OSSERVATORIO AMERICANO/ Sanders e il rifiuto dei grossi contributi finanziari

Domenico Maceridi DOMENICO MACERI*

“C’è una ragione per cui questa gente investe tutti questi soldi nel nostro sistema politico… permette al Congresso di rappresentare i contributori ricchi a scapito delle famiglie”. Così tuonava Bernie Sanders, il senatore del Vermont, candidato alla nomination del partito Democratico, durante un recente dibattito con Hillary Clinton. L’ex first lady non l’ha presa bene ed ha anche detto che il suo avversario sta insinuando che lei sia corrotta perché ha ricevuto contributi da Wall Street. Sanders non ha risposto direttamente, ma si è limitato a dire che i soldi corrompono anche se non ci sono prove dirette che i politici votano a beneficio dei loro “finanziatori”.

Sanders si vanta di non avere accettato soldi da grandi contributori e di non avere un superpac, un gruppo che lo sostenga. I suoi milioni di piccoli contributori gli hanno dato una media di trenta dollari ciascuno mantenendo così la sua “purezza” per continuare la sua “rivoluzione” socialdemocratica.

L’ex first lady ha ragione che i sostenitori finanziari non hanno controllato i suoi voti. Sarebbe difficile dimostrare un quid pro quo fra contributi e voti. Ciononostante, in un’intervista di parecchi anni fa, Elizabeth Warren, ora senatrice del Massachusetts, ha detto che Hillary Clinton aveva cambiato voto su un disegno di legge che favoriva le compagnie di carte di credito. Il legame fra i contributi di Wall Street aveva evidentemente spinto l’ex first lady, divenuta senatrice di New York, a “tradire” i consumatori.

Comunque sia, non è inconcepibile che i contributi avranno una certa influenza sui voti dei leader politici. Ecco perché questi grandi finanziatori “investono” ingenti somme di denaro mediante i lobbisti, che si incontrano con i leader politici per spiegare le ramificazioni dei disegni di legge e indirizzarli verso i loro benefici.

I grossi contributori offrono ingenti somme di denaro a potenziali candidati politici non per beneficenza ma perché sperano almeno  di essere ascoltati seriamente per riconoscenza. La complessità del sistema fiscale con tutti i trucchi per evadere le tasse non è venuta a galla per le lobby dei poveri.

Donald Trump ce lo ha detto chiaro e tondo. In quasi tutti i dibattiti politici per la nomination del Partito Repubblicano ci ricorda che tutti i suoi avversari sul palco sono comprati e che lui è uno che si finanzia la  campagna. Quindi lui si può permettere il lusso di essere indipendente e rappresentare la gente comune. Il magnate di New York ci ha anche dato degli esempi specifici sostenendo che, dati i suoi contributi a Hillary Clinton, lei è stata costretta a presentarsi alle sue terze nozze. Un’esagerazione, ovviamente, tipica delle sparate di Trump, che però non elimina tutti i dubbi causati dal fattore finanziario.

Se Trump è incorruttibile perché finanzia la propria campagna elettorale anche Sanders ha proposto analoga purezza avendo rifiutato di accettare i superpacs e i contributi di Wall Street. Per lui sarebbe difficile ricevere questi fondi dato che della diseguaglianza economica e del potere delle banche per la crisi globale del 2008 ha fatto il suo cavallo di battaglia.

Sanders ha inoltre dichiarato che l’irresponsabilità di Wall Street si è anche vista con le multe di cinque miliardi pagate da Goldman Sachs senza che nessuno sia stato arrestato. La stessa compagnia che ha pagato quasi settecentomila dollari per tre discorsi a Hillary Clinton.

Di fronte a questa situazione l’ex first lady ha dato una spiegazione poco soddisfacente dicendo che “è quello che le hanno offerto”. Quando un politico riceve queste ingenti somme di danaro non significa che sia corrotto, ma qualcosa puzza, lo stesso odore che si sente dai 14 milioni di dollari guadagnati da Jeb Bush per il suo lavoro da Lehman Brothers e Barclays fra il 2007 e il 2014.

Queste grosse istituzioni finanziarie non comprano i politici ma ovviamente “investono” i loro soldi aspettando qualche favore nel futuro.  Se non altro quando poi telefonano al presidente o al senatore a cui hanno dato quattrini sanno che la loro chiamata riceverà la dovuta attenzione.

L’eliminazione dell’influenza dei soldi in politica non avverrà fin quando la gente si opporrà eleggendo candidati che rifiutano questi contributi e superpacs. Ci vuole una rivoluzione politica come afferma Sanders? O bisogna eleggere tipi come Trump, i cui soldi gli permettono il lusso di indipendenza perché troppo ricchi da essere comprati?

*Domenico Maceri Docente di lingue all’Allan Hancock College, Santa Maria, California  (dmaceri@gmail.com)

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