OSSERVATORIO AMERICANO/ Come Hillary cerca di conquistare i “millennials” con le idee di Sanders

Domenico Maceridi DOMENICO MACERI* – “Ho bisogno di voi come partners, non solo per vincere le elezioni, ma anche per realizzare cambiamenti veri”. Ecco come Hillary Clinton ha cercato di invogliare gli studenti alla Temple University di Philadelphia a unirsi a lei e alla sua campagna. Durante le primarie democratiche i millennials, giovani fra i diciotto e trentasette anni, hanno in grande misura sostenuto Bernie Sanders. Una volta che il senatore del Vermont è uscito di scena, la Clinton ha tentato di creare entusiasmo in questo importante gruppo di giovani elettori e convincerli che lei metterà in pratica le idee di Sanders.
Non è stato facile, nonostante il fatto che Sanders e l’ex first lady abbiano cooperato per creare una piattaforma  che include molti dei principi progressisti del suo avversario nelle primarie. A cominciare dai costi per il college, il riscaldamento globale, il diritto all’aborto, i diritti dei gay e la riforma sull’immigrazione, temi cari ai millennials.
Questi temi sulla bocca di Sanders avevano creato entusiasmo ma quando la Clinton li affronta lascia i millennials piuttosto freddi. L’ex first lady non è riuscita ad eliminare i dubbi sulla sua onestà. Un sondaggio ci dice che solo il 21 per cento dei millennials la considera politicamente onesta. Persino Trump ne esce vincitore in questo caso, anche se di poco (27 per cento). Inoltre il suo voto favorevole alla guerra in Iraq, i  legami  con Wall Street, le sue idee incerte sui trattati di libero scambio e i suoi discorsi a Goldman Sachs che le hanno fruttato più di seicentomila dollari ci spiegano la freddezza dei millennials.
Sanders nei dibattiti durante le primarie aveva rilevato queste prese di posizione della sua avversaria. Adesso lui le mette da parte essendo divenuto uno dei più efficaci surrogati avvertendo i suoi sostenitori del pericolo Trump. Rimanere a casa o scegliere un candidato di partito minoritario  come voto di protesta, avverte Sanders, vuol dire aiutare Trump, che il senatore del Vermont vede come disastroso per il Paese.
Altri surrogati eccellenti si sono anche messi in marcia per convincere i millennials a votare per la Clinton. A cominciare dal presidente Barack Obama e la first lady Michelle. Seguono poi il vicepresidente Joe Biden, la senatrice Elizabeth Warren, Bill Clinton e la figlia Chelsea i quali si stanno dando da fare per cantare le lodi della candidata democratica.

I millennials però non sono facilmente convinti anche se si crede che alla fine la maggioranza di loro voterà per la Clinton. Il problema però rimane che in Stati importantissimi in bilico come la Florida e l’Ohio una piccolissima fetta dell’elettorato potrebbe determinare l’esito.  Ad aggiungere a queste preoccupazioni ce lo confermano alcuni sondaggi. I candidati dei partiti minori, Gary Johnson e Jill Stein ricevono una buona parte del loro supporto da questi millennials. Lo spettro di un’altra Florida del  2000 che permise a George Bush di vincere la presidenza per mezzo milioni di voti rimane sempre da considerare.

Da buona studentessa Hillary Clinton riconosce che i millennials continuano ad avere dubbi su di lei e ha promesso di lavorare sodo per convincerli. L’ex first lady si rende conto che questi giovani rappresentano un terzo dell’elettorato. In un certo senso non dovrebbe essere difficile assicurarsi i loro voti. I millennials sono più liberal dei baby boomers, gli individui nati  fra il 1946 e il 1964, preferiscono il socialismo al capitalismo, confermando così la loro preferenza per Sanders. Credono in effetti a un governo attivista, riconoscendo le diseguaglianze economiche fra gli ultra ricchi e la classe media. Non credono che potranno ripetere il successo economico dei loro genitori e vedono la necessità di cambiamenti drastici.

La Clinton, come si sa, nonostante la remata al progressismo, rimane una centrista non tanto diversa da Obama. Ambedue credono in cambiamenti a piccoli passi per ottenere le necessarie migliorie. Ciononostante, il supporto dei millennials per Obama ha raggiunto il 60 percento nell’elezione presidenziale del 2012. Al momento solo il 48 percento sostiene la Clinton.

“Non votare non rappresenta un’opzione” ha detto l’ex first lady in un recente comizio. “Ciò favorisce Trump”, ha continuato la candidata democratica. Sarà sufficiente la paura di Trump per convincere i millennials a votare per lei? I sondaggi  dopo il primo dibattito fra i due candidati continuano a dare la Clinton avanti di parecchi punti sia a livello nazionale che negli Stati in bilico. Ma la volata finale delle ultime quattro settimane potrebbe ribaltare la situazione e gli sforzi della Clinton per convincere i millennials continueranno senza sosta.

*Domenico Maceri  è docente di lingue all’Allan Hancock College, Santa Maria, California  (dmaceri@gmail.com)

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