L’agenzia di rating Fitch conferma il voto BBB all’Italia nonostante il rallentamento della crescita. Ma avanza timori. Attesa per l’esito della missione in Cina del ministro Tria

di ROMANO LUSI – L’agenzia di rating Fitch ha tracciato il “quadro clinico” dell’economia italiana nella imminenza della presentazione, da parte del governo, del Documento di Economia e Finanza (il Def) che dovrà indicare il percorso che il paese affronterà nel prossimo anno. Ed è un quadro improntato né al pessimismo né all’ottimismo, ma che parte dalla rilevazione di un rallentamento della crescita e dai timori che possono derivare dalla situazione politica e dall’incertezza per la piega che prenderà, durante l’anno 2019, l’inedita alleanza “gialloverde” tra M5s e Lega. Intanto Fitch ha confermato il rating al livello dello scorso anno: “BBB”.

In sintesi il quadro è questo: nel secondo trimestre di quest’anno il Pil (Prodotto interno lordo) è cresciuto dello 0,2% contro il +0,3% dei due trimestri precedenti e il +0,4% di metà 2017. Su base annua le cose sono andate un po’ meglio, con una crescita dell’1,2% che l’Istat ha rivisto al rialzo rispetto alle prime stime. Ma il ritmo non è comunque soddisfacente per il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti, che ambisce a numeri ben più alti, del 2 o del 3%, da raggiungere anche a costo, se ce ne fosse necessità, di sfondare il tetto del 3% di deficit. Parole che però vanno a coincidere con una giornata in cui lo spread che ha toccato quota 290.

Per l’agenzia il debito pubblico dell’Italia rimarrà ”molto elevato”, lasciando il paese ”più esposto a potenziali shock” a causa della ”natura nuova e non collaudata del governo, le considerevoli differenze politiche fra i partner della coalizione e le contraddizioni fra gli elevati costi dell’attuazione degli impegni presi nel ‘Contratto di governo’ e l’obiettivo di ridurre il debito pubblico”.  Inoltre, sostiene sempre Fitch, ”l’avversione di alcune parti del governo italiano nei confronti dell’Ue e dell’euro rappresentano un ulteriore rischio” per l’Italia. Nonostante questo ”riteniamo bassa la probabilità che il governo avanzi politiche che minaccino un’uscita dall’Europa o la creazione di una moneta parallela”. Tuttavia Fitch azzarda la previsione che in Italia, dopo il 2019, si possa persino arrivare ad elezioni anticipate se si verificasse l’impossibilità di attuare le riforme strutturali già annunciate. Ma da fonti di Palazzo Chigi arriva in replica una nota in cui si afferma: “Siamo certi che ci saranno valutazioni integralmente positive, senza alcuna riserva, non appena questi impegni verranno ufficializzati nel Def in preparazione, che confermerà l’impegno a proseguire nel percorso di riduzione del debito italiano, come peraltro già più volte comunicato, a realizzare efficaci prospettive di crescita economica e di sviluppo sociale del Paese”.

La frenata nella crescita dell’economia italiana è dovuta soprattutto al calo delle esportazioni. Tra aprile e giugno le vendite all’estero di prodotti made in Italy sono diminuite dello 0,2%. Nello stesso periodo le importazioni sono invece aumentate dell’1,8%. I consumi non hanno registrato grandi sommovimenti, con un lieve +0,1%, mentre gli investimenti sono cresciuti di un significativo 2,9%.  Entro il 27 settembre il Ministero dell’Economia dovrà presentare le nuove proiezioni, quelle predisposte nel 2017 dal governo precedente a guida Pd riviste e corrette alla luce del rallentamento economico, e quelle del 2019, entro le quali si dovrà muovere la legge di bilancio del prossimo anno. Il nuovo livello del deficit che verrà scritto nella Nota di previsione permetterà dunque di capire quali saranno a grandi linee i margini di manovra che Lega e Movimento 5 Stelle avranno per iniziare quantomeno ad implementare i punti cardine del contratto di governo: flat tax, reddito di cittadinanza, riforma delle pensioni.

Il compito spetta in primo luogo al ministro dell’Economia Giovanni Tria, il quale rimane fermo sulle sue posizioni, le uniche che, a suo parere, possono permettere all’Italia di approvvigionarsi sul mercato con una certa tranquillità, malgrado i recenti rialzi dei rendimenti nelle aste e nel mercato secondario, dove lo spread è salito a 290 punti per il Btp decennale e oltre i 200 per i titoli a scadenza tra 24 mesi. Il debito dovrà continuare il suo percorso di discesa, probabilmente un po’ più lento rispetto al quadro tendenziale di aprile (al 128% del Pil nel 2019), ma indiscutibile. Allo stesso tempo non dovrà diminuire il deficit strutturale, quello a cui guarda l’Europa e che influisce anche sull’andamento del debito. Nel Def il saldo era dato all’1% del Pil nel 2018 e allo 0,4% nel 2019. Non peggiorare quei numeri significherebbe avere un margine dello 0,6%, pari a 10 miliardi di euro, quanto servirebbe, più o meno, ad evitare l’aumento dell’Iva. Ma le cifre sono suscettibili di modifiche in peggio. Ad aprile si ipotizzava infatti una crescita all’1,5% ma, secondo lo stesso Tria, quest’anno non si andrà oltre l’1,2% per poi scendere ancora all’1/1,1% nel 2019.

Il ministro, che sarà di ritorno domenica dalla importante missione in Cina (nella foto è appunto con il ministro delle Finanze cinese), comincerà lunedì a fare il punto al ministero, dove si è già cominciato a lavorare a livello tecnico, e venerdì e sabato prossimi  incontrerà i suoi omologhi europei e i rappresentanti della Commissione a Vienna, per Eurogruppo ed Ecofin.

L’Ue aspetta di vedere che cosa sarà scritto nel programma di stabilità che il governo italiano dovrà inviare a Bruxelles entro metà ottobre, ma – all’ennesima ipotesi di sforamento del 3% prospettata dal sottosegretario Giorgetti – ribadisce che le regole sono uguali per tutti, margini di flessibilità ci sono e l’Italia, si fa notare dalla Commissione, ne ha già usufruito.

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