Missione italiana di medici e militari in Libia. I compiti e le contestazioni

Ministro PinottiIl ministro della Difesa Roberta Pinotti (foto) ha confermato che l’Italia invierà una missione medica e militare in Libia. Il contingente militare italiano programmato per realizzare un ospedale militare da campo a Misurata, in Libia, “è pronto, ma non è ancora partito. Siamo pronti ad essere operativi subito, se il Parlamento ce lo chiede” ha precisato Pinotti nelle sue comunicazioni alle commissioni riunite Esteri e Difesa di Camera e Senato. E, ha aggiunto, replicando a critiche arrivate da esponenti delle opposizioni, “noi andremo lì per fare un ospedale, per dare la necessaria cornice di sicurezza in un luogo in cui le tensioni non sono sopite, non per ingaggiare una missione militare. Non andremo certo a fare altre cose, sarebbe un affronto al Parlamento”.

Sui numeri del contingente, ha precisato Pinotti, “non è compito del ministro decidere, io mi fido delle forze armate, che sanno programmare e la programmazione spetta al capo di Stato Maggiore della Difesa. Io do l’indirizzo, è lui che traduce in numeri”. L’operazione, chiamata Ippocrate, coinvolgerà 300 militari: 60 tra medici e infermieri, 135 per supporto logistico e 100 unità di ‘force protection’. Presente anche un aereo nell’eventualità di evacuazioni ed una nave al largo delle coste libiche.

La richiesta di una struttura ospedaliera per curare i feriti, ha ricordato Pinotti, “ci è stata formalizzata dal presidente del governo di Tripoli, Serraj, con una lettera al premier Renzi l’8 agosto. Il 15 agosto c’è stata una prima ricognizione della Difesa a Misurata per verificare quanto necessario. Il 23 c’è stata un’altra ricognizione per valutare le questioni logistiche e quindi abbiamo inviato un Nucleo di collegamento presso il ministero della Difesa libico, in modo da attivare lì la necessaria interlocuzione per andare avanti col progetto”. La missione, ha proseguito il ministro, “è stata chiamata ‘Ippocrate’ per le sue evidenti finalità umanitarie. L’ospedale da campo, in grado di andare a regime nel giro di tre settimane, fornirà triage, pronto soccorso, visite ambulatoriali, trasfusioni di sangue e possibilità di ricovero per oltre 40 pazienti”.

Il ministro degli esteri, Gentiloni, a sua volta ha informato che “in Libia non ci sono boots on the ground italiani. Forse meds on the ground, dei medici con la necessaria protezione militare, perché la situazione è delicata”.  “Stiamo mandando un ospedale non una portaerei”, ha aggiunto Gentiloni.

La prima trazione a queste notizie è venuta dal gruppo del M5s, i cui senatori delle due commissioni parlamentari affermano in un documento: “Il passaggio odierno di Pinotti e Gentiloni davanti alle Commissioni riunite Difesa ed Affari Esteri si è dimostrato solo un’operazione di facciata per avallare decisioni già prese scavalcando il Parlamento. Ora, a cose già fatte, il governo informa il Parlamento su un percorso assolutamente confuso e contrario al mandato Onu che auspicava la formazione di un governo di unità nazionale tra Tripoli e Tobruk”.  “Appare evidente – continuano i senatori M5s – che dietro la dicitura ‘operazione umanitaria’ si nasconde, in realtà, un intervento militare dell’Italia in Libia mai autorizzato dal Parlamento e più volte negato dallo stesso Renzi. Come fa questo governo a parlare di missione umanitaria quando ha venduto armi a Paesi canaglia e concesso basi aeree per i caccia americani che sganciano bombe? Il governo – concludono i Cinquestelle – ha gestito l’intera faccenda nel più totale disprezzo del Parlamento, tornando oggi a calpestarlo nelle commissioni Esteri e Difesa del Senato: la risoluzione a favore dell’intervento è stata votata in assenza del governo, che evidentemente ha ritenuto superfluo inviare un suo esponente nel corso di una votazione tanto delicata. Oltretutto la maggioranza, con un colpo di mano, ha impedito la votazione della risoluzione a firma M5S, dichiarandola preclusa”.

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