La Fornero su giovani, tempi di laurea, pensioni, sindacati

Fornero ElsaElsa Fornero, che è stata nel governo Monti ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, con delega alle pari opportunità, è intervenuta oggi ai microfoni di Radio Cusano Campus dopo l’intervista a Floris ieri sera in “Di Martedì” su La7 (foto), e ha commentato così le parole del ministro Poletti in merito all’utilità del voto finale di laurea: “La lauera con 110 e lode a 28 anni non serve, meglio un 97 a 21 anni? Noi abbiamo la tendenza a polemizzare troppo e le affermazioni tranchant corrono il rischio di alimentare polemiche di cui non c’è bisogno. Gli studenti – questo lo penso anche io –  debbono di non preoccuparsi di prolungare oltremisura il proprio percorso universitario. Il mondo del lavoro è cambiato, forse oggi molte persone preferiscono avere un voto più basso ma entrare prima nel mondo del lavoro perché si rendono conto di quanto sia importante entrare nel mercato lavorativo. Come in ogni cosa, comunque, serve buon senso. Bisogna laurearsi abbastanza in fretta, bisogna anche che i professori che si rifiutano di seguire i ragazzi nelle tesi non siano solo stigmatizzati genericamente ma bisogna anche che nei loro confronti si prendano provvedimenti“.

Ancora in merito alle dichiarazioni del ministro Poletti, Elsa Fornero ha parlato dell’idea di superare l’ora lavorativa come strumento di contrattazione: “Da una parte l’affermazione è ovvia. Abbiamo tutti esempi di attività e di lavori dove non è l’ora di lavoro che conta. D’altra parte abbiamo anche la percezione che nel pubblico impiego le ore contino indipendentemente dal risultato che si ottiene. Bisogna andare oltre i luoghi comuni, accorgersi che il mercato del lavoro è cambiato e che l’ora non può essere più l’unico parametro di riferimento, anche se l’elemento orario in un contratto resta comunque un fattore determinante. E’ una questione di apertura mentale e di onestà intellettuale”.

Ed ecco che cosa pensa oggi dei sindacati: “I sindacati sembrano difendere gli indifendibili? Io ho sofferto molto il rapporto con il sindacato, quando ero ministro molti attacchi mi sembravano davvero strumentali. E’ anche vero però che molta acqua è passata sotto i ponti e il sindacato oggi sembra molto più propenso a riflettere sui propri fallimenti”.

L’ex ministro del Lavoro ha poi commentato le dichiarazioni di Tito Boeri, numero 1 dell’Inps, in merito alle future pensioni dei giovani: “Qui, di nuovo, mi sembra che ci sia molto rischio nella piega che ha preso questa discussione. Rischio e anche un po’ di terrorismo psicologico di cui davvero non c’è bisogno. La vera discussione è sul lavoro. Non basta una legge per dare alle persone delle pensioni generose. Bisogna fare in modo che i giovani entrino presto nel mondo del lavoro con forme contrattuali le più dignitose possibili. Dobbiamo aiutare le persone a trovare lavoro e poi dire a chi non ce l’ha fatta che avrà comunque una pensione adeguata a carico della fiscalità generale. Sul tema pensioni c’è allarmismo ingiustificato. L’allarme deve essere sul lavoro non sulle pensioni che i lavoratori prenderanno tra quarant’anni. Fatico a immaginare un trentenne che pensa già alla pensione. La pensione non può essere la prima preoccupazione. La mia risposta a questo terrorismo psicologico è quella di ricordare che le pensioni non ci saranno soltanto se non ci sarà stato il lavoro”.

Un’ultima battuta proprio sul lavoro: “Il lavoro è un diritto, ma il posto di lavoro non lo è. Bisogna creare le condizioni affinché le persone possano avere un lavoro adeguato. In questo senso il lavoro è un diritto. Ma il posto di lavoro non lo è. Dobbiamo disegnare una società, un mercato del lavoro, dove sia facile per i giovani entrare, dove sia relativamente facile per chi ha perso un lavoro ritrovarlo e dove se una donna vuole lavorare non deve sentirsi dire che toglie il lavoro a un uomo”.

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