OSSERVATORIO AMERICANO/ di D. Maceri/ Trump da isolazionista a sceriffo globale?

di DOMENICO MACERI– “Credo che Donald Trump sia divenuto presidente degli Stati Uniti ieri sera”. Così tuonava Fareed Zakaria della Cnn subito dopo i 59 missili sferrati contro la Siria per il presunto uso di armi chimiche da parte del regime di Assad contro i ribelli nella provincia di Idlid provocando la morte atroce di  20 bambini e 52 adulti.

Trump voleva punire il presidente siriano specialmente per l’uccisione dei bambini, che aveva colpito la sensibilità del 45° presidente. Zakaria non è stato l’unico ad applaudire l’azione militare. Leader politici di destra ma anche di sinistra hanno manifestato il loro supporto per l’azione militare nonostante il cambiamento radicale della posizione di Trump attestata sul motto “America first” (prima di tutto l’America). Inoltre, solo quattro anni fa Trump aveva diffidato l’allora presidente Barack Obama dall’attaccare la Siria per l’uso di armi chimiche che avevano ucciso 1500 persone, tra cui 426 bambini.
Trump nel 2013 non era candidato, ma in un tweet aveva avvertito Obama di “non attaccare la Siria” insistendo che bisognava rimanere fuori dalla guerra civile di quel Paese. Dopo molte considerazioni e azioni diplomatiche, Bashar Assad fu convinto ad abbandonare le armi chimiche, che furono distrutte a conclusione di un accordo internazionale. Non si sa se Assad ha consegnato tutte le armi chimiche in possesso allora o se quelle usate recentemente sono di nuova fabbricazione.
Quell’accordo per la distruzione delle armi chimiche non sarebbe stato possibile senza la pressione di Vladimir Putin il quale ricevette credito per la conclusione dei negoziati. Obama non attaccò Assad per avere oltrepassato la dichiarata linea rossa ma si credette anche che la minaccia di attacchi americani avrebbe contribuito alla soluzione pacifica.
Questa volta però Trump, invece di seguire la sua linea, auspicata nel 2013, ha deciso diversamente. La svolta, secondo lui, è stato il fatto che Assad ha oltrepassato non solo la linea rossa di Obama ma anche “altre”. Considerando tutte le informazioni note su Trump, questa sua nuova sensibilità sembra poco credibile specialmente, alla luce delle sue asserzioni spesso false o espresse senza prove. Quando si aggiungono i suoi rifiuti di accettare rifugiati siriani e di altri Paesi che sfuggono a guerre si stenta a credere alla sua tenerezza.
Si ipotizzano dunque altri motivi considerando la situazione politica di Trump. Nei suoi pochi mesi di presidenza poco gli è andato bene, fatta eccezione per la conferma di Neil Gorsuch alla Corte Suprema. Le indagini della Fbi  e della commissione alla Camera e al Senato sui legami fra la campagna di Trump e la Russia continuano creando un’ombra sulla legittimità dell’inquilino della Casa Bianca. L’inizio di una campagna militare, anche se breve, serve da ottima distrazione perché mette i riflettori altrove e crea una nuova narrativa.
Il fatto che la stampa e i politici dell’opposizione abbiano approvato, o almeno non si siano dichiarati contrari all’attacco con i missili, ha aggiunto una certa solennità all’azione di Trump. Ciononostante i bombardamenti  non avranno un grande effetto nella situazione in Siria date le asserzioni contraddittorie reiterate anche dai suoi collaboratori sulla strategia politica. Fino a poco tempo fa Trump ci diceva che bisognava concentrare gli sforzi per eliminare l’Isis lasciando da parte Assad. Adesso Nicky Haley, l’ambasciatrice americana alle Nazioni Unite, dice che la pace in Siria sarà impossibile con Assad al potere. Il segretario di stato  Rex Tillerson ha dichiarato invece che la priorità è l’eliminazione di Isis e dopo si vedrà sulla stabilizzazione della Siria. Nella sua visita in Russia però il segretario di Stato ha insistito sulla fine del supporto russo ad Assad  ricevendo  solo scetticismo dai russi.

In effetti, questa confusione viene ingrandita dalla politica interna di Trump messa in evidenza anche dai battibecchi fra  i suoi collaboratori.   Steve Bannon, il suo stratega e grande promotore dell’America First, si è scontrato con il genero di Trump, Jared Kushner, il quale vede le cose diversamente. Nello scontro verbale fra i due, riportato dal New York Times, Bannon ha persino accusato Kushner di essere un democratico per le sue vedute globaliste ma anche per avere in passato finanziato candidati democratici. Bannon ha smentito le voci delle sue possibili dimissioni, ma alcune dichiarazioni recentissime di Trump ci fanno pensare che il suo stratega ha già un piede fuori della Casa Bianca.
La “distrazione” dell’attacco alla Siria però manda messaggi non solo ad Assad ma anche alla Russia, come pure a Cina e Corea del Nord. Nel suo incontro con il leader cinese Xi Jinping Trump ha ribadito che si aspetterebbe un supporto nel risolvere il problema della Corea del Nord. In un suo tweet, dopo il loro incontro nel suo resort di Mar-o-Lago in Florida, Trump ha detto che “la Corea del Nord cerca guai. Se la Cina ci aiuta sarebbe magnifico. In caso contrario risolveremo il problema da soli”. A validare la serietà delle sue intenzioni navi americane, inclusa la portaerei Vinson, si sposteranno verso la penisola coreana.
L’attacco alla Siria con gli ottimi “voti” ricevuti da Trump (51 per cento degli americani approva gli attacchi) lo incoraggeranno a seguire quella linea bellica. C’è un nuovo sceriffo in città. Il problema è che è armato fino ai denti e gli manca una strategia per le sue azioni.

*Domenico Maceri è docente di lingue all’Allan Hancock College, Santa Maria, California  (dmaceri@gmail.com)

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