OSSERVATORIO AMERICANO/ Quanto peserà l’endorsement di Sanders sulla fiducia in Hillary Clinton

Domenico Maceridi DOMENICO MACERI* – “Si è venduto completamente alla corrotta Hillary Clinton”: con queste parole Donald Trump ha commentato l’endorsement di Bernie Sanders all’ex first lady, ponendo fine alla sua campagna elettorale e accettando che la sua avversaria sarà la candidata democratica all’elezione presidenziale di novembre. Come spesso fa, Trump esagera con i suoi commenti, spesso arrivando agli insulti. Certamente ci sarà una piccolissima minoranza dei fedelissimi di Sanders che condivide l’opinione di Trump perché vede l’abbraccio del loro candidato alla Clinton come “tradimento”.

La realtà è però diversa. Sanders aveva poca possibilità di  scelta rispetto a quella di riconoscere i risultati delle primarie e cercare di usare il sostegno dei suoi elettori per spingere la sua competitrice verso la miglior direzione, anche se non quella ideale.
Si è preso quasi un mese dalla fine delle primarie per fare manifestare il suo endorsement. Nel frattempo però ha negoziato con l’ex first lady una piattaforma che riflette molti dei temi che ha proposto durante le primarie. Infatti, è riuscito ad ottenere quasi l’ottanta per cento di quello che voleva, arrivando alla piattaforma programmatica più progressiva possibile. In essa sono inclusi: l’aumento del salario minimo a quindici dollari l’ora, l’università statale gratis per famiglie che guadagnano meno di 125 mila dollari l’anno, l’ampliamento del Social Security, dodici settimane di congedo familiare, l’ampliamento di Obamacare aggiungendovi un’opzione pubblica simile a Medicare, la fine dell’incarcerazione di massa per gli afroamericani, e la rottura di un privilegio delle grossissime banche, considerate troppo grandi per potere fallire. È esclusa l’opposizione del TTPP, sulla quale la Clinton ha dei dubbi, ma non si è pronunciata in modo netto.
Si può ovviamente criticare il valore della piattaforma, dato che, una volta eletti, i politici spesso la ignorano. Ciononostante il documento ci dice quali sarebbero il programma e i princìpi che il partito democratico, anche se non sanciti in un contratto vincolante.
Sanders sa che la piattaforma programmatica viene spesso ignorata, ma è convinto che al momento bisogna concentrarsi sull’obiettivo di sconfiggere Trump. E ha ribadito che Hillary Clinton è la vincitrice della nomination e che lui farà tutto il possibile per far sì che “lei diventi il prossimo presidente”.
L’endorsement di Sanders avrà l’effetto di unire il Partito Democratico. Un sondaggio del Pew Research Center ci dice che l’85 per cento degli elettori di Sanders sceglierà Hilary Clinton a novembre. Una piccola minoranza di loro si dividerà fra Trump e il liberista Gary Johnson.
Il senatore del Vermont avrà dunque ancora un ruolo importante per mantenere la maggioranza dei 13 milioni dei suoi elettori nel campo dell’ex first lady. Ovviamente il ruolo di Sanders non finirà con le elezioni di novembre, ma continuerà anche dopo per cercare di ricordare a Hillary Clinton, se diventerà presidente degli Stati Uniti,  i punti-guida della piattaforma. Il cambiamento auspicato da Sanders non si esaurirà con le primarie.
Nel discorso seguito all’annuncio di Sanders la Clinton ha riconosciuto il contributo dato dal suo competitor e l’entusiasmo che ha creato nelle primarie. L’ex first lady ha rimarcato l’energia suscitata  da Sanders specialmente per quanto riguarda il contributo dei giovani, che in grande misura non hanno votato per lei.

Gli endorsement politici in generale hanno scarso valore. Nel caso di Sanders però si tratta di un’altra storia, specialmente se si considerano le ultimissime notizie. I sondaggi davano l’ex first lady in vantaggio su Trump di almeno cinque punti. I sondaggi recentissimi invece indicano che il candidato repubblicano ha guadagnato terreno. In Florida e Pennsylvania Trump è addirittura in vantaggio, anche se di poco. Nell’Ohio c’è una situazione di parità (41 per cento a testa).
La notizia che la Fbi ha assolto la Clinton dall’ipotesi di reato per l’uso della mail privata per comunicazioni ufficiali quando era   Segretario di Stato ma al tempo stesso l’ha criticata attribuendole “grossa imprudenza”, ha inferto un vulnus alla fiducia dell’elettorato nella candidata democratica (la pensa così il 67 per cento, anche se per Trump il livello cifra non è tanto diverso: 62 percento). Ecco perché l’endorsement di Sanders è di vitale importanza per lei. Lo è anche per lui perché,  nonostante tutto, si prevede la vittoria a novembre dell’ex first lady, la quale offrirebbe al senatore del Vermont le migliori possibilità di mettere in pratica le idee per le quali ha combattuto nelle primarie.

* Domenico Maceri Docente di lingue all’Allan Hancock College, Santa Maria, California  (dmaceri@gmail.com)  

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