NEL PD VOLANO I PIATTI/ Dopo l’annullamento della cena a casa Calenda, Giachetti inizia il digiuno

di ENNIO SIMEONE – L’idea “Metti-una-sera-a-cena” era balzana, ma non meritava lo sputtanamento da parte degli invitati, anche se è parsa subito pacchiana la pubblicizzazione urbi et orbi di un appuntamento politico-conviviale limitato a 4 politicanti di uno stesso partito, reduci da uno stesso governo, con l’enfasi che può essere riservata a uno storico vertice (ancorché gastronomico)  tra capi di stato  reduci da storiche rivalità ed estenuanti guerre planetarie tra loro. Sta di fatto  che l’irrequieto promotore della cena, l’ex ministro Carlo Calenda, appena reduce dall’ultimo duello verbale sull’Ilva di Taranto con il suo successore Luigi Di Maio, tutto si aspettava meno che il suddetto sputtanamento da parte dei destinatari del suo invito. Il più cocente gli è arrivato proprio da colui al quale aveva riservato il posto a  capo tavola: Matteo Renzi, l’ex che con la sua disastrosa guida del governo e del Partito Democratico ha perso le elezioni e ha fatto diventare ex anche gli altri due mancati commensali, Paolo Gentiloni e Marco Minniti, nonché lo stesso  padrone di casa.

L’ex n.1 è stato il primo a sfilarsi dopo aver in un primo momento accolto l’invito. Spiega Calenda: «Ha risposto tramite retroscena, dicendo che non sarebbe venuto perché lui si occupa dei destini dell’universo e quindi non se ne frega niente di andare a una cena. Non so bene quale sia l’interesse di Renzi, che da molto tempo ti dice A e poi fa B. Penso che se dici ‘io ci sarò’ e poi fai uscire certi retroscena… è un modo di fare non serio, a cui ormai sono abituato da mesi». E a questo punto l’irrequieto Calenda annuncia – di nuovo urbi et orbi – che la cena è annullata e, ospitato prontamente a Radio Capital da Massimo Giannini nel programma mattutino “Circo Massimo“, dichiara: «Il Pd sta diventando un posto in cui l’unico segretario che si dovrebbe candidare è il presidente dell’associazione di psichiatria».  E si spinge oltre: «Sono convinto che alle prossime europee il Pd non ci debba essere. Serve un fronte repubblicano, progressista, che recuperi la parte di  classe dirigente locale e nazionale capace ma che spazzi via un partito che ha come unico obiettivo quello di spartirsi una torta sempre più piccola tra dirigenti che sono usurati».

Ma il poverino con quella cena voleva ottenere un risultato ambizioso: «Ricostruire un rapporto tra Gentiloni e Renzi, e soprattutto per cercare di compattare un gruppo per fare opposizione in maniera strutturata. Ma poi – si lamenta – sono partite cose surreali, tipo Zingaretti che invita un operaio e uno studente, che non c’entra niente. Poi gli altri del PD, uno dice che sta a dieta, l’altro che organizza un panino… Insomma, è diventata una buffonata. Anzi, un’abbuffata di parole, in pieno stile di autolesionismo del PD».

Peccato! Se queste sono le idee del mancato padrone di casa, quella cena sarebbe finita a pomodori in faccia. Per fortuna nel Pd  c’è ancora chi disdegna  le mense: è Roberto Giachetti, colui che avrebbe dovuto fermare l’elezione di Virginia Raggi a sindaco di Roma, ma perse il ballottaggio per 7 a 3, però conservò la vice presidenza della Camera. Ha un passato di scioperi della fame inaugurato quando era  iscritto al Partito Radicale , rinnovato quando si è arruolato sotto la bandiera del Pd. «Sono incazzato nero» – ha scritto sul Facebook. Motivo: il continuo rinvio della convocazione del Congresso del Pd.  «Le ho provate tutte – dice – ma invece traccheggiano. E a questo scenario indecoroso reagisco tornando alle mie origini: dalla mezzanotte di ieri sera (lunedì 17 settembre -ndr) ho iniziato lo sciopero della fame perché sia immediatamente convocata una assemblea straordinaria e fissata la data del congresso del Partito Democratico. I tempi per un congresso subito ci sono. Visto che voi vi dedicate alle cene e continuate a prendere tempo mentre il Pd scivola sempre più in basso, io smetto di mangiare».

Insomma, s’infoltisce la schiera di esponenti del Pd a letto senza cena!

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