OSSERVATORIO AMERICANO/ Quanto peserà la piattaforma di Sanders sulla sorte di Hillary

Domenico Maceridi DOMENICO MACERI*– “Grazie alla cooperazione fra le due campagne abbiamo prodotto la più progressiva piattaforma nella storia del Partito Democratico”. Parla Bernie Sanders nel suo discorso alla Convention di Filadelfia per spiegare ai suoi seguaci che tutti i loro sforzi non sono stati invano.

I sondaggi ci dicono che la grande maggioranza dei 12 milioni di elettori del senatore del Vermont voteranno per Hillary Clinton, la quale ha  fatto storia essendo la prima donna a conquistare la nomination di uno dei dei maggiori partiti per la presidenza. Ovviamente  la sua piattaforma programmatica non cancellerà la delusione specialmente dei fedelissimi di Sanders. In realtà il documento non servirà  da contratto legale fra Hillary Clinton e il senatore del Vermont una volta che lei sarà alla Casa Bianca, ma segna la traiettoria del partito per i prossimi quattro anni in caso di vittoria, naturalmente, dei democratici a novembre.
Le piattaforma politica permetteva in passato di comunicare con gli elettori ed era un accordo importante. In tempi recenti la sua importanza in ambedue partiti è diminuita e spesso viene scartata, una volta finita le elezioni. La piattaforma democratica del 2016 dovrebbe avere un esito diverso.
Avendo perso al corsa per la nomination Sanders ha negoziato per una piattaforma che riprendesse le sue prese di posizione della campagna. In grande misura è riuscito a prevalere spostando Hillary Clinton a sinistra. A cominciare dal salario minimo di quindici dollari l’ora, al quale l’ex first lady era inizialmente contraria preferendo dodici dollari come cifra massima. Evidentemente sia il fatto che la California e lo Stato di New York hanno adottato quindici dollari come salario minimo sia le pressioni di Sanders l’hanno costretta a cedere.
Un altro tema che nelle primarie aveva suscitato differenze di opinione fra Sanders e Hillary Clinton è il costo del college. Il senatore del Vermont aveva sostenuto che il sistema di debiti astronomici di molti studenti per pagare le tasse universitarie andava cambiato e che il governo doveva assumersi le spese considerando gli studi superiori come un investimento per la società. L’ex first era scettica e in un dibattito aveva spiegato che lei non vuole pagare il college ai figli degli ultra ricchi. La piattaforma riflette il compromesso anche se si avvicina di più all’idea di Sanders. Per le famiglie con reddito inferiore a 125 mila dollari il governo offrirebbe il college statale gratuito.
Gli altri punti fondamentali della piattaforma come l’importanza di affrontare il problema del riscaldamento globale, gli aumenti di tasse per i benestanti, il sostegno dell’eguaglianza dei matrimoni gay, la parità salariale fra uomini e donne e la riforma del sistema penale  per creare più giustizia eliminando il razzismo  erano già territorio comune ai due candidati.
Anche l’opposizione al TTPP è inclusa nella piattaforma, ma qui rimangono dubbi. Come si sa, Sanders è contrario ma Hillary Clinton non ha eliminato le sue ambiguità. L’ex first lady era inizialmente favorevole ma ha poi cambiato idea.  Finalmente la Clinton ha dichiarato che lei cercherebbe di rinegoziarlo per  assicurarsi che qualunque effetto negativo per i lavoratori americani venga eliminato.
Avendo perso le primarie, Sanders si è aggrappato alla piattaforma sperando di poterla usare per mettere in pratica idee fondamentali esposte nella campagna elettorale. I suoi dodici milioni di voti presi  gli serviranno per ricordare a un’eventuale presidente Clinton le promesse fatte nella piattaforma. Prima però ci sarà l’elezione di novembre. Il senatore del Vermont ha già indicato che farà tutto il possibile per impedire a Donald Trump di divenire presidente.

Hillary Clinton capisce benissimo che per il suo ritorno alla Casa Bianca (da presidente9 non può fare a meno del sostegno di Sanders. Alla conclusione della Convention lei si è  rivolta personalmente al senatore del Vermont ed ai suoi sostenitori dicendo che il Paese ha bisogno di tutti loro affinché “la loro piattaforma diventi cambiamento reale” per tutti gli americani.

*Domenico Maceri docente di lingue all’Allan Hancock College, Santa Maria, California  (dmaceri@gmail.com)

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