La strategia (in parte saltata) della banda di “terroristi ragazzini” che ha compiuto l’attentato a Barcellona

Terroristi ragazzini, esplosivo e un camion-bomba: erano questi gli ‘ingredienti’ del jihad per compiere un’ecatombe in Spagna. Un piano parzialmente saltato, dirottato su un attacco “più rudimentale”. Mercoledì in tarda serata un boato scuote la cittadina di Alcanar, un centinaio di chilometri a sud di Barcellona: una persona muore e altre sette rimangono ferite. Gli agenti intervengono e pensano a una fuga di gas. Invece, passate poche ore, la Spagna verrà messa a ferro e fuoco da una cellula che l’Isis rivendica come propria, a Barcellona e Cambrils.

Gli inquirenti al lavoro tra le macerie della palazzina di Alcanar, devastata dall’esplosione, scovano propano e butano e altro materiale utile per costruire una bomba artigianale. E’ qui, secondo l’intelligence, che il gruppo ha pianificato “per diverso tempo” gli attentati. Ma l’esplosione, e non solo, li costringerà a cambiare piani. Il gruppo di fuoco è composto da minorenni e ventenni, li hanno subito ribattezzati baby-terroristi. Uno di loro, Moussa Oukabir, ha solo 17 anni, e ruba i documenti al fratello Driss per affittare due, forse tre furgoni.

La vicenda è emersa ieri, dopo che era scattata la caccia a Driss, i cui documenti sono stati rinvenuti nel furgone utilizzato a Barcellona. Il giovane si è presentato in tarda serata in commissariato, ma non è chiaro perché non abbia denunciato prima il furto. Secondo gli 007 statunitensi, la decisione di utilizzare un furgone è un “passo indietro” rispetto all’attentato pianificato. L’obiettivo era quello di affittare un camion, sul modello dell’attacco a Nizza, e caricarlo di esplosivo.

Ma per affittare un camion occorre una patente speciale che il gruppo non ha. Inoltre, quando scatta l’ora X degli attacchi, l’esplosivo non c’è più, è andato distrutto ad Alcanar. I giovani decidono di agire, ma anche le cinture esplosive indossate dal gruppo di fuoco di Cambrils si rivelano innocue, ‘non armate’.

I due fratelli Oukabir, entrambi di origini marocchine, hanno vissuto per molti anni a Ripoll: Moussa amava il calcio, “nessuno dei due ha mai dato problemi”, racconta il sindaco della cittadina che conta 11.000 anime ma si staglia in una zona considerata “ad alta radicalizzazione”. Il profilo Facebook di Moussa contrasta con quello del fratello Driss, un 28enne amante della musica, delle spiagge, che non ha mai pubblicato post di odio o estremisti. E anzi è arrivato in Italia nel 2014 per un incontro galante con una ragazza.

Moussa è solidale con i terroristi siriani, pubblica anche la foto di un uomo con casco a bordo di una moto e armato con un fucile. Su Twitter non manca di lanciare strali contro gli infedeli, che lui, dice, “ucciderebbe”. Ma è troppo giovane per finire nelle maglie dell’antiterrorismo. Secondo le ultime informazioni, è rimasto ucciso a Cambrils insieme ad altri quattro terroristi. Se fosse stato catturato, per il massacro di Barcellona avrebbe rischiato una pena massima di 10 anni, da scontare in un centro minorile. Insomma, forse il killer perfetto, lui e i suoi amici, pronti a essere sacrificati da un Isis oramai sconfitto militarmente in Medio Oriente

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