OSSERVATORIO AMERICANO/ Il linguaggio incendiario di Trump e la lezione di Victor Hugo

di DOMENICO MACERI* –È un grande, un duro”. In un recentissimo comizio Donald Trump ha descritto con queste parole il deputato Greg Gianforte del Montana, il quale l’anno scorso aveva messo al tappeto il giornalista Ben Jacobs del Guardian. La folla ha reagito con gioia come si trattasse di una bellissima battuta a uno spettacolo.

Il linguaggio incendiario di Trump come possibile fonte di violenza  è stato messo nuovamente in discussione nelle ultime due settimane. La quindicina di pacchi bomba inviati a leader democratici, tutti avversari politici di Trump, e la strage alla sinagoga Tree of Life di Pittsburgh hanno ricalcato il legame fra linguaggio politico provocatorio e gli atti di violenza. Nessuno è morto a causa dei pacchi bomba ma nel caso della sinagoga 11 persone hanno perso la vita, uccise da un individuo avvelenato dall’odio verso gli ebrei. Il rabbino Jeffrey Myers  ha dichiarato che tutto “comincia con le parole” e si è diretto a tutti i politici in modo uguale, incoraggiandoli a “mettere fine alle parole di odio”.

Il rabbino non ha additato Trump come responsabile ma ovviamente il suo linguaggio incendiario nei due anni di campagna politica e nei suoi due anni di presidenza impone delle riflessioni. I responsabili delle azioni abominevoli sono solo loro ma è difficile credere che il clima politico di parole incendiarie non li avrà incoraggiati ad agire.

Rispondendo alla domanda di un cronista sulla possibile responsabilità di Trump, la portavoce del presidente, Sarah Huckabee Sanders, ha smentito. La Sanders ha fatto il paragone con la sparatoria contro un numero di parlamentari a una partita di baseball nel 2017 in Virginia, nella quale fu ferito il parlamentare Steve Scalise, dicendo che non si poteva incolpare Bernie Sanders per l’ideologia di sinistra dell’individuo responsabile. C’è ovviamente una differenza che Huckabee Sanders ignora. Bernie Sanders nella sua campagna politica non ha mai usato un linguaggio che inciti alla violenza o  la esalti, come ha fatto Trump.

Si ricorda che durante la campagna elettorale il 45esimo presidente aveva incoraggiato i suoi sostenitori a “prendere a botte” alcuni manifestanti, offrendo di pagare loro le eventuali spese legali. Aveva intimato  che se Hillary Clinton avesse vinto l’elezione i fedelissimi del secondo emendamento avrebbero potuto agire, senza capire che qualcuno lo avrebbe potuto interpretare  usando armi contro la leader democratica.

Anche da presidente il suo linguaggio incendiario è continuato soprattutto contro i media accusandoli di essere i “nemici del popolo”, specialmente la Cnn. Gli attacchi alla Cnn sono stati anche suggeriti in un video durante la campagna elettorale nel quale si vede Trump che mette al tappeto una figura della Cnn in una scena rassomigliante alla lotta libera. Infatti, uno dei pacchi bomba era proprio stato inviato a quella rete televisiva. Uno dei suoi cronisti più noti, Jim Acosta, è stato vittima di aggressioni ai comizi di Trump. Uno dei sostenitori del 45esimo presidente gli ha persino fatto il segno con un dito che la sua gola potrebbe essere tagliata. Il pacco bomba alla Cnn ha causato una forte reazione da Jeff Zucker, presidente della rete televisiva, il quale ha accusato la Casa Bianca di “una mancanza completa di capire la serietà” dei commenti negativi sui media.

Rispondendo alla domanda di un cronista se lui dovesse abbassare i toni, Trump ha risposto smentendo ogni responsabilità per il clima divisivo del Paese. Ha di nuovo additato la stampa come responsabile e ha aggiunto che potrebbe  persino “aumentare” i toni. Ciononostante, il 45esimo presidente, spronato dalla figlia Ivanka e dal genero Jared Kushner, ha condannato gli attacchi alla sinagoga come anti-semiti, aggiungendo che “bisogna unirsi” e mandare “un messaggio chiaro” contro la violenza politica. Poche ore dopo però in uno dei suoi comizi ha attaccato i democratici e i media addossando loro la colpa.

Victor Hugo ha scritto ne “I miserabili” che  “Il colpevole dei peccati commessi nell’oscurità non è colui che li commette ma colui che causa quest’oscurità”. Donald Trump non è responsabile per l’oscurità che già esisteva ma lui la ha annerito. Non preme il grilletto per azioni di violenza ma con la sua costante retorica le incoraggia indirettamente perché è la sua strategia politica dal primo giorno della sua campagna elettorale. Le parole feriscono e Trump non sembra capirlo. O forse lo capisce troppo bene perché nella sua visione del mondo vede solo nemici da sopraffare e le parole sono state e continuano ad essere il suo strumento più efficace.

*Domenico Maceri è professore emerito all’Allan Hancock College, Santa Maria, California  (dmaceri@gmail.com).

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