IL «PROCESSO» A SALVINI/ L’Italia lacerata tra veri garantisti e falsi giustizialisti, e tra veri giustizialisti e falsi garantisti

PREMESSA  Per essere specchio fedele degli opposti «ismi» – «garantismo» e «giustizialismo» – che si confrontano nel paese, vi confessiamo che  anche tra noi de «l’Altro quotidiano» esistono opinioni diverse su quella che per semplificazione possiamo definire  «Vicenda Diciotti» o «Questione Salvini» o Situazione «Salvimaio» o «Rapporto Lega-Cinquestelle» (e chi più ne ha più ne metta) .

E poiché il patto non scritto tra noi 10 anni fa, quando fondammo questo quotidiano on line, fu di poterci esprimere, ciascuno di noi, in piena libertà di pensiero (pregio garantito anche dal non aver alcun vincolo economico con la testata), oggi vogliamo darne ai lettori una ennesima prova pubblicando sull’argomento due commenti con valutazioni molto diverse sull’argomento del giorno: quella di Stefano Clerici, presidente della Gecem, la cooperativa fondatrice de «l’Alto quotidiano», e quella del direttore responsabile del giornale, Ennio Simeone.

A chi spetta assolvere o condannare

di STEFANO CLERICI 

Supponiamo che quei 177 migranti disgraziati fossero rimasti cinque giorni in mare, sequestrati sulla nave (italiana) Diciotti, per volontà e decisione, che so io, del capitano o dell’armatore. Il capitano o l’armatore, sarebbero stati incriminati e processati o no? E supponiamo che poi l’ufficiale in seconda, il nostromo e financo il mozzo avessero confessato di essere stati d’accordo con quella decisione, sarebbero stati anch’essi processati come correi o no? Poi, magari, sarebbero stati anche assolti, ma in tribunale ci sarebbero finiti, eccome. Ed è vero o no che tra i princìpi fondanti del Movimento Cinque Stelle che ne hanno fatto la fortuna elettorale c’è la legge dell’uno vale uno, la ferrea regola che i ministri sono cittadini come gli altri e che non hanno diritto a privilegi di casta?

Ecco il punto. Aldilà di ogni cavillo d’azzeccagarbugli come il “preminente interesse dello Stato” (e qualcuno dovrebbe spiegarci quale fosse l’interesse dello Stato nel lasciare in mezzo al mare quei 177 poveracci, donne e bambini compresi), resta il fatto che i senatori pentastellati salvatori di Salvini hanno violato una delle regole essenziali del loro “vangelo”. Roba da immediato intervento dei probiviri e immediata espulsione. Hanno sancito con il loro voto che un ministro (un loro ministro, perché se fosse successo a uno del governo precedente, apriti cielo!) è al di sopra della legge. Che un armatore, un capitano di nave, un nostromo o un mozzo possono finire a processo, ma un ministro (un loro ministro), accusato dello stesso identico reato, è invece intoccabile.

Intendiamoci, qui non stiamo dicendo che Salvini sia colpevole, come si dice, del reato ascrittogli (per noi moralmente lo è, ma questo è un altro discorso). Stiamo solo dicendo che condanne e assoluzioni sono riservate esclusivamente a un tribunale e che, come recita la Costituzione, la legge è uguale per tutti: ministri e nostromi. E avere impedito il processo è un vergognoso atto “ad personam”, che mette i cinque stelle sullo stesso piano di quei parlamentari che furono costretti a certificare solennemente la barzelletta di Ruby nipote di Mubarak. Cosa che a suo tempo i leghisti fecero, per salvare Berlusconi, ma che mai ci saremmo aspettati facessero oggi, per salvare Salvini, i sedicenti paladini dell’ “onestà, onestà, onestà” seduti nella commissione per le autorizzazioni a procedere.

E’ vero che, in realtà, non è detta l’ultima parola, perché il no definitivo al processo lo dovrà pronunciare l’intera aula del Senato. Ma soprattutto è vero che la solita sceneggiata del voto online degli iscritti sulla piattaforma Rousseau (con un quesito in cui invece di sequestro di persona si parlava di ritardo nello sbarco) ha visto sì prevalere i no al processo, ma ha rivelato anche che un buon 40 per cento degli interpellati la pensa in modo opposto. Una percentuale che, se si riproducesse nell’aula del Senato, potrebbe ribaltare l’esito del voto in commissione, con relative conseguenze per il governo.

