Libia. Dal parlamento di Tripoli il sì a Sarraj premier di unità nazionale. Prossima riapertura di varie ambasciate

epa05236775 A handout photograph made available by Media office of the Unity Government (GNA MEDIA) shows Fayez Serraj (R) from the UN brokered Libyan unity government being greeted by unidentified officials upon his arrival in Tripoli, Libya, 30 March 2016. EPA/GNA MEDIA / HANDOUT HANDOUT EDITORIAL USE ONLY/NO SALES

Una settantina di deputati del Congresso di Tripoli (Gnc) hanno dichiarato ieri in serata il proprio appoggio al governo del premier designato Fayez Sarraj (foto) e lo scioglimento dell’organismo, ora definito “Consiglio di Stato”. L’incontro, presieduto dal vicepresidente del Gnc Saleh Makhzoum, ha radunato circa 94 deputati, secondo i media. Ma per un altro gruppo di rappresentanti che non hanno partecipato, l’incontro è illegale. Ieri il governo del Gnc, guidato dal premier Khalifa Ghwell, ha annunciato le proprie dimissioni.

Jihadisti  contro Sarraj  – Ansar al Sharia, il gruppo jihadista attivo nell’est della Libia, ha pubblicato un manifesto nel quale definisce il premier designato Fayez al Sarraj “il nuovo Karzai della Libia”, in riferimento al presidente afghano, e rivendica due attacchi a Bengasi contro le forze filo-governative. Lo riferisce il Site.

La “resa” di Tripoli. La notizia che la maggioranza dei parlamentari di Tripoli ha di fatto dato il via libera a Sarraj rimbalza nella serata quando un comunicato dell’esecutivo dei ‘ribelli’ di Al Ghwell annuncia di “cessare le proprie funzioni esecutive, ministeriali e presidenziali per mettere fine allo spargimento di sangue e alla divisione del paese”, lasciando, di fatto, il potere all’esecutivo Sarraj, sostenuto dalle Nazioni Unite.

Resta però il nodo Tobruk. A fare resistenza, però, è adesso Il Parlamento di Tobruk (quello riconosciuto dal consesso internazionale), che ha respinto ieri le sanzioni dell’Onu contro Aguila Saleh, il presidente dell’Assemblea che ancora non ha dato  luce verde al governo Sarraj. E il governo di Abdullah al-Thinni, nominato da Tobruk, continua ad alzare muri: per esempio  il ministero della Giustizia ha bollato come “illegali” le attività del Consiglio presidenziale.

Tuttavia si va verso la riapertura delle ambasciate di vari paesi a Tripoli: per prima la Tunisia annuncia il ripristino della sua sede, mentre Parigi fa sapere di volerlo fare “nel più breve tempo possibile”.
Nella partita per il ritorno delle rappresentanze della comunità internazionale nella capitale libica anche l’Italia punta a essere tra i primi Paesi occidentali a rimetterci piede. “Sulla Libia c’è stato un passo in avanti vero, il governo Sarraj è un promettentissimo inizio ma ci andiamo con i piedi di piombo. Speriamo che lavorino nel modo più inclusivo possibile”, ha detto Renzi. Ma l’Italia dovrebbe essere  in prima linea per la soluzione della crisi libica, e issare quanto prima il tricolore sulla sede diplomatica a Tripoli avrebbe un grande significato politico.

L’inviato speciale dell’Onu Martin Kobler è volato ieri nella capitale per incontrare il premier designato Fayez Sarraj, “per discutere di come andare avanti”, mentre a Tripoli – ancor prima dell’annuncio dei ‘ribelli’ – saliva il consenso al governo di unità, anche tra la popolazione. “Sono venuto a Tripoli da visitatore, ma voglio esserci da residente”, ha scritto l’inviato dell’Onu. E dopo l’incontro con Sarraj e i membri del consiglio presidenziale nella base dove hanno istituito il proprio quartier generale, si è concesso un tour nella città vecchia. “Tripoli deve essere la città della pace nella regione”, ha ribadito il diplomatico tedesco.

In questi giorni Sarraj ha incassato anche il consenso delle municipalità delle principali città libiche dell’ovest, quello della compagnia di Stato per il petrolio (Noc) e della Banca centrale. Nella capitale fioriscono i graffiti, “Sì al governo di unità”, dopo la trionfale accoglienza riservata a Sarraj, venerdì scorso, nella piazza dei Martiri (l’ex Piazza Verde di Gheddafi). Sono riapparsi anche gli agenti di polizia, scomparsi nelle ore infuocate di proclami contrapposti della scorsa settimana.

A mediare con i falchi era arrivato anche l’inviato speciale di Recep Tayyp Erdogan – grande sostenitore del Gnc – che ieri ha incontrato il presidente del Congresso, Nuri Abu Sahmain, ed esponenti del Consiglio presidenziale. Sul tavolo ci sarebbero alcuni emendamenti, cinque, all’accordo di Skhirat, da modificare su indicazione del mufti libico Al-Sadiq Al-Gharyani per conquistare il sì degli oltranzisti. E’ chiaro che la pressione della comunità internazionale si fa sempre più insistente.

Il presidente egiziano Abdel Fattah Sisi ha sostenuto ieri che la comunità internazionale deve trovare una visione congiunta e che è imperativo appoggiare la formazione del governo di intesa nazionale e dell’esercito libico per creare sicurezza e ordine. Una dichiarazione che  rivela come anche l’Egitto, primo e più importante sostenitore del generale Khalifa Haftar, sembri orientarsi in queste ore sulla linea auspicata dalle cancellerie occidentali e sancita dalla Conferenza di Roma dello scorso dicembre.

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