ORA DI PUNTA/ Gianni stai sereno? Oppure…

FOTO - Il direttore Ennio Simeonedi ENNIO SIMEONE – La “Leopolda” fiorentina si è chiusa come si era aperta: con un comizio di Renzi prima e con un altro comizio di Renzi dopo. Più dovizioso di slogan il primo, più aspramente aggressivo (con i dissidenti del suo partito) il secondo. Nell’intervallo hanno parlato in tanti, ai “tavoli del confronto”, di molti argomenti; ma delle loro disquisizioni non si troverà traccia in nessuna cronaca, se non, forse, nei “verbali” che saranno consegnati agli scaffali degli archivi e alla labile memoria dei computer.

L’unica vera notizia emersa dall’evento è stata data, perciò, con trionfalismo dal vice del segretario-presidente, Guerini: consiste nel fatto che ha concluso i lavori l’apposita “commissione dei cinque” nominata dalla Direzione del Pd nella sua ultima riunione per elaborare una proposta di modifica dell’Italicum, cioè di quella legge elettorale su cui il governo Renzi aveva posto la questione di fiducia (che vuol dire, come si sa, “se il parlamento non l’approva il governo si dimette e si va tutti a casa”). Una legge così perfetta – avevano garantito  Renzi e la ministra Boschi – che “gli altri paesi europei ce la copieranno”. Una perfezione di tal ferrea solidità che – anche dietro prudente insistenza di due padrini ultranovantenni della capacità persuasiva di Giorgio Napolitano ed Eugenio Scalfari – Renzi l’ha rapidamente sconfessata esponendola alle correzioni della minoranza del Pd in cambio di un Sì al referendum sulla riforma costituzionale.

Ma il cuore della notizia sta nel fatto che la proposta di modifica dell’Italicum è stata sottoscritta da tutti e 5 i membri della commissione: oltre a quelle del presidente del Pd, Orfini, del vice segretario Guerini e dei due vicecapigruppo di Camera e Senato, reca la firma anche dell’unico rappresentante della minoranza, Gianni Cuperlo. Il quale ha offerto il suo scalpo al grande capo. In cambio di che cosa? Non si sa, perché l’unica condizione posta dalla minoranza, la presentazione formale in parlamento di una proposta di modifica prima del referendum, non figura nell’accordo. Ed è difficile pensare che, se dovesse vincere il Si, Renzi mantenga la promessa di cambiare la legge elettorale (se non, forse, per l’abolizione del ballottaggio, che può far vincere alle elezioni il M5s, come è accaduto in comuni importanti come Roma e Torino).

Gianni Cuperlo, invece, ha detto di fidarsi. Come si fidò Enrico Letta del famoso tweet “#enricostaisereno” speditogli da Renzi pochi giorni prima di silurarlo per andar lui a Palazzo Chigi . A meno che il prezzo che Renzi, in camera caritatis, si è detto disposto a pagargli non sia più pesante, concreto e persuasivo. Ma questo, semmai, lo sapremo più in là.

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