ORA DI PUNTA/ La domanda mancante al capezzale di Palazzo Chigi

di ENNIO SIMEONE – Sono tutti al capezzale di Palazzo Chigi: il segretario «reggente» del Pd Maurizio Martina, l’ex segretario retto dal reggente, Matteo Renzi, l’ex Cavaliere riabilitato Silvio Berlusconi, il presidente di Confindustria (che giustamente si chiama Boccia), e via via tutti gli altri fautori del “governo di garanzia”  ipotizzato da Mattarella, su cui si preparavano a mettere le mani attraverso ministri da loro occultamente designati. Ogni tanto uno di loro lancia un grido di dolore, evocando imminenti sciagure se si formerà un governo «giallo-verde» frutto di un accordo tra Di Maio e Salvini.

Nessuno ha l’onestà di chiedersi se nei due mesi trascorsi dalle elezioni sia stato in loro potere, o comunque nelle loro possibilità, evitare questo matrimonio. Soprattutto fanno finta di non chiederselo gli esponenti di varia coloritura del Pd,  che ne hanno avuto l’opportunità, offerta loro insistentemente da Di Maio a nome anche di tutti gli ex elettori del Pd che hanno riversato i loro voti nel M5s. E questo è l’aspetto più indisponente delle cronache politiche che si ritrovano sulla gran parte dei giornali e nella gran parte dei talk show, i cui conduttori schivano puntualmente la domanda. In omaggio alla correttezza dell’informazione.

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