OSSERVATORIO AMERICANO/ 51 sì e 49 no in Senato alla mozione procedurale per la nomina di Kavanaugh alla Corte Suprema

Con il sì annunciato dal senatore democratico Joe Manchin, la conferma del giudice Brett Kavanaugh alla Corte Suprema sembra ormai un dato acquisito. Manchin ha definito il contestato giudice, accusato di molestie sessuali negli anni della sua gioventù, come un “giurista qualificato”. Nella mozione procedurale il Senato si è espresso a favore di Kavanaugh con 51 voti. I contrari sono stati 49.

Di seguito pubblichiamo la nota settimanale inviataci dagli Usa dal professore Domenico Maceri 24 ore prima della votazione in Senato.

Un’altra macchia sulla Corte Suprema

di DOMENICO MACERI* – “È mai svenuto dopo avere bevuto alcol?” Questa una delle domande della senatrice Amy Klobuchar (democratica, Minnesota) a Brett Kavanaugh durante la sua seconda testimonianza alla Commissione Giudiziaria del Senato per la possibile conferma alla Corte Suprema degli Stati Uniti. Kavanaugh, evidentemente adirato dalla domanda, ha ribattuto domandando se la senatrice era svenuta in un caso simile. La Klobuchar, con tono molto pacato, ha pressato il probabile giudice della Corte Suprema ottenendo una risposta negativa. Dopo la pausa del pranzo il giudice Kavanaugh ha chiesto scusa alla senatrice avendo capito il suo sbaglio.

La reazione inappropriata di Kavanaugh con la senatrice Klobuchar non è stata l’unica asserzione fuori posto. Nel suo discorso di introduzione, il giudice Kavanaugh aveva fatto dichiarazioni che non si addicono alla personalità e al temperamento di un giudice né tantomeno di un candidato a giudice della Corte Suprema. Kavanaugh aveva dichiarato che nelle ultime due settimane era stato vittima di un “un assassinio politico”,  “alimentato  da rabbia per la vittoria di Trump nel 2016”,  “ con milioni di dollari spesi dalla sinistra per ottenere la vendetta dei Clinton”. Per Kavanaugh la colpa era tutta dei membri democratici della Commissione Giudiziaria al Senato.

Si tratta di dichiarazioni completamente estranee allo stile giudiziario piuttosto confacente ai toni di una campagna politica. La reazione di Kavanaugh è stata spiegata dai suoi sostenitori come reazione giustificata, considerando le accuse di molestie sessuali nei suoi confronti venute a galla, secondo lui, all’ultimo minuto per silurare la sua candidatura. Comunque, la reazione di Kavanaugh non ha rispecchiato le caratteristiche di chi aspira a far parte della Corte Suprema, che negli ultimi venti anni è divenuta sempre più dominata dalla politica.

Si sa ovviamente che il legame fra politica e sistema giudiziario esiste. I giudici della Corte Suprema vengono nominati dal presidente in carica, in buona parte in base alla loro ideologia politica. Donald Trump nella sua campagna del 2015-16 aveva promesso  che se eletto avrebbe nominato giudici conservatori. Infatti le sue due nomine sono di giudici che tendono a destra. Ma la nomina di Neil Gorsuch (confermato l’anno scorso) e quella di Kavanaugh ci ricordano altre colorate da politica e polemiche come quella clamorosa di Clarence Thomas del 1991. Si ricorda che Thomas, nonostante le accuse di molestie sessuali  di Anita Hill, fu alla fine confermato. Una conferma che rappresenta in un certo modo una macchia nella solennità della Corte Suprema. Alla quale bisogna aggiungere la macchia rappresentata da Gorsuch, che è riuscito ad approdare alla Corte per il fatto che i senatori repubblicani, che controllano la Camera Alta, si rifiutarono di prendere in considerazione Merrick Garland che l’allora presidente Barack Obama aveva nominato per rimpiazzare Antonin Scalia. In effetti, i repubblicani, con la loro ostruzione, crearono il posto per Gorsuch.

Quando i senatori repubblicani adesso accusano i loro colleghi democratici di ostruzione non hanno tutti i torti perché fanno il lavoro di opposizione. Ma i “maestri” dell’opposizione sono proprio loro, i repubblicani. Avevano iniziato con la presidenza  di Obama rifiutandosi di confermare un folto numero di giudici alle Corti federali nominati da Obama. Poi, per ottenere più potere, hanno ridotto la voce della minoranza eliminando la procedura del filibuster che richiedeva 60 voti per procedere ai voti della conferma dei giudici. In passato, questa tradizione del Senato spingeva i presidenti a nominare giudici meno estremisti sapendo che la conferma richiedeva anche voti del partito di minoranza. In sintesi, la tossicità politica di Washington con l’aspra opposizione a Obama, è stata riversata anche sulla Corte Suprema.

Non sorprendono dunque tutti i battibecchi evidenti nella conferma di Kavanaugh. In questo caso però la posta è troppo alta. Una conferma di Kavanaugh significherebbe la netta maggioranza conservatrice in seno alla Corte Suprema con buone possibilità di future decisioni che potrebbero influenzare la politica americana per un cinquantennio. A cominciare dalla legge sull’aborto, ma anche su tanti altri temi sociali per i quali Kavanaugh con il suo attacco politico si è dimostrato chiaramente  poco capace di obiettività. Il professor Laurence Tribe, eminente professore di diritto costituzionale alla Harvard, basandosi sugli attacchi di Kavanaugh, ha rilevato una serie di temi sui quali Kavanaugh dovrebbe ricusarsi perché li ha descritti come suoi avversari implacabili. Il professor Tribe include fra questi casi di molestie sessuali, i democratici, i gruppi liberal ecc. Ricusarsi da casi che toccano questi temi non sarebbe legalmente obbligatorio ma lo sarebbe dal punto di vista etico.

Al momento in cui scriviamo questa nota non si sa ancora se il Senato confermerà Kavanaugh. Sappiamo però che la sua nomina aggiungerebbe un’altra macchia sulla legittimità della Corte Suprema.

*Domenico Maceri è professore emerito all’Allan Hancock College, Santa Maria, California  (dmaceri@gmail.com).

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