Mattarella “congela” le dimissioni di Renzi, ma solo per l’approvazione della legge di bilancio. Manovre nella Direzione Pd

Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella con il Presidente del Consiglio Matteo Renzi in occasione del prossimo Consiglio Europeo, Roma, 27 giugno 2016 ANSA/FRANCESCO AMMENDOLA UFFICIO STAMPA QUIRINALE (Ufficio per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica) +++ ANSA PROVIDES ACCESS TO THIS HANDOUT PHOTO TO BE USED SOLELY TO ILLUSTRATE NEWS REPORTING OR COMMENTARY ON THE FACTS OR EVENTS DEPICTED IN THIS IMAGE; NO ARCHIVING; NO LICENSING +++

di LUCA DELLA MONICA -. Mattarella “congela” le dimissioni di Renzi. Ma solo per il tempo necessario all’approvazione della “legge di stabilità”, cioè un paio di settimane.  «Il presidente della Repubblica – recita una nota ufficiale diffusa dal Quirinale in prima serata dopo un incontro con il capo del governo sconfitto nel referendum, sulla riforma costituzionale –  considerata la necessità di completare l’iter parlamentare di approvazione della legge di bilancio, onde scongiurare i rischi di esercizio provvisorio, ha chiesto al presidente del Consiglio di soprassedere alle dimissioni per presentarle al compimento di tale adempimento”.

Quindi la riunione del Consiglio dei ministri, convocata nel tardo pomeriggio per decidere sulla presentazione delle dimissioni dopo l’esito del referendum, non si è tenuta: si terrà nei prossimi giorni, dopo l’approvazione in parlamento della legge di bilancio.

Mercoledì invece si riunisce la Direzione del Pd. E vedremo se Renzi avrà la dignità di presentarsi anche qui dimissionario dalla carica di segretario. Correttezza vorrebbe che ciò accadesse e logica vorrebbe che – se non lo facesse lui – siano gli altri a chiederglielo. Perché il problema è tutto lì: se Renzi rimane segretario del partito che ha la maggioranza parlamentare non farà trascorrere molto tempo  per ripartire all’attacco, alla riconquista del controllo del governo, come fece con Enrico Letta (ricordate #enricostaisereno del febbraio 2014?). Si comporteranno coerentemente i membri della direzione Pd che si riconoscono nell’opposizione interna e quelli che finora hanno subìto passivamente le direttive di Renzi, pur non condividendole, per non perdere il posto in parlamento? O continueranno a tollerare la sua politica in nome di una unità del partito che ormai si è sbriciolata?

I fedelissimi del segretario –  come il sottosegretario Lotti, il capogruppo alla Camera, Rosato, e il gregario Carbone (“ciaone”)  – hanno già coniato uno slogan, “Ripartiamo dal 40 per cento di Sì”, col quale si appropriano arbitrariamente anche di consensi alla riforma espressi da elettori di altri partiti (cioè almeno il 15 per cento), che non voteranno mai per il Pd. Manovre e giochini di palazzo che vanno stroncati!

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