Minacce bellicose di Trump, Erdogan e Netanyahu sulla Siria col pretesto dei gas

Siamo di fronte al rischio che si scateni un’azione militare contro la Siria per colpire Assad se la Russia non riuscirà ad arginare le mire di Donald Trump e di quei campioni del pacifismo e della democrazia che rispondono ai nomi del turco Erdogan e dell’israeliano Netanyhau, supportati dalla tedesca Angela Merkel, che stanno cercando di trascinare l’Onu in un’azione rischiosa, che darebbe fiato ai terroristi dell’Isis.

La preoccupazione nasce dal fatto che il neo presidente degli Usa starebbe prendendo in considerazione anche l’ipotesi dell’azione militare in Siria, dopo la strage provocata da agenti chimici in conseguenza di un bombardamento dell’aviazione di Damasco su un arsenale dei ribelli (appoggiati dall’Isis) nella zona di Idlib. L’ipotesi viene riferita dalla Cnn, secondo cui Trump lo avrebbe confidato ad alcuni membri del Congresso statunitense. Il presidente non avrebbe ancora deciso di procedere con un’azione militare, ma ne starebbe discutendo con il segretario alla Difesa, James Mattis.

Ieri Donald Trump, in conferenza stampa con il re di Giordania Abdullah II, aveva definito inaccettabile l’attacco con armi chimiche in Siria, spiegando di aver cambiato idea su Assad e di prendersi la responsabilità delle prossime mosse nei confronti del regime siriano. Finora la rimozione del leader di Damasco non era considerata una priorità dall’amministrazione Trump.   Il ministero della Difesa americano ha intanto presentato alla Casa Bianca le opzioni militari contro il regime di Assad in Siria, fa sapere un esponente dell’amministrazione Usa. A presentare le diverse opzioni di attacco a Trump e al suo staff è stato direttamente il ministro della Difesa, il generale in congedo James Mattis. Le opzioni contemplerebbero anche quella di far restare a terra l’aviazione del regime, principale indiziato per l’attacco chimico.

Ma un eventuale attacco contro le forze di Assad potrebbe innescare un confronto militare anche con i russi, che dal 30 settembre 2015 combattono al fianco delle forze di Damasco. Finora americani e russi in Siria hanno faticosamente convissuto perché il nemico comune – ufficialmente – era l’Isis. Dal 23 settembre 2015 una coalizione internazionale a guida Usa effettua raid in Siria contro il sedicente Stato islamico. Se ora il nemico dovesse non essere più condiviso, i rischi di un confronto tra Usa e Russia aumentano.

Tutte le opzioni sono sul tavolo, dice il vice presidente Mike Pence, riferendosi alla risposta che Washington intende dare all’attacco chimico in Siria del 4 aprile, un attacco che ha cambiato l’approccio dell’amministrazione Trump nei confronti del regime di Assad.

In questo contesto cerca viabilità anche la Merkel. “E’ una vergogna – ha detto – che non ci sia stata una risoluzione del consiglio di sicurezza dell’ONU”.

In realtà nessuno (tranne la Russia) sostiene la ragionevole tesi che convenga accertare sia siano vere le notizie che parlano di bombardamenti di Assad con gas tossici o se, invece, sia vera la versione della Russia, secondo cui i gas si sono sprigionati dall’arsenale dei ribelli e dell’Isis dopo il bombardamento dell’aviazione siriana.  D’altronde la posizione di Putin appare ragionevole alla luce di quanto  afferma il Cremlino, secondo cui il supporto della Russia al presidente siriano Bashar al Assad “non è incondizionato”.

Commenta per primo

Lascia un commento