Speriamo ma non crediamo che ciò avvenga. Per due ragioni: la prima è che Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi (sempre in debito per la storia di Ruby-Mubarak) voteranno compatti in difesa di Salvini; la seconda è che i Cinque Stelle appena saliti sulla giostra non sembrano avere la minima voglia di scendere. Sempre che mamma e papà (gli elettori) non li tirino giù a forza. E già stanno dando segni d’impazienza.

Ma non sono più i tempi del «vaffa»

di ENNIO SIMEONE

Premetto di non aver mai avuto alcuna simpatia per la Lega, né quando era la Lega nord di Bossi, né ora che è la Lega e basta di Salvini e, al tempo stesso, di non averne avuta per i Cinquestelle quando era il movimento del «vaffa» di Grillo né di averne adesso che  ha come «capo politico» un vivace mio concittadino che… «sconfigge» in ventiquattr’ore la povertà o che mentre fa una trattativa di governo dichiara «stiamo scrivendo la storia».

Ciò non mi esime però dal condividere – con la maggioranza degli italiani, immagino – la speranza che il loro tentativo di governare un paese difficile (e mal messo per tanti motivi, non ultimo quello economico) come l’Italia abbia successo. E me lo auguro soprattutto per i Cinquestelle, perché, prima di allearsi con la Lega – dopo il successo elettorale ottenuto il 4 marzo 2018 diventando il primo gruppo parlamentare del paese grazie alla convergenza di moltissimi voti provenienti soprattutto dall’elettorato della sinistra – rivolsero la loro offerta di alleanza al Partito democratico, al quale io avevo dato per anni il mio voto e il mio consenso prima che venisse sconquassato dalla devastante contaminazione di Renzi e dei suoi accoliti. Ma ne ricevettero uno sprezzante, presuntuoso rifiuto, della stessa rozza qualità di quello che 5 anni prima i «grillini della prima ora» avevano opposto a Bersani, ma con l’unica speranza che l’alleanza (a quel punto inevitabile) con la Lega procurasse danni al paese.

Ma sbaglierebbe il lettore se pensasse che per questi motivi (e cioè per il timore che il governo giallo-verde rischiasse di cadere) io ritengo che sia stato giusto e coerente il no espresso in Senato dai membri pentastellati a consentire che Salvini venga processato davanti al Tribunale dei ministri per il reato di «sequestro di persona». Io credo che quel no non abbia tradito lo spirito con cui i Cinquestelle hanno sempre sostenuto il dovere dei politici di sottoporsi al giudizio della magistratura, arrivando addirittura (allora, sì, sbagliando) a pretenderlo per i loro stessi eletti anche in presenza di accuse per fatti assolutamente marginali o per reati inconsistenti o insussistenti, o in presenza di una semplice avviso di garanzia.

Nel caso della nave «Diciotti» siamo ben lontani da quelle ipotesi di reato infamanti, legate a corruzione e malaffare, cioè alla degenerazione e all’abuso di potere in nome del quale i pentastellati hanno sempre inalberato il grido «Onestà! Onestà!». Nei miei tanti anni di cronista mi sono imbattuto in episodi di sequestri di persona: quelli di malviventi per chiedere un riscatto, quelli di uomini violenti per abusare di una donna, quelli di strozzini per costringere il debitore insolvente a pagare, e così via. Ma immagino che, come me, anche gli iscritti al «blog delle stelle» e la maggioranza dei parlamentari pentastellati ritenga che i 177 migranti della «Diciotti», proprio perché raccolti in mare dalla nave della Guardia Costiera italiana, quindi trovandosi, come stabilito per convenzione internazionale, su «territorio» italiano oltre che in acque territoriali italiane e poi in un sicuro porto italiano, assistiti, alimentati, curati dalle strutture pubbliche italiane, non potevano e non possono essere considerati «sotto sequestro». A quanto pare, stando ai sondaggi di opinione, è anche ciò che pensa anche la maggioranza degli italiani. Ma forse è quello che pensavano anche la maggioranza dei migranti che erano sulla «Diciotti», se, appena messo piede a terra, in gran parte si dileguarono e solo pochi di loro accettarono di andare nei luoghi di accoglienza predisposti della Chiesa.

