OSSERVATORIO AMERICANO/ Perché Donald Trump in Alabama è stato sconfitto due volte

di DOMENICO MACERI*

“Mentre io vado via un uomo che si è vantato in una registrazione di aggressioni sessuali siede nello studio ovale e un altro che ha molestato adolescenti fa la campagna per il Senato e riceve il completo supporto del suo partito”. Con queste parole Al Franken, senatore democratico del Minnesota, accusato di molestie sessuali, annunciava le sue dimissioni, il giorno prima delle elezioni in Alabama. Franken aveva ragione,  ma mentre Donald Trump continua ad essere presidente, Roy Moore, il candidato repubblicano in questione, è stato sconfitto dal suo avversario democratico  Doug Jones.

Franken però aveva centrato il bersaglio sul fatto che mentre i democratici stanno usando una strategia di accettazione per le loro trasgressioni, i repubblicani, guidati dall’esempio di Trump, continuano a vedere le molestie sessuali solo come una questione politica che può essere contenuta smentendo e attaccando le accusatrici.

Ha funzionato con Trump l’anno scorso con il notissimo Access video in cui si sente l’allora candidato repubblicano di potere fare quello che vuole con le donne, dato che lui era una stella. Nel caso di Moore invece la sua strategia di smentire lo ha portato alla sconfitta.

Si tratta di una vittoria storica per i democratici dell’Alabama, una roccaforte repubblicana, in cui i democratici hanno storicamente avuto pochi successi. Si ricorda che nell’elezione presidenziale del 2016 Trump ha sconfitto Hillary Clinton con un margine di 28 punti. Adesso però la sua popolarità è scesa al 48 per cento contro un altro 48 per cento di contrari. La vittoria di Jones non è stata schiacciante (49,9  a 48,4 percento) ma dimostra che qualche cosa sta cambiando e che lo tsunami delle molestie sessuali degli ultimi mesi va considerato seriamente. Non a caso il 56 per cento delle donne in Alabama ha votato per Jones mentre Moore ha ricevuto i consensi del 58 per cento degli uomini.

I repubblicani vedono le molestie sessuali solo come una delle tante tematiche politiche, ma il loro modo di affrontare la questione dovrà costringerli a riconsiderare. È vero che la vittoria di Jones in Alabama non si deve alle molestie sessuali esclusivamente. Altri fattori come la popolarità di Trump a livello nazionale (32 per cento favorevoli, 68 per cento contrari) ma anche in Alabama (40 per cento favorevoli, 33 per cento contrari) è servito  da sprone ai sostenitori di Jones. Il forte flusso alle urne degli afro-americani con cifre che rivaleggiano con quelle del  2008 e 2012  quando Barack Obama era nelle schede elettorali, ha contribuito notevolmente alla vittoria di Jones.

Ovviamente anche le macchie su Moore per i suoi contatti scorretti con adolescenti,  venute a galla per il lavoro investigativo del Washington Post, hanno avuto un forte impatto. Secondo gli exit poll il 51 per cento degli elettori ha considerato le accuse a Moore vere o probabilmente vere. Di questi individui il 90 perbcento ha votato per Jones. Inoltre, l’esperienza di Jones somiglia a un boy scout quando si compara a quella di Moore. Si ricorda che il neoeletto senatore, ex procuratore federale, ha contrastato il suo avversario conducendo  una campagna decente basata sul decoro. Inoltre Jones godeva di un’ottima reputazione con gli elettori afro-americani per essere stato il procuratore che una quindicina di anni fa aveva messo in prigione membri del Ku Klux Kan  responsabili delle bombe a una chiesa in Birmingham nel 1963 che uccisero quattro bambine.

I repubblicani hanno involontariamente aiutato Jones con i loro comportamenti ambigui ma in generale sostenitori di Moore. Trump nelle primarie aveva sostenuto Luther Strange beccandosi la prima sconfitta perché aveva vinto Moore. Nell’elezione generale il 45esimo presidente ha abbracciato Moore  facendo anche campagna politica per aiutarlo a vincere attaccando Jones come liberal e debole.  Trump ha perso dunque due volte in Alabama.

Il Partito Repubblicano aveva reagito discretamente quando sono venute a galla le accuse di molestie sessuali a Moore. Mitch McConnell aveva dichiarato che lui credeva “le donne” e non Moore. Si era anche parlato di un’inchiesta dell’Ethics Committee su Moore in caso di una sua eventuale vittoria. Il senatore Jef Flake, repubblicano dell’Arizona, aveva persino fatto una piccola donazione alla campagna di Jones per dimostrare le sue distanze da Moore.

Dopo avere negato contributi a Moore per parecchie settimane l’establishment repubblicano ha cambiato rotta e li ha ripristinati anticipando un’eventuale vittoria di Jones come più pericolosa della macchiata vittoria di Moore. Adesso con una maggioranza di solo un seggio al Senato (51-49) McConnell avrà meno opzioni per fare approvare la sua agenda politica. I democratici al Senato hanno già fatto sapere che il disegno di legge sulla riforma fiscale dovrebbe essere rimandato fino a che Jones sia insediato. McConnell invece sta affrettando i tempi per cercare di farlo approvare il più presto possibile.

La sconfitta repubblicana in Alabama, Stato “red” che storicamente votava repubblicano, si aggiunge a quelle del New Jersey e Virginia il mese scorso. Le recriminazioni fra i repubblicani emerse subito dopo l’elezione di Jones suggeriscono che Trump e il suo partito non abbiano una strategia compatta. Il 45esimo presidente si è già lavato le mani dalla batosta in Alabama dicendo in un tweet che Moore era un candidato debole e per questo aveva offerto il suo endorsement a Strange nelle primarie.

La vittoria di Jones ridurrà la risicata maggioranza repubblicana al Senato di un voto (51 a 49). Le due sconfitte subite nelle elezioni del New Jersey e Virginia il mese scorso e quella recentissima in Alabama ingrandiscono le chance di un’eventuale perdita della maggioranza  repubblicana in ambedue le Camere.

*Domenico Maceri è docente di lingue all’Allan Hancock College, Santa Maria, California  (dmaceri@gmail.com)

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