Nell’assurda corsa al rialzo per l’autonomia regionale ci mancava il “Deus ex machina” all’ombra del Vesuvio. Eccolo!

di SERGIO SIMEONE – Il 2017 è stato, tra l’altro, anche l’anno dei referendum in Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna indetti per chiedere la concessione di più autonomia a queste regioni dallo Stato centrale. Come sappiamo, questi referendum hanno ricevuto un’ampia approvazione da parte degli elettori. Ma sappiamo anche che questi referendum non hanno prodotto automaticamente dei risultati. Ad essi deve seguire una trattativa tra Stato e Regioni per definire quali poteri verranno ceduti, in quali misure ed in quali forme.
L’attesa di questa trattativa suscita vari timori. Il timore maggiore, inutile girarci intorno, è che le Regioni del nord cercheranno di ottenere da questa trattativa soprattutto il diritto di trattenere, se non tutte, una parte cospicua delle imposte derivanti dalla ricchezza prodotta nelle zone più ricche d’Italia nelle zone stesse che la producono, a vantaggio esclusivo delle popolazioni del Nord. Ponendo fine in questo modo a quel vincolo di solidarietà con le popolazioni del sud che ha permesso finora di garantire almeno la sopravvivenza delle famiglie meridionali, sia pure in forme assistenziali.
Quelli che guardano con maggiore apprensione a questa trattativa sono, comprensibilmente, coloro che hanno a cuore le sorti del Mezzogiorno. Ma nemmeno i governatori delle regioni del nord devono dormire sonni tranquilli. Intanto dovranno vedersela con un governo al cui vertice ci sono un foggiano (Conte) ed un napoletano (Di Maio) che (almeno si spera) faranno di tutto per non dare alla trattativa un esito anti-meridionale. C’è poi anche da salvare la faccia: come riuscire a raggiungere i propri obiettivi senza apparire alla pubblica opinione egoisti ed insensibili verso gli italiani più deboli e sfortunati?
Ma ecco apparire, come succedeva nelle tragedie greche quando la trama si ingarbugliava e l’autore non sapeva come uscirne, il Deus ex machina nelle sembianze del sindaco di Napoli Luigi De Magistris. Anziché appellarsi all’unità dello Stato italiano e quindi ai doveri di solidarietà delle regioni più ricche, il nostro avanza invece la richiesta di una maggiore autonomia del capoluogo campano, fino a configurare una specie di Napolexit con tanto di diritto di battere moneta. Ma allora, deve aver pensato Luca Zaia dopo aver ricevuto questo formidabile assist, perché dovrei vergognarmi di chiedere che il 95% delle entrate fiscali del Veneto restino nel Veneto? E subito dopo ha dato ordine di sostituire il tricolore con il leone di san Marco e di tornare a stampare il ducato veneziano.

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