OSSERVATORIO AMERICANO/ La retorica allarmistica di Trump sull’immigrazione valeva solo in campagna elettorale?

di DOMENICO MACERI* – Nessuna invasione. Nessun pericolo…Ma, come ho detto, siamo a una settimana dalle elezioni”. Con queste parole Shep Smith, conduttore di un programma della Fox News, ha commentato il flusso di migranti che si stanno dirigendo verso gli Stati Uniti. Smith, uno dei pochissimi giornalisti della Fox News che non fanno parte dell’ideologia predominante sostenitrice di Donald Trump, smentiva le esagerazioni dell’inquilino della Casa Bianca. Si ricorda che nelle ultime settimane prima delle elezioni di metà mandato il 45esimo presidente aveva tuonato a destra e manca sul pericolo rappresentato da alcune migliaia di profughi che si stanno dirigendo verso gli Stati Uniti. Tra questi disperati c’è gente che fugge dalla violenza centroamericana ma anche dall’estrema povertà in cui si trova.

Trump ha usato la carovana per fare campagna politica, cercando di presentarla come una “invasione” degli Stati Uniti. Per contrastarla, ha mandato più di 5mila soldati al confine col Messico che si aggiungono alla polizia di frontiera e ai 2100 membri della Guardia Nazionale.

Trump aveva capito che concentrarsi sul tema dell’immigrazione avrebbe mobilitato la sua base inducendola a recarsi alle urne. I democratici hanno concentrato la loro campagna sulla sanità conquistando la maggioranza alla Camera, aiutati anche dall’impopolarità di Trump e da una  strategia che ha collocato in secondo piano l’ascesa dell’economia. Trump da parte sua, il giorno dopo l’elezione, ha smesso di parlare dell’immigrazione perché dopotutto, si trattava, come aveva detto Shep Smith, di… campagna elettorale.

Ciononostante, la strategia di Trump nell’affrontare il problema dell’immigrazione continua a basarsi sulla mano dura, con la chiusura della frontiera, usando le forze dell’ordine per impedire ai migranti di entrare nel Paese. Allo stesso tempo l’amministrazione Trump sta preparando un’interpretazione della legge americana che renderebbe ancora più difficile la richiesta di asilo politico, regolata non solo dalla legge nazionale ma anche da norme internazionali. Trump intende promuovere una misura in fase alla quale la richiesta di asilo politico sia accoglibile solo se viene da coloro che entrano negli Stati Uniti in certi porti stabiliti dal governo. Coloro i quali che tentassero di entrare in luoghi deserti e poi si consegnassero alle forze dell’ordine americane verrebbero spediti indietro.

Trump crede di poter bloccare l’entrata dei migranti negli Stati Uniti ma in caso contrario ha già un piano per costruire  una “città di tendopoli” lungo il confine, dove i migranti verrebbero tenuti provvisoriamente  in attesa dell’esito della loro richiesta di asilo.

Le parole e le azioni di Trump faranno piacere alla sua base elettorale perché piace il suo atteggiarsi a duro, anche se alcuni hanno già capito che si tratta solo di retorica. La costruzione del muro alla frontiera, ripetuto fino alla nausea durante la campagna elettorale, che il Messico avrebbe dovuto pagare, non viene più menzionato perché ricorda il fallimento del tentativo di risolvere il nodo dell’immigrazione con ricette semplicistiche.

I democratici si sono mantenuti lontano dal tema durante la campagna elettorale appena conclusasi. Non esistono risposte facili per risolvere la disperata pressione da parte di masse di migranti in nessuna parte del mondo. Bisogna andare alle radici. Matteo Salvini, attuale ministro italiano degli Interni, con il suo slogan “aiutiamoli a casa loro” non ha tutti i torti, anche se lui ha fatto poco per risolvere la triste situazione dei migranti, che spesso perdono la vita in mare mentre cercano di raggiungere l’Italia.

L’idea di risolvere i problemi a casa loro non è però errata. Trump non la menziona e infatti continua a minacciare che se i governi centroamericani non impediscono la partenza di queste carovane taglierà loro gli aiuti finanziari che l’America elargisce al Guatemala, a El Salvador e all’Honduras. Questa azione aggraverebbe la situazione e aumenterebbe il numero di profughi.

Si tratta proprio del contrario. Se Trump volesse davvero risolvere la triste situazione in America Centrale dovrebbe inviare più fondi per migliorare l’economia in questi Paesi. Il 45esimo presidente però rimane un isolazionista, preoccupandosi solo dei problemi in casa sua, senza capire che nel mondo moderno molti dei problemi hanno matrice e ripercussioni globali.

I democratici e la sinistra in generale lo capiscono ma anche loro non hanno trovato risposte efficaci. Ecco perché il populismo, che vuole chiudere le frontiere, miete successi politici in Europa. La risposta facile e immediata offerta dal populismo non è efficace ma dà un minimo di “soddisfazione” temporanea.

Nella sua retorica allarmistica Trump ha persino attribuito la colpa ai democratici, che secondo lui sono responsabili delle deboli leggi americane sull’immigrazione. Dimentica ovviamente che per i suoi primi due anni di mandato lui e il suo partito hanno controllato sia il potere legislativo sia quello esecutivo. Avrebbero potuto modificare le leggi. Ma non lo hanno fatto. Con la maggioranza conquistata alla Camera nelle elezioni di midterm, a partire dal mese di gennaio i democratici faranno in modo che si trovino queste soluzioni legislative più facilmente?

*Domenico Maceri, PhD, è professore emerito all’Allan Hancock College, Santa Maria, California  (dmaceri@gmail.com)  

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