della maggioranza della Camera conquistata dai democratici alle elezioni di midterm del 2018 ci indica però una sterzata a sinistra che ha già frenato l’agenda conservatrice di Trump e dei repubblicani. La spinta della sinistra verso programmi sociali continuerà e sarà spronata da Ocasio-Cortez ed altri parlamentari progressisti. Ciò fornirà ai repubblicani una buona opportunità per etichettare i democratici come socialisti. La sterzata a sinistra però non sarà eccessiva poiché Nancy Pelosi, l’abile speaker della Camera e la sua leadership, la tempereranno anche se non troppo facilmente. L’estrema disuguaglianza fra i ricchi e poveri, però, sarà usata dai progressisti per i programmi sociali che per molti anni erano stati abbandonati. I repubblicani faranno di tutto per dipingere i democratici come socialisti sperando nell’efficacia dello spauracchio tradizionale causato dall’etichetta. Alla fine si tratterà di bilanciare il capitalismo con programmi sociali di cui beneficeranno gli americani.

*Domenico Maceri, PhD, è professore emerito all’Allan Hancock College, Santa Maria, California  (dmaceri@gmail.com).  

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