Insomma, di un processo a Salvini l’unico a giovarsi potrebbe essere proprio Salvini. Ci pensino quei Cinquestelle «puri e duri», nostalgici di una opposizione senza responsabilità di governo. Ci pensino quegli opinionisti, solo «duri», che li sostengono. E ci pensino quei sindaci che, alle prese con l’arduo compito di amministrare una città, non riescono a far uscire in strada quei loro vigili che hanno scoperto il piacere dell’auto-sequestro di persona in ufficio.

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UNA PUNTUALIZZAZIONE…

Caro Ennio,

rileggendo quanto hai scritto nell’apprezzabilissima iniziativa di pubblicare, a confronto, la mia e la tua opinione sulla vicenda Diciotti o questione Salvini o come diavolo vogliamo chiamarlo, mi sono reso conto che il termine “lacerazione” che hai usato nel titolo generale è forse eccessivo. Almeno per quel che ci riguarda. E non poteva essere altrimenti, vista la nostra comune storia politica e professionale. Condivido, infatti, molto di quel che tu dici. E precisamente:

  • Fare solo gli “avvoltoi” appollaiati sul ramo in attesa che questo governo esali l’ultimo respiro è da irresponsabili. Perché poi la carcassa da spolpare sarà quella del nostro amato paese. Cioè di noi tutti.
  • Matteo Renzi – che, come i nostri lettori sanno, ho definito più volte l’Attila fiorentino – è il primo responsabile di questa situazione. Se non ci fosse stato a suo tempo quel rifiuto, da te giustamente definito “sprezzante e presuntuoso” (e, aggiungo io, miope e masochista), a trovare un accordo con i Cinque Stelle, non ci sarebbe mai stato un caso Diciotti, né un decreto sicurezza che aumenta in modo esponenziale il numero dei clandestini. Per il semplice fatto che Salvini sarebbe seduto a far gazzarra sui banchi dell’opposizione e non a far danni sui banchi del governo. E scusate se è poco.
  • La forzata permanenza dei migranti sulla nave Diciotti è difficilmente paragonabile ai veri sequestri di persona di cui ci siamo occupati spesso nella nostra ahimè lunga carriera professionale. E anch’io penso che forse i giudici del tribunale dei ministri hanno esagerato nella configurazione del reato, anche se, codice penale alla mano, ne avevano piena facoltà.
  • Sono anch’io perfettamente consapevole che un processo a Salvini rischiava (e rischia ancora) di farne un “martire”, di portare acqua al suo mulino anziché svuotare d’acqua la putrescente palude di paura e di odio verso il diverso in cui purtroppo sguazzano quelli come lui.

A conti fatti, dunque, pare esserci una sola cosa a dividerci: la coerenza dei Cinque Stelle. Tu credi che quel voto non abbia tradito lo spirito del loro movimento. Io, invece, ne ho quantomeno il forte sospetto. E, bada bene, se lo avessero tradito ne sarei felicissimo. Può sembrare un paradosso ma non lo è. Ho sempre pensato che uno dei peggiori difetti dei Cinque Stelle (per i quali ho sempre nutrito gli stessi sentimenti che hai manifestato tu e idem per la Lega in tutte le sue accezioni) fosse proprio il “giacobinismo”. Dunque ben venga in loro il vero garantismo, purché non s’appalesi solo quando fa comodo. Non puoi negare il processo a Salvini e nello stesso giorno fare il gesto delle manette ai tuoi avversari quando arrestano i genitori di Renzi. Questo è e resta inaccettabile per una forza che dice di voler davvero cambiare il paese.

Stefano Clerici

…E LA PRECISAZIONE

Due soli chiarimenti:

1. Il titolo non si riferiva alla diversità delle nostre opinioni sull’argomento, ma ai contrasti che stanno lacerando sia l’agone politico sia quello mediatico, anche se molto meno (mi pare) l’opinione pubblica. 

2. Di conseguenza anche il gesto  delle manette di Michele Giarrusso si  colloca perfettamente in quel quadro, perché  è la reazione alla sconcertante parata di parlamentari e attivisti del Pd che (esponendo cartelli elegantemente e uniformemente prestampati) nel giorno contrassegnato dalle vicende giudiziarie  della famiglia Renzi, molto meno commendevoli  di quella che tormenta i Cinquestelle,  li insultavano per aver  «tradito» quel  giustizialismo…di cui li hanno sempre accusati.

Ennio Simeone

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