Ordini e contrordini sulla Rai: un altro pasticcio renziano, poi lo scivolone in Senato

Rai e renzidi LUCA DELLA MONICA/

Colpo di scena: mentre Renzi annuncia e pretende che la riforma della Rai venga approvata in pochi giorni dal parlamento, il suo ministro dell’Economia, Padoan, scrive alla Commissione di vigilanza sulla Rai: bisogna nominare subito in nuovo consiglio di amministrazione, ma con la legge vecchia, cioè la Gasparri. E a dare questa indicazione a Padoan è stato lo stesso Renzi. Forse anche questo brusco cambiamento di rotta (di cui bisognerà capire la vera ragione) ha fatto ammettere alla fedele Maria Elena Boschi, ministro per le Riforme che «cambia agenda troppo spesso, fissa gli appuntamenti pubblici 24 ore prima». Ma poche ore più tardi in Senato il governo va sotto per 3 voti (121 no, 118 sì) sull’articolo 4 del ddl della riforma e passano le posizioni delle opposizioni e della minoranza del Pd soppressive dell’articolo che prevedeva la delega al governo sul canone.

La giustificazione per l’improvvisa accelerazione segnata dalla lettera di Padoan, secondo quanto pare sostenga Palazzo Chigi, è questa: “siamo stati costretti, non si poteva andare avanti così, la colpa è di chi non si è mosso in precedenza”.
Le opposizioni – M5S, Sel e Lega – sono invece favorevoli a rimandare tutto a dopo la pausa estiva. Di parere contrario la maggioranza di governo,  che ha dato mandato al presidente Roberto Fico di avviare i colloqui con il ministro dell’Economia per capire quando sarà convocata l’assemblea degli azionisti per l’elezione dei membri di pertinanza del Mef (probabilmente il 5 agosto).

La strada imboccata, dunque, sembra essere quella dell’elezione veloce “anche per non lasciar ballare 3 miliardi di soldi pubblici” derivanti da canone e pubblicità che, con il cda in funzione solo per l’ordinaria amministrazione, sono di fatto inutilizzati. Da capire anche quale sarà il futuro della riforma. L’indicazione arrivata dal presidente del Consiglio è, anzi era, quella di approvarla entro il 31 luglio.

Intanto si procederebbe alla nomina del nuovo Cda per poi ‘trasformare’ il direttore generale nell’amministratore dell’azienda. Ma c’è chi non esclude che il provvedimento possa finire su un binario morto. “Con il venir meno della necessità di eleggere il cda, la legge di riforma è esposta ad un fuoco di emendamenti che rischia di farne slittare l’approvazione sine die”, paventa un parlamentare Pd. Proprio per evitare questo rischio, tra i democratici c’è chi invoca una presa di posizione forte di governo e maggioranza che porti all’approvazione della legge sulla governance Rai a colpi di maggioranza. Più ottimista Vinicio Peluffo, componente dem della commissione di Vigilanza: “Il disegno di legge – dice – sarà votato al senato venerdì; a settembre sarà di nuovo alla Camera e contiamo possa divenire legge entro al metà di ottobre”. E con l’approvazione della riforma, si vedranno i primi effetti sulla governance Rai: un emendamento del governo, infatti, prevede che il direttore generale assuma i poteri dell’amministratore delegato, anche se questo è stato scelto con il vecchio sistema”, ovvero con la legge Gasparri.
“Si è messo in moto un procedimento necessario, anche se con lo schema della vecchia legge tuttora in vigore”, ravvisa il deputato e componente della Vigilanza Pino Pisicchio: “A questo punto, aggiunge, abbiamo un percorso di riforma che non riesce a chiudersi, m anche la necessità di non protrarre oltre questa condizione di prorogatio. D’altra parte, nella riforma si parla di cda eletto dal Parlamento, che è quello che accade anche in questo caso per il tramite della commissione di Vigilanza Rai. Da un punto di vista giuridico e formale, ci si può dolere del fatto che la riforma non sia stata approvata”.

Per quello che riguarda l’effetto politico della lettera di Padoan e della conseguente elezione del cda con la legge Gasparri, fonti interne alla Vigilanza sottolineano come ci si trova di fronte a una soluzione che accontenta tutti: “Il Pd, innanzitutto, ottiene di poter eleggere tra i quattro e i cinque consiglieri in luogo dei tre che avrebbe con la nuova legge. Anche il Movimento Cinque Stelle, che considera l’elezione del cda con legge Gasparri la prova del bluff del governo, avrebbe di che guadagnare: “Votare con la Gasparri garantisce ai grillini di eleggere almeno un consigliere. In caso diverso, non sarebbero stati affatto rappresentati in cda”, viene sottolineato da fonti parlamentari.

Insomma un altro dei pasticci combinati del “veloce” Renzi. (fonte: Agi)

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