IN SCENA/ Torna la coppia Civica-Pirozzi: la vita oltre le parole

 

di FEDERICO BETTA

Dopo Soprattutto l’anguria, testo finalista al Premio Riccione nel 2009, messo in scena da Massimiliano Civica per Romaeuropa festival nel 2012, con Un quaderno per l’inverno la coppia Civica – Pirozzi si riunisce per una nuova collaborazione di grande intensità.

Con questo ultimo lavoro (prodotto dal Teatro Metastasio di Prato, in scena al Teatro India di Roma), drammaturgia e regia confermano una sintesi ideale costruendo un dialogo di notevole sintonia, formale e contenutistica.

Sul palco ci accoglie una scena molto scarna: un tavolo bianco, due sedie rosse, il piano luci è un piazzato omogeneo su tutto lo spazio. Una scelta che è preambolo e manifesto: a fare questo spettacolo saranno la storia, gli attori e l’intensa relazione con il pubblico.

La storia comincia con un uomo, un professore universitario consumato dalla routine e dai suoi ragionamenti, che rientrando a casa si trova davanti un ladro che gli punta addosso un coltello: l’uomo non vuole soldi, ma ha bisogno di un favore. Comincia così una notte che cambierà la vita di entrambi, una notte che si ripeterà anni dopo. Una notte che permetterà a entrambi di specchiarsi nella persona apparentemente più lontana da loro.

La scrittura, che procede per ribaltamenti al tempo stesso comici e amari, spinge la nostra ragione sempre un poco più in là, mettendo in discussione legami e dipendenze: chi è la vittima e chi il carnefice? Chi insegna e chi impara in questo spazio-tempo contratto che i personaggi condividono?

La drammaturgia di Armando Pirozzi ci porta in un mondo quotidiano e astratto al tempo stesso, un mondo che va alla radice dei bisogni di ognuno di noi, che scava nelle profondità delle relazioni, negli universali che legano persone solo apparentemente diverse.

L’atmosfera, sebbene retta da una regia minimalista, ricorda gli stralunati film del regista finlandese Aki Kaurismaky per quella singolare capacità di accostare le solitudini, di scavare nei bassifondi delle nostre città e delle nostre intenzioni. A rendere al meglio i tratti di una realtà dai contorni sfumati ci sono le interpretazioni di Alberto Astorri e Luca Zacchini: davvero notevoli nel non sovraccaricare, ma comunque capaci di sottolineare le mille contraddizioni di un rapporto d’amore e d’odio che lega i protagonisti.

Lo spettacolo mescola tanti livelli diversi, dai contrasti sociali al confronto tra visioni del mondo, da considerazioni sul ruolo della poesia alla riflessione sull’importanza dell’agire senza seguire il filo del ragionamento. Certo, sembra dirci l’autore, tante volte pensare approfonditamente ci aiuta, ma altre invece ci imprigiona, togliendoci la capacità di vivere con semplicità.

Commenta per primo

Lascia un commento